Online od offline? La nomophobia e la dipendenza da smartphone

L'articolo offre alcuni spunti riflessivi su vantaggi e svantaggi legati all'utilizzo degli smatphone e dei diversi social network, quindi sulle psicopatologie che potrebbero svilupparsi.

1 SET 2016 · Tempo di lettura: min.
Online od offline? La nomophobia e la dipendenza da smartphone

Se per un attimo, mentre siamo in metro, in un'aula universitaria, in un ufficio, nei bus, per strada o semplicemente seduti con degli amici al tavolo di un bar, ci guardassimo intorno non possiamo far altro che notare come il cellulare sia diventato un oggetto onnipresente nella vita di ogni giorno.

C'è chi lo usa per ascoltare musica, chi per leggere le ultime news, chi per guardare le foto pubblicate dai propri amici sui social network, chi controlla le mail, chi resta per ore a parlare con il proprio partner e chi lo usaper rispondere all'ennesimo messaggino su whatsapp in uno dei tanti gruppi in cui è inserito. Gli smartphone, insomma, sembrano essere oramai qualcosa di indispensabile sopratutto per le nuove generazioni.

Il cellulare, come direbbe un noto psicoanalista, è diventato una sorta di "oggetto transizionale", ovvero un oggetto che ci permette di alleggerire le diverse separazioni proprio perché, grazie alla connessione alla rete internet, ci consente in pochi secondi di diminuire le distanze fisiche tra le persone. I vantaggi di questo oggetto, infatti, grazie alla connessione internet e alle sue applicazioni (sms, mms, social network, chat, mail), sono quelli di conoscere in tempo reale tutto ciò che accade nel mondo, di contattare in qualsiasi luogo e momento i nostri amici, di fare nuove amicizie e di avere in pochi secondi la risposta a diverse domande e dubbi (es. trovare velocemente un vocabolo su wikipedia, cercare strade, mappe, posti da raggiungere, ristoranti consigliati ecc.).

Sebbene tutte queste applicazioni rendano lo smartphone uno strumento alquanto utile e necessario, talvolta è proprio per i vantaggi che vengono istantaneamente offerti che lo rendono un oggetto da cui è difficile staccarsi e da cui si può pericolosamente dipendere.

La Nomophobia

Nomophobia (che sta per "no mobile phone phobia") è, difatti, proprio una paura delle nuove generazioni caratterizzata dalla fobia di poter restare senza cellulare, di non poter chiamare, o di non poter ricercare gli ultimi aggiornamenti dagli amici o dal mondo dei social network. Due studiosi italiani, Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente dell'Università di Genova, la descrivono come caratterizzata da "ansia, disagio, nervosismo e angoscia causati da essere fuori dal contatto con un un telefono cellulare o un computer".

Sono diversi i comportamenti che potrebbero tradursi in questa paura di perdere il proprio cellulare, ad esempio:

  • sentirsi ansioso e nervoso al pensiero di perdere il telefono cellulare quando non è disponibile nelle vicinanze o non viene trovato o non può essere utilizzato per diversi motivi (batteria scarica, assenza di campo); guardare lo schermo del telefono per vedere se sono stati ricevuti messaggi o chiamate;
  • mantenere il telefono cellulare sempre acceso (24 ore al giorno) o dormire con cellulare.

Lo stato d'ansia o di paura di restare "disconnessi" dal proprio telefono ha, dunque, l'effetto di aumentare l'attaccamento e la dipendenza da questo oggetto che come abbiamo visto presenta i suoi vantaggi e svantaggi. Lo smartphone, difatti, da un lato ci fa stare "connessi" ma dall'altro ci rende "disconnessi" da tutta una serie di vissuti quotidiani, dinamiche ed esperienze che caratterizzano la nostra esistenza in relazione con se stessi e con l'altro. Il telefono ci fa stare "connessi" quando consente di accorciare le distanze fisiche e di conseguenza: comunicare con chiunque in qualsiasi tempo, luogo e modo (sms, whatsapp, facebook, twitter, mail ecc) aumentando il nostro livello di sicurezza; aiutare a combattere la solitudine in pochi secondi e di facilitare la socializzazione (pensiamo alle richieste di amicizia su Facebook tramite una facile ricerca e un semplice click, allo stato dell'essere leader e follower su twitter, ai giochi virtuali in cui "ricreare" se stessi, la propria vita e le proprie relazioni sociali e alle diverse chat e siti di incontri in cui cercare la propria anima gemella).

L'altra faccia dello smartphone, come precedentemente accennato, è che per le risorse che offre non solo stimola e facilita una fobia del restarne privi ma può indurre anche a essere, per l'appunto, "disconnessi" nella misura in cui:

  • si preferiscono le relazioni virtuali con la conseguenza di essere in difficoltà a stare e comunicare nelle relazioni reali e quotidiane;
  • si fa un uso compulsivo e consolatorio dell'oggetto sopratutto quando abbiamo degli spazi liberi durante la giornata, con l'effetto sia di diminuire le occasioni in cui parlare con qualcuno sia di darsi del tempo per poter riflettere e stare con se stessi;
  • si ha una scarsa tolleranza delle separazioni (contattare costantemente qualcuno, controllare se ha visualizzato i propri messaggi) causando una scarsa definizione dei confini tra sé e l'altro, tra lo spazio del sé e dell'altro, necessari per il benessere delle relazioni.

Gli stessi studiosi, Bragazzi e Del Puente, infatti, descrivono questa fobia di cui parliamo a due facce: da una parte può essere utilizzata come "un guscio protettivo o uno scudo" in modo impulsivo, dall'altro "come mezzo per evitare la comunicazione sociale". Dinanzi a queste diverse notizie che ci informano di queste nuove fobie e dipendenze potrebbe essere utile concederci la possibilità di essere momentaneamente "disconnessi" dal nostro cellulare per riflettere su come e quanto viviamo le relazioni reali e quanto queste ci soddisfino, in modo da mantenere sempre viva e autentica la nostra capacità di interagire e sopratutto di comunicare, quale principale perno alla base del benessere personale e interpersonale.

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Scritto da

Dott.ssa Valentina Bosco

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