Il dramma dei bambini dotati e dei "poppanti saggi"

L'adattamento ai bisogni dei genitori conduce così allo sviluppo del cosiddetto "falso sé" di cui parla Winnicott le cui attitudini mostrate dal bambino altro non sono che desideri di come i

7 SET 2020 · Tempo di lettura: min.
Il dramma dei bambini dotati e dei "poppanti saggi"

Alice Miller, nel suo storico libro "Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé", si chiede se gli esseri umani potranno mai liberarsi delle proprie illusioni. Prosegue affermando che questo è possibile solo se si disposti a "rivedere" l'immagine con cui si è ri-costruita e ricordata la propria infanzia.

Esistono infatti persone che, in analisi, raccontano difensivamente e in modo idealizzato di un'infanzia felice, protetta, in cui si è stati l'orgoglio dei propri genitori, in cui si è stati lodati per il proprio talento, la propria dote sportiva, letteraria, canora ecc.

Fin dal primo colloquio queste persone fanno sapere a chi le ascolta di aver avuto genitori comprensivi, capaci di far fronte ad ogni loro sentimento o bisogno, manifesto o meno

Tuttavia ad un'analisi più attenta, lo psicologo si troverà ad avere a che fare con una persona che comunica i suoi primi ricordi senza ombra di simpatia per il bambino che un tempo è stato, senza particolari note e vibrazioni affettive.

Con l'avanzare della terapia poi la persona potrebbe ritrovarsi a fare i conti con dei ricordi e dei sentimenti - solo apparentemente inspiegabili - che la attanagliano fin da quando era piccola, da quando cioè ha compreso che conformarsi alle aspettative di chi si prende cura di lui era l'unico modo per venire a patti (a) con dei sentimenti di tristezza, "vuotezza", alienazione, assurdità della propria esistenza; (b) per poter racimolare piccoli brandelli di affetto, di sguardi, di attenzioni al prezzo però di (c) rimuovere il proprio bisogno di amore, di sintonia, di comprensione, partecipazione e rispecchiamento; (d) imparando a reprime tutte le reazioni emotive che lo muovono e (f) a tenere lontani da sé tutti i propri sentimenti.

Contro ogni apparente logica il bambino sviluppa una particolare, quanto spiccata, sensibilità per i segnali inconsci dei bisogni altrui nonché una capacità di cogliere e capire come rispondere al meglio alle richieste, alle necessita, alle carenze genitoriali. La sua capacità di adattamento viene così sviluppata e perfezionata fino a trasformarlo non solo in "madre della propria madre" ma anche nel aiutante, ad esempio, dei fratelli più piccoli. Ciò di cui gli altri hanno bisogno è ciò che gli permette di tenersi aggrappato alla vita (garantendosi l'amore materno e paterno) portandolo a credere, o meglio a illudersi (anche da adulto) che l'ammirazione equivalga all'amore e che essa sia il motore che muove, incessantemente e meccanicamente, tutta la sua vita.

E' per tali ragioni, seppur con tutte le eccezioni, che Alice Miller parla di "dramma del bambino dotato" e Sandor Ferenczi di "poppante saggio". Alla base dei processi psichici di questi bambini ci sarebbe una scissione e/o rimozione di alcune parti della personalità. Da una parte l'io fugge dalla realtà rifugiandosi nella regressione e comportandosi come se niente fosse successo. Dall'altra parte però l'io progredisce miracolosamente, attivando attitudini e capacità fino ad allora rimaste silenti e latenti.

La scissione pertanto coinvolge la parte emotiva che rimane a livelli embrionali, e la parte intellettiva, divenuta lucida e acuta.

L'adattamento ai bisogni dei genitori conduce così allo sviluppo del cosiddetto "falso sé" di cui parla Winnicott le cui attitudini mostrate dal bambino altro non sono che desideri di come i genitori vogliono che questi sia. Tale identificazione accresce narcisisticamente l'autostima dei genitori ma contemporaneamente permette al bambino di liberarsi dal senso di "vuotezza" e di poter gestire l'angoscia di non aver niente per cui essere degno d'amore, nulla per cui possa sentire di esistere: essere come gli altri vogliono è fonte di liberazione e sicuramente meno angoscioso.

Lo psicoterapeuta come può quindi proporre un supporto a questo bambino apparentemente sano ma spaurito, fragile e vulnerabile?

Sembra chiaro che l'arma vincente sia l'empatia di cui proprio Ferenczi parlò. Egli rimarca l'importanza di superare attraverso un atteggiamento autentico, spontaneo e di reale comprensione i "pericoli di sadismo latente" insiti nella situazione analitica, le cui <rigide regole tecniche producono per lo più nel paziente una sofferenza e un ingiustificato senso di superiorità nell'analista accompagnato da un certo disprezzo per il paziente> (Ferenczi, 1932, tr. it. 1988, 294). Ciò che si rende necessario è proporre un atteggiamento empatico-materno che permetta al terapeuta di avvicinarsi alle ferite del paziente con tatto recuperando una funzione analitica basata sulla "sensibilità materna" e molto diversa dall'atteggiamento "paterno interpretativo" di Freud.

Il paziente, così descritto, altro non è che un adulto rimasto bambino e per giunta spaventato motivo per cui <l'antidoto da offrire al dolore non sono soltanto le spiegazioni ma anche la tenerezza e l'amore> (Ferenczi, 1932, tr. it. 1988, 222)

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Scritto da

Dott. Aldo Monaco

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