Ho un disturbo psicologico. Come lo spiego?

Quali parole usare per comunicare ad una persona appena conosciuta di avere un problema psicologico o psichico?

4 AGO 2014 · Tempo di lettura: min.
Ho un disturbo psicologico. Come lo spiego?
Comunicare di essere in possesso di una malattia o disturbo psicologico, più o meno invalidante, è un momento delicato e particolare nella creazione o nella maturazione delle relazioni umane, soprattutto se si trovano in uno stato embrionale. 

Ciascuna problematica psicologica ha differenti caratteristiche e sintomatologie, ma sia che si tratti di disturbi dell’umore, del controllo degli impulsi o disturbi d’ansia, parlare della propria malattia vuol dire condividere una parte di sé importante che provoca delle difficoltà oggettive e che può provocare una comunicazione fallimentare.

Anche se si è intrapreso un percorso terapeutico, le persone comuni spesso sono spaventante, per via dell’ignoranza, da questo tipo di problematiche e per questo motivo è opportuno dedicare molta attenzione a come rendere partecipi le persone di quest'argomento così intimo.

Come rendere partecipi le persone appena conosciute di essere in possesso di un disturbo psicologico e di aver intrapreso un percorso terapeutico atto alla risoluzione e gestione dello stesso?

Come fare in modo che ciò non vada a ledere in maniera irreversibile la relazione che si sta costruendo?

Il Dott. Edoardo Savoldi, sottolinea che quest’argomento è complesso per i seguenti motivi:

  • il pericolo della stigmatizzazione (ridurre la complessità di una persona a un suo particolare conferendole un’etichetta)
  • le categorie diagnostiche in psicologica hanno manifestazioni molto diverse fra loro e ridurle a un nome potrebbe veramente fare più danni che il sintomo determinato dalla malattia stessa
  • il concetto di malattia, non è molto chiaro in psicologia, in quanto oltre ad essere una categoria ovviamente arbitraria della realtà, nella maggior parte dei casi non ha una localizzazione organica

Per evitare che venga affisso un marchio indelebile dalla società nella quale si vive legato a stereotipi e paure, piuttosto che a concrete esperienze, è importante prestare attenzione alla tempistica e alla modalità con la quale parlare.

Qual è il momento giusto nel quale comunicare il disturbo?

Come suggerisce il Dott. Edoardo Savoldi, il momento giusto in cui comunicare la propria malattia non è all’inizio della relazione, sia che si tratti d’amicizia che d’amore.

Ecco qui le motivazioni:

• Comunicarlo all’inizio rischierebbe di spaventare la persona che si ha di fronte, infondendo la stessa relazione sull’accettazione del sintomo/malattia di cui si è in possesso. Così, si vizierebbe in modo negativo la relazione negando la possibilità alla stessa di svilupparsi in maniera naturale e quindi, che possa capire che può vivere con noi un rapporto, senza alcun problema. Ciò è vero, soprattutto se si è di fronte ad una relazione d’amore. E’ meglio che sia trascorsa la prima fase di conoscimento e reale manifestazione di interessamento.

• Allo stesso modo, dirlo “in ritardo” potrebbe risultare una mancanza di rispetto per i seguenti motivi: il primo è che la persona potrebbe offendersi come a dire “ma come pensavi che avrei smesso di amarti?” oppure “me lo hai detto dopo perché sapevi che non lo avrei accettato…”

Come comunicarlo e quali parole usare?

Particolare attenzione bisogna prestare al modo in cui si comunica, infatti, il Dott. Edoardo Savoldi raccomanda che se una persona ci comunica che soffre di qualche sintomo e nello stesso tempo, piange, si dispera, si dimena, in realtà ci sta comunicando che la situazione è insopportabile e insostenibile, motivo per cui l’altra persona sarebbe legittimata a rispondere con la stessa modalità ossia agitazione, paura: fuga.

Per questo, è preferibile più che parlare della malattia di cui si è affetti, focalizzare la comunicazione sui sintomi piuttosto che sulle categorie scientifiche, per evitare di ricadere in semplicistici allarmismi legati alla non conoscenza.
Infatti, è importante non dare un messaggio troppo allarmistico, ma al tempo stesso essere realisti. Per questo motivo, è sempre bene parlarne con il proprio terapista e pianificare con lui le parole più adatte.

Ed inoltre, il Dott. Edoardo Savoldi ci ricorda che ciascun disturbo è differente, perché malattie “gravi” possono risolversi facilmente e malattie semplici possono anche non risolversi mai. Per esempio un attacco di panico che può essere molto invalidante perché potrebbe portare la persona a non guidare più, a non uscire più di casa, spesso viene risolto in poche sedute mentre una situazione di depressione potrebbe portare la persona ad essere efficiente per tutta la vita e all’improvviso compiere gesti apparentemente inspiegabili.

Prestando attenzione alla tempistica e alla modalità della comunicazione, voi avrete compiuto il primo passo sulla base del quale costruire una solida relazione, e poi, starà alla persona che avrete di fronte, compiere un'altro passo nei vostri confronti capendo e aiutandovi ad affrontare il vostro problema.

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Scritto da

Dott. Edoardo Savoldi

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