Angoscia abbandonica: perché si attiva e da cosa ha origine?

L'angoscia abbandonica è l'intensa paura che l'altro possa stancarsi di noi e lasciarci più o meno improvvisamente.

23 LUG 2021 · Tempo di lettura: min.
Angoscia abbandonica: perché si attiva e da cosa ha origine?

Cos'è l'angoscia abbandonica?

L'angoscia abbandonica è l'intensa paura che l'altro possa stancarsi di noi e lasciarci più o meno improvvisamente.

Vivere con questo costante dubbio comporta una marcata ansia che, inevitabilmente, tende a generare delle tensioni all'interno della relazione. L'angoscia dell'abbandono funziona come un "sabotatore", perché spinge a mettere in atto schemi di comportamento automatici che orientano la relazione verso una direzione più o meno solita.

Come si manifesta?

In una relazione di coppia con marcate manifestazioni d'ansia legate alla paura dell'abbandono si tende ad evitare le situazioni in cui è richiesta una separazione, soprattutto se prolungata nel tempo.

È frequente, per esempio:

  1. chiedere al partner continue rassicurazioni sulla sua presenza e sul suo interesse per noi;
  2. preoccuparsi in modo eccessivo di un'improvvisa e/o prolungata assenza del partner;
  3. mettere in atto comportamenti di cura esagerati rispetto alla situazione per assicurarsi la presenza e la vicinanza del partner;
  4. rimuginare su propri atteggiamenti ritenuti la causa dell'eventuale distacco del partner;
  5. provare intensa ansia per le separazioni, anche momentanee;
  6. vivere con sospetto e circospezione le nuove conoscenze del partner;
  7. chiedere scusa anche quando non è necessario.

Tutti questi comportamenti sono, ovviamente, soggettivi e possono presentarsi in misura minore o maggiore a seconda dello stile di vita e di personalità di ciascun individuo. Tuttavia, in genere, si basano su un automatismo dalle origini molto antiche: idealizzare l'altro e svalutare se stessi.

L'altro viene percepito come un "porto sicuro" da cui non ci si può concedere di allontanarsi ed i momenti non condivisi con il partner sono spesso vissuti con disagio.

L'assenza dell'altro, modifiche nel suo stile comunicativo - dovute anche, semplicemente, a variabili di tipo situazionale come, ad esempio, una giornata lavorativa pesante, condizioni di stress o stanchezza mentale e fisica - atteggiamenti di cura meno evidenti del solito fanno scattare il "campanello d'allarme" circa l'amore e l'interesse del partner nei propri confronti.

Quali sono le origini dell'angoscia abbandonica?

Il vissuto emotivo di base parte da un'esperienza di amore e cura "a intermittenza" che non fornisce la totale consapevolezza di essere la "parte attiva" di una relazione. Un amore, cioè, non gratuito, ma commisurato ad un merito: "quanto più sei stato bravo, tanto più ti amo".

Poiché solitamente schemi di questo tipo si acquisiscono e si strutturano durante l'infanzia, crescere con tale convinzione genera uno scollamento dall'autenticità di sé e conduce a relazioni che, in qualche modo, ci confermano l'automatismo di base: saremo amati solo se saremo abbastanza bravi.

L'angoscia abbandonica si accompagna quasi sempre al vissuto angoscioso della perdita: perdita dell'oggetto d'amore, della stima di sé e del senso del proprio esistere.

Il tono emotivo della relazione di coppia, dunque, è caratterizzato dalla paura.

Il sentimento dell'abbandono, infatti, deriva dal personale vissuto di non sentirsi amati o di non essere meritevoli d'amore, il quale sconfina, concretamente, nella paura di essere ingannati e nella convinzione di non sapersi difendere da una potenziale minaccia.

Nell'antica relazione diadica genitore-figlio è stato carente quel rispecchiamento emotivo necessario per permettere al bambino un adeguato riconoscimento di sé e dei propri stati emotivi. Se non adeguatamente riconosciuti e approfonditi, tali schemi conducono la relazione di coppia futura verso la medesima struttura, nella quale emerge uno sbilanciamento dell'equilibrio (idealizzazione dell'altro/svalutazione di sé).

Come porvi rimedio?

Si tratta di un ciclo disfunzionale e, come tale, si manifesta con un andamento circolare e ripetitivo. Ma i cicli possono essere interrotti e cambiarne la direzione è possibile, grazie ad esperienze relazionali correttive e ristrutturanti. Un percorso terapeutico, infatti, permette, da un lato, di acquisire consapevolezza circa il proprio funzionamento emotivo e i propri vissuti, dall'altro una revisione e una nuova articolazione del proprio stile di vita.

Nell'incontro con un professionista è, cioè, possibile costruire e mantenere una sana relazione con un Altro-da-Sé che funga da correttivo degli schemi disfunzionali finora attivati nelle dinamiche relazionali.

Centrare la terapia sul "qui ed ora" prendendo in considerazione, dunque, tutti gli aspetti di vita dell'individuo permette di focalizzare gli investimenti emotivi su di Sé e su come potrebbe adattarsi verso nuovi equilibri, consolidando gli atteggiamenti adattivi e tentando di compensare quelli disadattivi.

Nel rapporto terapeutico si mette in campo la capacità di dare credito al proprio pensiero creativo e soggettivo che mette in relazione il Sé con l'Altro.

PUBBLICITÀ

Scritto da

Dott.ssa Federica Beglini

Bibliografia

  • Dodet, M. (2018). Riflessioni sul caso di Laura. L'approccio cognitivo costruttivista attraverso la Self Meaning Cognitive Psychotherapy. Costruttivismi, 5, 21-26.
  • Ekman, P. (1992). An Argument for Basic Emotions. Cognition and Emotion, 6.

Lascia un commento

PUBBLICITÀ

Commenti 6
  • Laura ros

    Certo la psicoterapia aiuta. Capisci certi meccanismi ma uscirne non e’ possibile a meno di stare con persone che ti diano quelle sicurezze . Se però ti innamori di chi e’ evitante e problematico non vivi bene la relazione . Ed ecco che ricompare. Angoscia abbandoni a. Dovremmo rompere e amare solo chi vediAmo centrato su di noi, risolto e sicuro del rapporto . Ma non si può decidere chi si ama

  • Laura rosa

    Non ho capito come si cura .” Esperienze relazionali correttive e riequilibranti” Certo si riesce a capire come si funziona ma poi …. Se vivi le relazioni così …. Non e’ che in una relazione nuova sei diverso. Certi traumi Non si risolvono. Te li hanno creati nell infanzia e ne resti in balia

  • Celeste

    Non ho ben compreso come si esce da questo circolo? Potreste spiegarmi come funziona la terapia? Grazie di cuore.

  • Flaviana Mobilia

    Gentile Dott.ssa Beglini, Credo di soffrirne, almeno, leggendo l'articolo mi rendo conto che effettivamente mi rispecchio in tutto ciò che c'è scritto. Può questa angoscia essere stata innescata da una recente perdita in famiglia? Come posso risolvere?

  • Dott.ssa Federica Beglini

    Cara Francesca, è frequente, in situazioni simili, provare sentimenti di intensa e profonda solitudine proprio originati da questo "ti amo se". Ovvero: sapere di essere amati solo in caso di dimostrazioni del proprio valore, rende molto rigido il raggiungimento di un ideale di perfezione che, in realtà, è fittizio. Accade, perciò, facilmente che ci si senta "in bilico" di fronte alla presenza dell'altro: è come se scattasse la domanda "qual è il secondo fine?" anche quando, magari, un secondo fine non c'è. Tuttavia, prendere consapevolezza di questa "finzione" (relativamente, cioè, all'ideale di perfezione) non è così immediato e riconoscere che si può essere amati per ciò che si è e non per ciò che si fa può richiedere un percorso di auto-consapevolezza e auto-conoscenza molto profondo. Spero di aver risposto alla sua domanda e resto, comunque, a disposizione per ogni chiarimento. Un caro saluto, Dott.ssa Federica Beglini

  • Francesca Marella

    Gentile Dott.ssa Beglini, ho letto con molto interesse il suo articolo dell'angoscia abbandonica. Comprendo benissimo, purtroppo, che se un genitore non insegna ad essere amati incondizionatamente si cresca con la paura di non essere meritevole d'amore se non si è abbastanza bravi da guadagnarselo. Quello che non mi è chiaro è come questo sfoci nella paura di essere ingannati e di non sapersi difendere. Nel senso che riconosco di provare queste emozioni negative ma non riesco a collegare queste sensazioni al "ti amo se" della mia infanzia. La ringrazio anticipatamente per l'attenzione. Cordialmente Francesca

ultimi articoli su dipendenza affettiva

PUBBLICITÀ