Stanca di vivere
Salve, ho 18 anni e sono figlia di genitori che hanno capito troppo tardi che i figli non sono un dovere. È uscito dalla bocca di mio padre 2 anni fa, con la conferma di mia madre, che è stato un errore portarci al mondo, e ogni giorno mi sento un peso economico ed esistenziale per loro. Provo tanto dolore, sia perché so di essere un peso, ma anche perché si sentono la responsabilità di occuparsi di noi quando stanno conducendo una vita che non vogliono fare. Mi sento così in colpa. La mia esistenza e quella dei miei fratelli li ha solo rovinati, in tutto e per tutto. Voglio sentirmi parte di una famiglia, mentre mi sento solo una persona a caso; forse più una studentessa che una figlia. Studio per fare ciò che loro non sono riusciti a fare, prendo voti alti solo per loro. Ma dietro a tutto questo non c'è amore, solo senso di colpa e sofferenza. Non sono mai stati in grado di mostrarmi amore, solo punizioni verbali/ fisiche e rimproveri. Mia madre era molto aggressiva verbalmente, sentivo che trattava diversamente me dai miei fratelli, ma ogni volta che lamentavo di questo venivo zittita. Mio padre era invece aggressivo fisicamente, ogni errore era punito con violenza. Non sapevo che cosa stesse attraversando mia madre: era depressa e prendeva farmaci che "prendeva per il mal di testa" (la bugia che mi raccontava. Prendeva la sertralina, e crescendo ho scoperto da sola che cosa avesse, perchè è un antidepressivo). Mio padre aveva problemi con la sua famiglia ed era molto stressato sul lavoro, per cui era sempre molto nervoso.
Nessuno sta bene nella mia famiglia: stiamo tutti male, e io mi sento il dovere di rendere i miei genitori felici quando io non lo sono e ho ogni giorno pensieri suicidi. Sono 5 anni che la mia salute è declinata improvvisamente verso il peggio e non ho mai chiesto aiuto a nessuno, perché mi sento un peso, e perché sinceramente me ne vergogno tanto. Non ne parlo con le amiche perché sono io quella che ascolta i problemi di altri. Mi scrivono solo per quello. Non che mi dia fastidio, ma mi sembra che del mio benessere non se ne interessi nessuno. Forse perché non si direbbe che sono estremamente insoddisfatta della vita, sorrido e cerco di aiutare tutti. Diciamo che ho uno spirito da crocerossina. Non chiedo aiuti soprattutto perché penso che lo stare bene sia prioritario ai miei genitori, non a me. Mi pesa vivere, non ho obiettivi, non sono soddisfatta e non mi conosco: oscillano periodi di "ok, posso farcela" e penso a mille progetti (senza però mai fare nulla), a periodi di totale disperazione, con pensieri suicidi ricorrenti. In entrambi i casi non muovo un dito, e ho perso la mia identità, nel senso che non capisco chi sono e perché io provi tutto questo male. Mi sento annullata, ho sopportato tanto, e a questo punto mi sembra che la vita non sia degna di essere chiamata tale, soprattutto perché mi sento impotente di fronte a tante cose: l'infelicità dei miei genitori, la mia nascita, le disgrazie nel mondo che mi uccidono il cuore, e il futuro. Non riconosco questo dolore dentro di me, vorrei potergli dare un nome.
Non capisco più che senso abbia vivere, non ce la faccio a vedere del buono. Come si fa a pensare che la vita sia vivibile? Non riesco a crederci, perché il problema è la vita, è là fuori. Non è mai esistito il bene, nè fuori casa mia e nè dentro, o almeno, io non l'ho conosciuto.
Sono stufa di vivere una vita che non mi soddisfa cercando di riparare gli altri, esattamente come fa mio padre. E ho paura di farlo nello stesso modo sbagliato con cui lo fa lui...