Lasciarlo andare o trovare una strada per tenere duro?

La risposta razionale con cui mi sento più saggia e realista è la prima ma la mia volontà è sicura della seconda. Sono reduce da una storia tossica di 6 anni con un uomo della mia stessa età con brevissima convivenza finita male. Conosco un ragazzo di 8 anni più giovane da un anno e mezzo. Inizialmente davo per scontata l'impossibilità di altro oltre ad amicizia. Abbiamo una passione in comune che ci ha portato a legare molto e mi sono infatuata. Passavamo davvero tanto tempo assieme fino ad alcuni mesi fa. Infatti da un anno abbiamo una relazione in cui crediamo nonostante il divario d'età e, perdonatemi se forse esagero, consideriamo seria. All'inizio ero ancora restia ad impegnarmi ma devo ammettere che alla fine è stata la relazione più appagante persino rispetto alle mie aspettative migliori (e tra le persone che conosco sono la più ambiziosa in materia di relazioni). Lui però oltre a lavorare a tempo pieno si è iscritto all'università e il tempo che possiamo trascorrere insieme è rimasto poco. Questa carenza di tempo è un motivo in più per me per avere l'urgenza di convivere e avere degli spazi per noi. L'anno scorso ne avevamo già parlato e lui è stato disponibile a cercare con me. Non siamo riusciti a trovare una soluzione ottimale e abbiamo dovuto rimandare. Quest'estate alcune cose si sono incrinate e ultimamente quando nomino la casa non trovo feedback che mi facciano sentire a mio agio.
Stamattina mi sono ritrovata a pensare che se mi impegno a cercare casa vorrei farlo per entrambi perché se fosse un'esigenza solo mia non lo farei. Al tempo stesso sento che la relazione non è altrettanto valida se non c'è una pianificazione condivisa per un prossimo futuro. Ma mi sento anche non legittimata a tutto questo. Se mi osservassi dall'esterno senza sapere ciò che ho dentro e quanto vorrei il più possibile donargli in una bella convivenza almeno le mie ultime ventate di giovinezza, mi vedrei come la donna più vecchia e cattiva che lo manipola spingendolo verso scelte di vita che altrimenti non avrebbe mai l'iniziativa di prendere. Invidio chi ha vissuto nei tempi in cui ci si poteva permettere di comprare casa, sposarsi e convivere da giovani durante l'innamoramento. Invece a trent'anni mi ritrovo marcire a casa dei miei genitori. Se dovessi aspettare che l'esigenza sorgesse spontanea da lui, ho paura che mi ritroverei ad avere un posto mio solo a 45 anni. La nostra relazione è bellissima ma non sopporto più l'umiliazione di dover andare a casa dei suoi genitori per poterci dormire insieme e non riesco ad accettare che debba rimanere una relazione potenziale. So che esistono anche coppie bellissime che decidono di vivere separate, ma non è quello che voglio in questa fase della mia vita. Mi sento frustrata da questo bisogno insoddisfatto: vorrei accontentarmi del sentirmi amata, invece essere l'unica a desiderare la convivenza mi fa sentire non ricambiata. La mia autostima traballante mi porta ad avere paura che la mancanza di progetti condivisi sia sintomo di una relazione instabile in cui lui consciamente e inconsciamente la vive come una relazione passeggera, anche se in altri mille modi dimostra il contrario. Penso anche di doverlo proteggere. È in un momento cruciale della sua vita e non ha tempo per dilemmi del genere. E con questa frustrazione che sento credo di diventare per lui solo un ostacolo alla sua vita già impegnativa quindi per il suo bene dovrei lasciarlo.