Riconoscere la depressione dai cali d'umore

I disturbi dell’umore, comunemente chiamati “depressione”,  racchiudono tutta una serie di malesseri emotivi e spesso anche fisici e che comportano un abbattimento del tono umorale.

27 DIC 2013 · Tempo di lettura: min.
Riconoscere la depressione dai cali d'umore
I disturbi dell’umore, disturbi depressivi o comunemente chiamati “depressione”  racchiudono tutta una serie di malesseri emotivi e spesso anche fisici e che comportano un abbattimento del tono umorale.

Per umore si intende il nostro normale temperamento, le nostre caratteristiche di vita emotiva, ognuno di noi ha uno stato d’animo emozionale: c’è chi è maggiormente festoso, chi è più chiuso, chi parla poco, chi è esuberante, chi è molto sensibile, chi si intristisce per poco e così via.

Le cause di questo “MOOD”, per dirla all’inglese, possono essere di origine biologica, ereditaria o legate allo sviluppo della personalità della persona, alle sue esperienze affettive infantili e di vita.

La depressione può essere considerata una patologia solo quando provoca un profondo malessere nella persona che la vive. Quando interferisce con le normali attività della persona, quando perdura da molto tempo, più settimane o mesi, influenzando i rapporti sociali, i legami familiari o sentimentali, l’accudimento dei figli. Quando provoca insomma, ripercussioni sul lavoro, rallentamenti o blocchi in tutti gli altri ambiti della vita del soggetto.

Capita a tutti di tanto in tanto di sentirci giù, tristi, abbattuti, stanchi, sconfortati o scoraggiati, anche per più giorni. Questa non è per forza depressione, si può parlare di un calo dell’umore che se perdura per più settimane può portare ad un episodio depressivo, ma non di depressione. Spesso quando accade si usano frasi come: “Sono depresso” “E’ il mio periodo depressivo”, ecc. Se non si è depressi, perché ripeterselo allora? Sarebbe il caso di usare formule più “soft” tipo appunto: “Mi sento triste”, malinconico, demoralizzato, ecc.

Esistono tante forme depressive, a seconda della durata, dell’intensità e dei sintomi, non mi soffermerò ad elencarle. Non elencherò nemmeno i sintomi perché sono davvero tanti, a seconda delle forme depressive. Wikipedia offre una catalogazione ben fatta e attendibile, volendo si può approfondire in quella sede.

E’ importante conoscere bene i sintomi per fare un’attenta diagnosi, spesso si leggono cose su internet e ci si ritrova all’improvviso depressi, ansiosi, borderline, schizofrenici senza averlo mai saputo e spaventandosi molto.

Nel caso dei disturbi dell’umore ad esempio, sintomi opposti come dormire tanto o dormire pochissimo, mangiare tanto o non mangiare, fare tante cose o chiudersi in casa, possono essere contemporaneamente sintomi depressivi. Possono esserci tutti e nessuno di essi, possono esserci sintomi fisici e non. A volte persone realmente depresse non si accorgono di esserlo mentre altri invece ne sono convinti, si sentono destinati ad una vita da depressi quando invece non lo sono.

La depressione può si può manifestare in modo più o meno grave. Alcuni presentano sintomi depressivi, legati a specifici periodi di vita. Altri si sentono così depressi da non riuscire a svolgere le normali attività quotidiane. Le forme più serie si presentano con più sintomi, una maggiore intensità e durata nel tempo del malessere ed una maggiore compromissione delle normali attività quotidiane o sociali.

Non è necessario avere tutti i sintomi per diagnosticare una depressione, spesso invece, possono esserci molti sintomi e non si è depressi, si crede di esserlo.

E’ importante perciò, un attenta diagnosi fatta da uno specialista per capire se quindi si sta vivendo un normale calo dell’umore, un periodo di tristezza o se si tratta realmente di un disturbo depressivo, evitate le diagnosi self service. Spesso si è sicuri di essere depressi, ci si preoccupa, si sta ancora più male quando invece si può scoprire grazie, al consulto con uno psicologo, che i sintomi depressivi erano la conseguenza di qualcos’altro e non un disturbo depressivo vero e proprio.

La depressione si può curare, si puo’ guarire, a seconda della gravità e delle sue caratteristiche, si può stare molto meglio già dopo poche sedute. Se il caso è grave e se lo psicologo lo ritiene opportuno, si può suggerire anche una terapia farmacologica di supporto, per alleviare i sintomi più acuti, quelli più spiacevoli, almeno solo all’inizio.

Di solito chi soffre di depressione ha delle aspettative irrealistiche nei confronti di se stesso, degli altri e della realtà, quando queste aspettative vengono deluse (proprio perché troppo elevate o non realizzabili) il soggetto sperimenta frustrazione, fallimento e sconforto. Si fanno addirittura delle previsioni (sempre negative) sul futuro e sul comportamento degli altri. Esempi: “Non mi ha salutato, allora non valgo niente”, “Non ho superato l’esame, sono un fallimento”, “Non mi ha più telefonato, allora sono brutto non le piaccio”.

Arrivano poi quelli che io chiamo pensieri tossici automatici, dei pensieri spontanei che passano per la mente magari ad ognuno, sui quali però non ci si sofferma più di tanto. Le persone soggette a depressione invece indugiano su questi pensieri, li alimentano, rimangono letteralmente bloccati sul proprio rimuginare o sulle conclusioni assurde e pessimistiche a cui sono giunti. Esempi: “Ora che lui mi ha lasciato non troverò più nessuno”, “Con questa crisi non troverò mai un lavoro”, “Ho 30/40 anni, sono vecchio/a ormai, non posso combinare o cambiare più niente”.

Si creano quindi dei circoli viziosi, dei “tortuosismi” mentali, pensieri a vortice nei quali le persone rimangono intrappolati e mantengono l’umore costantemente depresso.

Sono esempi precisi di come i pensieri possono influenzare le emozioni.

Gli stati d’animo e i pensieri negativi rallentano il funzionamento dell’individuo in modo globale, il comportamento ne rimane influenzato: si esce di meno, non si vedono le altre persone volentieri, non si riesce a lavorare, si rimanda, non si fanno nuove esperienze, ecc. Appare ovvio che agendo in questo modo, il comportamento a sua volta, influenza le emozioni e i pensieri, ci si sente ancora più tristi perché non si è usciti, perché non si lavora, perché non si fanno esperienze stimolanti e gratificanti.

Ancora, si comincia a pensare cose del tipo: “Non mi sono fatto viva per tanto tempo cosa penseranno di me”, “Non voglio che mi vedano in questo stato”, “Non voglio essere commiserato”, “Rovinerò la serata a tutti è meglio stare a casa”, “Che lo faccio a fare tanto ormai non ha senso”.

In alcuni casi la depressione ha un’origine prettamente neurofisiologica, ci troviamo in presenza di una carente liberazione a livello sinaptico di una sostanza, la serotonina, da parte dei centri nervosi più profondi la quale può effettivamente influenzare l’umore. Ciò non vuol dire però che chi subisce questa alterazione è destinato ad essere depresso. Non sono indispensabili i farmaci, almeno non nei casi gravi e non per sempre, un’adeguata psicoterapia o un percorso clinico con un professionista, possono modificare questa carenza, le connessioni sinaptiche possono essere rimodulate e modificate dall’acquisizione di nuovi modi di pensare e da emozioni più piacevoli. La mente può modificare le interconnessioni neuronali proprio perché i pensieri e le emozioni dipendono da esse.

Nessuno quindi, è destinato dalla genetica, da Dio o da altro a essere depresso per sempre, si può cambiare, si può stare meglio. Molti non riescono semplicemente perché inconsciamente non vogliono o non si sentono pronti. Una depressione infatti può avere altri scopi, portare molti vantaggi: non impegnarsi, mantenere legami di attaccamento, attirare l’attenzione, manipolare gli altri, evitare di crescere, di diventare adulti o autonomi, non prendersi le propria responsabilità, gestire una rabbia inconscia, delegare gli altri a fare le cose, evitare il senso di colpa per qualche errore commesso e tanti altri.

Pochi lo riescono a capire e riescono a guardarsi dentro con sincerità, la maggior parte dei sofferenti trova scuse: “La malattia mi blocca” “Non c’è nulla da fare è genetico” “La terapia costa troppo”,  “Non riesco a guidare”,  “Non serve a niente”,  “E’ inutile raccontare i fatti miei”, eccetera eccetera.

Sono queste le vere resistenze che ostacolano il processo di guarigione, sono questi i veri freni del depresso e non la depressione, sono questi i blocchi inconsci che creano sì sofferenza, ma permettono al soggetto di costruire su misura, la sua personale gabbia dorata.

Dottor Lupo Psicologo

Lo Psicologo col cappello

PUBBLICITÀ

Scritto da

Studio Genesis, Dott. Lupo e coll.

Consulta i nostri migliori professionisti specializzati in depressione
Lascia un commento

PUBBLICITÀ

ultimi articoli su depressione

PUBBLICITÀ