Psicodinamica dell'intuizione
Quando affrontiamo un compito e siamo immersi nella ricerca della soluzione, molto spesso attraversiamo dei momenti in cui ci sembra di aver smarrito la bussola, in cui non c’è comprensione.
Quando affrontiamo un compito e siamo immersi nella ricerca della soluzione, molto spesso attraversiamo dei momenti in cui ci sembra di aver smarrito la bussola, in cui non c'è comprensione.
È un momento fecondo questo perché è un momento di preparazione all'insight, alla ristrutturazione cognitiva, all'accendersi della luce, in cui abbiamo l'intuizione. All'improvviso emerge una nuova soluzione, in seguito alla presentazione di nuove relazioni all'interno del campo cognitivo. La nuova soluzione non è altro che una ristrutturazione delle relazioni tra gli elementi di un campo cognitivo, una nuova visione d'insieme emergente.
Gli elementi di un campo acquistano un'organizzazione differente indipendentemente dalle operazioni del soggetto percepiente ma la ristrutturazione non avviene per magia, il soggetto percettore dovrà essere dotato innanzitutto di una preparazione relativa alla situazione in cui si vuole trovare la soluzione, poi di un determinato tipo di atteggiamento nei confronti della situazione stessa.
Come ricostruire il proprio campo cognitivo?
L'atteggiamento che favorisce l'intuizione è un'attenta ma non focalizzata osservazione che si avvicina quasi a una contemplazione, una visione d'insieme e una neutralità affettiva. Impulsi molto intensi inibiscono le intuizioni poiché focalizzano l'attenzione facendo perdere la visione d'insieme. L'intuizione è una conoscenza basata sull'esperienza acquisita, attraverso un contatto sensoriale del percepiente con l'oggetto. È una funzione che si situa a livello inconscio e anche preconscio preverbale. Jung la definisce percezione inconscia.
Ci sono vari tipi di conoscenza, si può conoscere qualcosa sapendo come lo si conosce, si può anche sapere qualcosa senza sapere come lo si conosce, infine si può non sapere di conoscere qualcosa. L'intuizione è un giudizio sulla realtà senza sapere come si è in possesso di questo giudizio. Essa ci presenta immediatamente i contenuti in forma definitiva, senza che noi siamo in grado di dire come ciò sia avvenuto.
Agiamo sempre in base a delle immagini della realtà che continuamente formiamo, dalle quali elaboriamo giudizi su persone e circostanze. I giudizi costituiscono la struttura di una diagnosi e così come in terapia creiamo immagini dell'incontro, quindi giudizi e infine una diagnosi, così nella vita di tutti i giorni facciamo lo stesso, formiamo immagini della realtà, giudizi e diagnosi. E in entrambi i casi la persona può non essere cosciente di stare diagnosticando e se lo è non può essere consapevole di come lo fa.
Questo perché il processo diagnostico consiste in processi preverbali preconsci e inconsci che si basano totalmente su predisposizioni e dinamiche individuali; ciò comporta che ogni tentativo di spiegare, attraverso un processo oggettivo uguale per tutti gli individui, in che modo l'intuizione è prodotta, è destinato a fallire. Perveniamo a delle intuizioni ma non sappiamo come.
Conoscere intuitivamente?
I tentativi di spiegare, come ci formiamo l'immagine di una persona, ad un'altra persona spesso sono fallimentari perché l'altro possiede criteri di giudizio che sono totalmente differenti. Soprattutto in ambito terapeutico, i tentativi di un clinico di spiegare i processi diagnostici solo occasionalmente offrono criteri utili ad altri diagnosti con personalità diverse. La diagnosi di un clinico esperto è un prodotto di processi preverbali che sono più funzioni della sua abilità, perspicacia ed esperienza che il risultato della deliberata applicazione di una serie di criteri razionali e verbali. In termine filogenetici la conoscenza intuitiva ha preceduto la conoscenza razionale e la comunicazione verbale; mentre quest'ultimi sono processi aggiuntivi, quelli intuitivi sono integrativi.
Conoscere razionalmente qualcosa, come fa un allievo alle prime armi, è come comporre un mosaico, aggiungendo un pezzo dopo l'altro; conoscere intuitivamente qualcosa, come fa un clinico esperto in un processo di diagnosi, è come scomporre una configurazione che si presenta in modo immediato non alla coscienza ma al preconscio o inconscio del terapeuta, senza sapere come. Un clinico alle prime armi diventa esperto quando i suoi processi di analisi scendono al di sotto del livello di coscienza e iniziano a funzionare con modalità integrative. con ciò è evidente che i processi di diagnosi migliorano con l'esperienza.
La Teoria dei Sistemi
Alcuni filosofi e studiosi appartenenti all'area post-razionalisti della II metà del secolo scorso e alla cornice della Teoria dei Sistemi, teoria nata in ambito biologico e che ha rivoluzionato la concezione dell'organismo e della scienza stessa, assumono una posizione in cui stabiliscono che il comportamento deve limitarsi a funzionare, piuttosto che a creare conoscenza astratta. È l'intuizione il comportamento che più si adatta a questo assunto poiché è evidente che l'atto intuitivo funziona ma non si sa come o perché.
La metafora utilizzata dai teorici dei sistemi è quella della chiave che apre la serratura; la chiave apre la serratura senza conoscere la serratura, limitandosi a funzionare. Il funzionamento della terapia della Gestalt si basa proprio su queste considerazioni, dalle quali deriva anche che se il paziente migliora è perché il suo vissuto è diverso e non perché suo il vissuto (differente a prima che venisse in terapia) trova giustificazione in una teoria, in una conoscenza astratta. Il successo della terapia è legato semplicemente all'effetto (il vissuto differente) che provoca il processo terapeutico e non al fatto l'effetto si connette con una premessa teorica. Il vissuto differente del paziente si lega a una consapevolezza emersa nel paziente e al suo rapporto col terapeuta, che proprio come una chiave apre serrature su porte chiuse da decenni. Di solito crediamo che per aprire serrature vecchie e arrugginite occorre essere dei saggi o chissà quali tecniche magiche devono essere adoperate. Invece a volte, come sostiene Quattrini, basta adottare il comportamento complementare.
La comprensione si basa molto spesso sull'adottare il comportamento complementare a quello del paziente. Il paziente soffre? Noi lo consoliamo! Non importa che il terapeuta viva la stessa esperienza del paziente, e non credo che nemmeno sia possibile vivere la sua stessa esperienza. Con l'empatia possiamo avvicinarci al vissuto del paziente ma mai immedesimarci del tutto. Facoltà quest'ultima che deriva da processi di identificazione e con la quale non può mai essere confusa con l'atteggiamento intuitivo, atteggiamento che a che fare con l'elaborazione automatica delle percezioni sensoriali.
La disposizione intuitiva, secondo E. Berne, è favorita da uno stato di vigilanza e di ricettività orale, condizioni che richiedono una concentrazione intensa.
Da dove deriva l'intuizione?
L'intuizione deriva da due tipi di immagini: le immagini primarie, che si riferiscono alle modalità e alle zone predominanti dell'attività istintiva, e le immagini dell'Io, che si riferiscono a fissazioni nello stato dell'Io del paziente. Emergono più facilmente entrambe nei casi di psicosi ma comunque esercitano la loro influenza nella vita quotidiana. Le immagini primarie, più esattamente, sono le immagini di una relazione oggettuale infantile, formatasi integrando impressioni sensoriali, hanno una carica energetica molto forte, che possono irrompere alla coscienza.
Entrambe le immagini hanno origine nel periodo preverbale del bambino. Le immagini primarie e le immagini dell'Io formano i giudizi primari (emessi quindi con modalità preverbali e preconscie) e le intuizioni derivano da tali giudizi. In ultima analisi, le intuizioni dipendono dalle esperienze infantili, dai tipi di immagini primarie e immagini dell'Io create nel periodo preverbale. Le intuizioni diminuiscono appena subentrano controtransfert e reazioni difensive, processi che alterano i giudizi primari.
L'attenzione, in terapia, deve essere rivolta al problema emergente del paziente e non al soddisfacimento dei bisogni del terapeuta; un bisogno del terapeuta, diventando figura, nella relazione intersoggettiva, diminuisce la facoltà intuitiva. La partecipazione diretta dell'Io cosciente percettivo e gli stimoli fisici, esterni e interni sembrano irrilevanti nel migliorare la capacità intuitiva. L'intuito funziona male con chi si conosce bene, la conoscenza del soggetto rappresenta un ostacolo alle intuizioni, infatti queste si hanno spesso alla prima seduta, tendono ad esaurirsi nell'arco del percorso psicoterapeutico e anche se esercitate per molto tempo nell'arco della stessa giornata.
Sempre secondo la concezione di Berne l'intuito può migliorare con l'esercizio ma non dipende da una vasta esperienza nel campo in cui lo si usa.
Ciò che è intuito è diverso da ciò che colui che intuisce verbalizza come propria intuizione. Il processo di verbalizzazione non ha a che fare con l'intuizione, poiché l'intuizione si basa su processi preverbali preconsci e inconsci, non ha nulla a che vedere col linguaggio. Per conoscere qualcosa non serve che riusciamo a esporre con parole ciò che si sa o come lo si sa, nel caso in cui sappiamo come abbiamo conosciuto. Conoscere qualcosa o qualcuno non è la stessa cosa che verbalizzare tale conoscenza.
Una vera conoscenza è sapere come agire piuttosto che saper come verbalizzare tale conoscenza, da cui discende l'arte dell'eloquenza. L'eloquenza è un'abilità verbale, da cui può seguirne una fascinazione, ma ai fini del saper vivere è poco pratica a meno che non si incontrino persone predisposte ad essere abbindolate. La persona intuitiva è dotata di naturale curiosità, è mentalmente vigile, interessata e pronta a ricevere comunicazioni latenti e manifeste.
È una facoltà che deriva da un atteggiamento inconscio di scopofilia, di ricettività orale e di vigilanza, se il terapeuta non possiede queste tre caratteristiche inibisce di molto l'intuizione; un atteggiamento di difesa nei confronti di queste caratteristiche danno origine a resistenze nei confronti dell'intero processo intuitivo. L'intuizione è inibita anche dall'uso di vantaggi secondari, come ad esempio la richiesta di attenzioni, di profitto o di potere, invece sembra che sensazioni di onnipotenza ed onniscienza non interferiscano. È una facoltà arcaica, risiede nell'Io arcaico, cioè allo stato dell'Io Bambino. Il pensiero logico (stato dell'Io Adulto) e il pensiero morale (stato dell'Io Genitore) ne alterano il funzionamento. I bambini sono i maestri e i veri detentori di un vero uso dell'intuizione, facendo un uso delle informazioni in modo più libero, autonomo e personale di quanto lo fanno gli adulti, visto che gli adulti sono abituati a guardare e a elaborare le informazioni solo nei modi consentiti dalle norme sociali e ciò che per lo stato dell'Io Bambino sono conclusioni, diventano dei dati da elaborare per la neopsiche, creando così classificazioni e strutture logiche.
Conoscenza intuitiva vs conoscenza logica?
La conoscenza intuitiva è complementare alla conoscenza logica e verbalizzata, conoscenza quest'ultima che discende da ragionamenti, confronti e processi di mediazione, ma utile quanto quella intuitiva. Abbiamo bisogno di entrambe le conoscenze perché viene un tempo per la razionalità e viene un tempo in cui occorre l'intuizione. Credo che la visione occidentale, da millenni, abbia fatto perno sulla conoscenza razionale e un uso esagerato tale da condurre l'umanità verso un atteggiamento unilaterale e dannoso per se stessa. È tempo di liberare l'intuizione, ottenute tutte le certezze di cui l'uomo aveva bisogno, ora è tempo che si aprano possibilità nuove di esistenza. Ma credo anche che l'intuizione senza disciplina sia pericolosa, l'intuizione può fuorviarci se non la liberiamo dal coinvolgimento distruttivo di personalità nevrotiche e ansiose.
L'intuizione comunque è una funzione che risiede in un organismo e il suo uso dipende in gran parte dal terreno in cui opera, è un seme che può portare prosperità all'organismo ma solo se allevato in un terreno fertile e vivo. Conoscenza intuitiva e conoscenza logica, le due modalità con le quali opera la mente umana, sono considerate, secondo il pensiero taoista, dei funzionamenti complementari coi quali l'uomo si adatta all'ambiente. La conoscenza intuitiva è, secondo la visione taoista, consapevole dell'ambiente, fondandosi su un'esperienza diretta, non intellettuale della realtà, e sorge in uno stato di coscienza dilatata, tende alla sintesi, è alla radice dell'attività ecologica. La conoscenza intellettuale è razionale, analitica, tendente alla frammentazione dell'informazione, la sua funzione comporta la discriminazione, la misurazione e la categorizzazione, ed è cosciente dell'Io.
Generalmente si associa l'intuizione all'attività yin e l'intelligenza all'attività yang, associazioni che non fanno parte della concezione originaria del taoismo ma prodotte in occidente dall'integrazione della visione taoista del fluire della vita al proprio modello epistemologico del sapere moderno e scientifico. La vita è eterno mutamento e il mutamento è compreso tra una serie di opposti polari e complementari in un perpetuo divenire tra un polo e l'altro. Quindi un equilibrio dell'attività intuitiva e di quella intellettuale insieme stabiliscono il comportamento sano, un loro squilibrio fa sì che l'attività si polarizzi creando le condizioni per la scissione e la malattia. Una società o un organismo in cui l'attività intuitiva è inibita in favore di una conoscenza guidata dall'intelletto comporta un grave squilibrio in cui si esagerano le tendenze assertive a discapito di quelle integrative.
L'intuizione favorisce l'inserimento dell'organismo nell'ambiente attraverso una logica sistemica, di cooperazione e consolidante; un venir meno di questa logica causa una minore comprensione ecologica da parte dell'organismo. E un organismo che si inserisce in un ambiente attraverso solo un'azione assertiva di sicuro non instaura rapporti effettivamente sociali ed ecologici.
L'azione del terapeuta non può prescindere da un buon equilibrio tra tendenza assertiva e tendenza ecologica, la sua azione nasce da una comprensione intuitiva della relazione che instaura col paziente e che è segno di una sua disposizione personale che sta a fondamento del suo modo di essere e del suo carattere.
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