L’osservazione diretta dei bambini secondo il modello dell’infant observation

L’articolo espone i principi che regolano la metodologia dell’infant observation, facendo riferimento soprattutto alla posizione assunta dall’osservatore.

17 GEN 2022 · Tempo di lettura: min.
L’osservazione diretta dei bambini secondo il modello dell’infant observation

L'Infant Observation come metodo scientifico inizia con E.Bick alla Tavistock Clinic di Londra nel 1948, oltre 70 anni fa. A partire da questa data viene inaugurato un modello di formazione che poi si diffonderà in Europa e in tutto il mondo. In Italia M.Harris insieme a D.Meltzer introduce nel 1976 i primi gruppi di formazione per gli specializzandi in psicoterapia infantile ad orientamento psicoanalitico.

È interessante rilevare che in quel periodo storico molti psicoanalisti cominciavano ad interrogarsi rispetto a come si sviluppa una personalità sana e così autori come Spitz, Bowlby, M Mahler, Hartmann e Kris impostarono varie metodologie di osservazione.

La stessa A. Freud ha concepito l'osservazione come un metodo parallelo e complementare all'analisi stessa, studiando soprattutto le fasi dello sviluppo libidico riflesse nel comportamento del bambino e il grado di maturazione degli apparati dell'io, come il controllo sulla motricità, il linguaggio, la memoria e molti meccanismi di difesa.

Ma la parola osservazione è spesso usata in modo ampio e viene utilizzata per indicare metodologie diverse tra loro.

In un articolo famoso del 1941 "L'osservazione dei bambini piccoli in una situazione fissa e stabile" Winnicott pone in rilievo l'utilità, per il lavoro clinico e per la ricerca, l'osservazione di un certo numero di coppie madre-bambino condotta in situazioni fisse e stabili mettendo in evidenza la vasta mole di indicazioni fornite sul grado di sviluppo emotivo del bambino. L'attenzione è indirizzata su tre poli dell'osservazione: il bambino, la madre e l'osservatore stesso. Si osserverà cioè come si comporta il bambino, come reagisce la madre e come la coppia madre-figlio interagisce con l'osservatore.

L'approccio di Winnicott contiene in sé molti degli elementi sviluppati da E.Bick attraverso la metodologia osservativa. Preoccupandosi innanzitutto di pianificare un setting invariato e costante, attribuendo inoltre importanza fondamentale al contatto che si stabilisce tra osservatore e osservato, considerandolo non come un limite al lavoro bensì al contrario come strumento di conoscenza della situazione di cui si raccolgono le testimonianze. L'osservazione psicoanalitica implica un'identificazione emotiva con l'osservato mediante la quale accedere agli stati d'animo nello stesso modo in cui la madre comprende il bambino in virtù della sua "preoccupazione materna primaria"

E.Bick rinuncia quindi ad ogni tipo di strumentazione sperimentale inaugurando appunto l'osservazione partecipe, ossia l'osservazione del bambino in relazione alla madre, alle persone della famiglia e all'osservatore basata sulla premessa che l'osservatore e l'osservato sono due persone in relazione.

È un'osservazione effettuata a mani nude e a mente libera, senza gli abiti di teorie, senza cercare di definire se stessi attraverso la propria identità professionale per esempio di psicoterapeuta o di medico e dove l'obiettivo esplicito è quello di far seguire all'osservatore la crescita di un bambino nella sua famiglia fino all'età di due anni mentre quello implicito consiste nell'incontro dell'osservatore con le proprie esperienze primarie, non certo in termini di ricordi coscienti ma di stati emotivi riemergenti.

La posizione dalla quale si guarda consente di fare congetture immaginative circa l'esperienza del bambino con la propria madre (secondo l'accezione di Bion).

Ciò prevede l'utilizzo di una forma di identificazione proiettiva ovvero mettersi al posto dell'altro per comprendere l'esperienza di un'altra persona. Vedere e poi ricordare tuttavia dipendono dalla selettività emotiva, collegata ai nostri processi inconsci.

Il lavoro di osservazione viene infatti complicato dall'inevitabile quota di ansia emergente quando ci si trova ad affrontare una nuova esperienza che viene condizionata ampiamente dallo stato dei nostri oggetti interni e dal nostro sé. Tuttavia l'osservazione dei bambini appena nati insieme alle loro famiglie comporta più di una normale ansia in quanto ci si trova di fronte ad un essere umano indifeso che dipende interamente da un'altra persona. La natura di questa dipendenza ci da la consapevolezza che non saremmo sopravvissuti senza nostra madre e tutto ciò può generare un supplemento di ansia non sempre facile da elaborare.

Sappiamo inoltre come il bambino sia passato bruscamente da quella che possiamo immaginare come la continuità di soddisfazione e l'assenza di bisogno della vita intrauterina all'intermittenza della presenza del seno che sembra introdurre traumatiche lacerazioni nella continuità del suo esistere. Madre e bambino sono alle prese entrambi con un'assenza e una perdita da affrontare ed elaborare (con il parto la madre sente di aver subito la perdita del bambino dentro di lei, il bambino delle sue fantasie che ora è fuori da lei, un altro da sé vissuto come un estraneo misterioso e incomprensibile con il quale è difficile entrare in contatto)

In maniera analoga l'osservatore può essere intensamente coinvolto nella "misteriosità della situazione" così profondamente toccato dalla depressione della madre e dalla disperazione del bambino. Come accade a quest'ultimo anche l'osservatore sperimenta vissuti di frammentarietà e di smarrimento. Ciò che guarda può apparirgli come un insieme di pezzi staccati, sequenze, frammenti non facilmente ricomponibili. Il bambino è piccolo, l'interazione delicata ed intima sollecita l'emozione di introdursi in un ambito privato e sacro: molte sono le cose che si vedono e a cui si è esposti, assai meno quelle che si comprendono. Un mare di gesti apparentemente senza senso lo invade: movimenti piccoli e sottili o globali e violenti, sguardi, lallazioni, parole, pianti, sorrisi, sonni e risvegli e ancora suoni, odori, luci, a cui si accompagnano spesso vissuti di confusione e di non senso.

Aspetti tecnici e metodologici dell'Infant Observation

La metodologia osservativa prevede che l'osservatore si impegni ad osservare settimanalmente un bambino dalla nascita ai due anni (100 ore di osservazione)

Le osservazioni che avvengono in famiglia hanno una durata di un'ora, stabilite secondo un calendario concordato e preferibilmente fisso, costituiscono il contratto-cornice. (La regolarità nonché la continuità circa il giorno della settimana e l'orario ha l'obiettivo di stabilire un setting per quanto possibile invariato e costante in analogia a quanto avviene nella relazione psicoanalitica vera e propria)

Non si sottolinea mai abbastanza che la ricerca condotta è di tipo longitudinale in quanto comporta continuità, ipotesi e un quadro dello sviluppo mentale per ogni bambino osservato. Le sequenze osservative, prolungate nel tempo, offrono pertanto l'occasione di vedere a lungo e diverse volte i comportamenti dei bambini, di potersi interrogare rispetto al loro significato emotivo.

E.Bick afferma che l'osservatore deve essere partecipe ma non deve interferire attivamente nella situazione attraverso un qualsiasi tipo di azione propositiva e diretta. In particolare non deve dare consigli o esprimere approvazione o disapprovazione e deve lasciare che la madre lo inserisca a suo modo nella struttura familiare, senza farsi trascinare in ruoli che esulano dal suo essere osservatore, come per esempio quello del consigliere o di esperto dello sviluppo infantile.

Infatti l'osservatore può facilmente diventare oggetto di proiezioni da parte dei membri della famiglia così come egli stesso può essere tentato a sua volta a proiettare contenuti inconsci propri e non di rado ad identificarsi con i bisogni del bambino soprattutto se secondo lui non vengono colti e soddisfatti a sufficienza dalla madre. Qual è allora il bambino che soffre? Il bambino osservato, oppure il bambino interno dell'osservatore la cui frustrazione vien proiettata nel bambino esterno? Non è dunque facile rimanere osservatore in una situazione in cui le identificazioni proiettive sono intense. Il suo compito sarà quello di regolare la distanza emotiva per non scottarsi e lasciarsi indurre, sotto la pressione delle proiezioni della madre, del bambino, o le proprie, ad assumere funzioni estranee a quella dell'osservatore ma nemmeno distanziarsi tanto da raffreddare la temperatura emotiva dell'osservazione nell'intento di proteggersi dall'impatto di contenuti perturbanti cercando rifugio in una presunta oggettività osservativa.

Si tratta allora di trovare cioè una giusta distanza tra neutralità e partecipazione. La regola dell'astensione all'azione permette all'osservatore di assumere un atteggiamento analitico caratterizzato da uno stato di "attenzione fluttuante" (Freud, 1911) attraverso il quale può avvenire una raccolta dei dati quanto più completa possibile. In questo stato mentale l'osservatore ha la possibilità di essere aperto a recepire tutte le informazioni che derivano dalla situazione sia di natura comportamentale che emotiva. Infatti la sua posizione, eliminando il ruolo attivo che ci si aspetta dagli adulti in presenza di un bambino piccolo, fa sì che si crei "uno spazio nel quale le sensazioni hanno un impatto più forte" evitando la tentazione, in presenza di sentimenti molto forti, di liberarsene agendo (Rustin M, 1989).

In realtà è proprio attraverso l'analisi dei sentimenti ingenerati nell'osservatore dalla situazione che si ottengono le informazioni più precise sul processo osservato.

Esempio del bambino che piange; se l'osservatore si assume la funzione che non gli compete evacua tutte le componenti percettive, sensoriali ed emotive della situazione, saturando attraverso l'azione un processo di pensiero che avrebbe potuto permettergli di penetrare il vissuto interiore del neonato in virtù di un processo di identificazione con lui.

Il nocciolo dell'esperienza di apprendimento dell'infant observation sta proprio nell'imparare a tollerare senza agire degli stati emotivi primitivi intensi sia che siano stati suscitati dalla situazione esterna oppure dal mondo interno dell'osservatore o da entrambi. Significa sopportare il dubbio, la pena e le angosce del bambino, della madre e le proprie rafforzando così la capacità di contenimento emotivo, imparando a svolgere sempre meglio la propria funzione materna. Processo di contenimento che sarà ulteriormente sostenuto dal lavoro condotto nel seminario di gruppo.

È stata infatti ben dimostrata l'importanza della funzione del gruppo quale contenitore per trattare il non pensato, "i pensieri non ancora nati." La sua funzione è dunque quella di uno spazio che faciliti l'accadere di tutto ciò.

Durante l'osservazione non si prendono appunti in quanto ciò interferirebbe con l'attenzione rivolta alla situazione e impedirebbe un'autentica partecipazione emotiva. I protocolli che vengono redatti in un momento successivo devono essere scritti usando un linguaggio preciso e accurato perché le parole possono risultare scivolose, suscettibili di oscurare anziché illuminare la scena contenuta nelle sedute d'incontro. Nella stesura del protocollo bisogna porre attenzione a particolari precisi, a dettagli anche minuti e a prima vista insignificanti proprio perché questi dettagli svelano la specificità di una situazione e permettono di aprire uno spiraglio di significati con situazioni genericamente e confusivamente simili. Si deve notare quando un bambino dice una certa cosa, gioca in un certo modo, chi è presente in quel momento, quali esperienze di perdita ha vissuto di recente ecc…

Il comportamento va dunque osservato all'interno di un contesto al fine di cogliere e capire maggiormente il significato, l'aspetto comunicativo, il rapporto tra eventi ed emozioni. Inoltre, nel considerare un comportamento o un processo mentale, esso non va interpretato come un fenomeno sui generis in sé concluso o come qualcosa che emerge all'improvviso bensì come elemento di una sequenza evolutiva.

Oltre la seduta di osservazione e la successiva stesura di un protocollo scritto, si prevede la lettura di esso nel seminario di supervisione e discussione, che costituisce il terzo momento fondamentale di questa metodologia.

Tramite appunto la discussione in gruppo sotto la guida di un conduttore esperto, si offre all'osservatore la possibilità di riconoscere ed esaminare i sentimenti assai vivi suscitati dall'osservare da vicino la relazione madre-bambino e di essere aiutato nella ricerca di una giusta distanza, imparando quindi a distinguere le proprie emozioni da quelle dei genitori o del bambino, mantenendo il senso della propria integrità e separatezza.

Questo aspetto dell'apprendimento viene inteso al rafforzarsi, nell'osservatore, di una capacità strutturante assimilabile alla funzione paterna.

Infine questo è il luogo dove si inizia a tracciare delle prime ipotesi interpretative del materiale osservato, individuando la specificità di certi modelli di comportamento che sembrano caratterizzare quella particolare relazione.

Il Seminario offre inoltre l'opportunità di paragonare la propria esperienza con quella degli altri osservatori, diventando i testimoni indiretti dello sviluppo di altre relazioni con la loro specificità.

Si può quindi sostenere che se la "funzione materna" dell'osservatore consiste nel contenere con lo sguardo e la mente i segnali della scena compresi i contenuti dolorosi o aspetti confusi o non ancora elaborabili presenti nell'esperienza, allora la "funzione materna" del gruppo consiste nell'accogliere con empatia, vicinanza e rispetto, le sensazioni, le impressioni, i ricordi, le conoscenze di tutti."Funzione materna che richiama alla mente le funzioni genitoriali nominate da Meltzer (sostenere la speranza, diffondere amore, contenere l'angoscia depressiva e l'odio).

Mentre la "funzione paterna" dell'osservatore consiste nel differenziare e discriminare attraverso attraverso l'ausilio della scrittura le proiezioni in campo riconoscendo i reciproci movimenti emozionali e le identificazioni proiettive, lavoro necessario da compiere ai fini di un setting osservativo e di una capacità osservante che va mantenuta. Ma la "funzione paterna" riemerge nell'ambito di gruppo qualora si scelgono e si riassemblano gli elementi della storia per costruirne una più ampia e coerente, da cui partire e poi tornare alla relazione con il bambino.

In questo senso lo spazio triangolare teorizzato da Britton (1989) quando descrive lo sviluppo della configurazione edipica viene ripreso e traslato nell'esperienza osservativa nel momento in cui il gruppo si propone come un terzo osservante e l'osservatore calato in un ruolo terzo che pensa la propria esperienza emotiva.

Significa cioè sviluppare tanto la flessibilità della mente quanto la sua saldezza in presenza di stati emotivi primitivi, nel senso descritto da Houzel (2003) come bisessualità psichica del contenitore.

Si riattiva e si amplifica, quindi, nella narrazione condivisa nel gruppo, un processo di risonanza interiore (come avviene nella rèverie materna per il neonato, anche il gruppo ha la funzione di ricevere e tollerare il disagio dell'osservatore, i suoi elementi beta, in modo che possa rieintroiettare l'esperienza modificata e di differenziazione, individuale e gruppale, che favorisce la capacità di riflettere sull'esperienza mentale ed emotiva e che permette di costruire nuovi percorsi di senso.(funzione gamma del gruppo), Corrao, 1981.

ALCUNI ESEMPI DI INFANT OBSERVATION

Mario, 6 settimane

La madre tenta di porre il poppatoio nella bocca del neonato ma egli oppone difficoltà chiudendo le labbra. Davanti all'insistenza della madre prende il poppatoio, succhia inquieto e si strozza per cui la poppata viene interrotta parecchie volte. Succhia tranquillo quando dirige gli occhi verso una luce che è in un angolo della stanza. La madre dice che ieri gli ha tolto il seno perché non ne poteva più. Il neonato continua un po' con il poppatoio mangiando però con sempre maggiore difficoltà. Allora la madre interrompe e aspetta che faccia un ruttino. Poi nell'avvicinargli ancora la tettarella il bambino la rifiuta, muove i piedi e le mani fino a produrre un gran vomito nel quale rigetta tutto quello che ha ingerito.

Il neonato non può incorporare l'alimento con il poppatoio perché ha perso il suo contenitore interno. Il vomito sembra riferirsi al tentativo di sbarazzarsi di qualcosa che non è buono ma nello stesso tempo è l'espressione del sentimento che parti della personalità stanno per traboccare o sciogliersi come conseguenza del suo stato di non integrazione.

Omar, 24 giorni

La madre mi offre un caffè in cucina. Omar invece è in camera sua. Lo sento piagnucolare. La madre dice che vuole aspettare finché non si lamenta veramente. Omar comincia a piangere più forte. La madre porta via le tazzine del caffè e poi mi invita a seguirla nella camera del bambino. Lui sta disteso sul dorso con la testa contro l'angolo della culla strusciando contro il bordo. La mano destra è serrata con il pollice tenuto tra le dita. Le gambe scalciano sotto le coperte. La madre comincia a parlarmi della tutina a righe multicolori appesa alla parete. Omar si diverte a guardarla. Mentre la madre parla osservo che la sua lingua si ferma tra le labbra e poi la muove all'interno della bocca. Ad un certo punto afferra la mano sinistra e la tiene con forza. Quando la madre compare sopra la culla Omar emette un suono più forte. La madre lascia la stanza brevemente per andare a prendere i pannolini ed egli comincia a lamentarsi, a sgambettare con violenza, ad agitare le braccia.

Sembra che tenersi il pollice fra le dita e strusciare la testa contro il fianco della culla siano un mezzo per tenersi insieme emotivamente e fisicamente.

Il panico di Omar è estremo fino a quando la madre entra nella stanza. Appena lei si avvicina Omar la trova con gli occhi. Poi trova la propria lingua che tiene fra le labbra e poi muove all'interno della bocca. Afferra la propria mano sinistra. Trovare la madre con gli occhi sembra corrispondere alla scoperta di un modo di aggrapparsi con la bocca e con le mani. La lingua come un capezzolo in bocca viene tenuta fra le labbra e poi usata per consolarsi strusciandola dentro la bocca. Per breve tempo si tiene anche la mano sinistra.

Omar è capace di sentirsi connesso alla madre quando lei è presente. Omar ha bisogno di aggrapparsi alla madre con gli occhi perché internamente non ha ancora una madre che lo faccia sentire sicuro quando è sveglio e che sia distinta dalla madre esterna. Succede che in assenza della madre cerca la sicurezza concentrandosi sulla tutina familiare che sta vicino al letto. Avere intorno lo stesso oggetto serve a indicare che non tutto è spaventosamente nuovo e diverso. Come a dire che quando la madre lo aiuta a sopportare parte di questo disagio egli si sente più integrato e utilizza qualcuno dei suoi stratagemmi protettivi per tenersi insieme (aggrapparsi alla tutina, dita in bocca).

Omar, 14 settimane

La madre lo immerge nel bagno. Omar sembra provare piacere. Guarda il viso della madre e contemporaneamente si avvicina a lei. Con la mano tocca la manica arrotolata della madre. Dopo essersi momentaneamente aggrappato alla manica, sposta la mano verso il basso lungo il braccio della madre. Diverse volte usa la mano per ripetere la sequenza di raggiungere, aggrapparsi e scorrere lungo il braccio della madre, lentamente, come per prova. Quando la madre lo tira fuori dall'acqua Omar si lamenta. Agita le braccia velocemente sopra la sua testa. Sta protestando. La madre lo distende di traverso sulle proprie gambe, con la testa sospesa nel vuoto. Poi quando la madre gli spinge la maglietta sulla testa Omar comincia a piagnucolare, a scalciare e ad agitare le braccia spingendo con la testa nel tentativo di sottrarsi alla maglietta.

Avendo avuto l'esperienza di una madre capace di dargli conforto Omar prova piacere a rilassarsi e poi a muoversi nel bagno. Oltre a tenere la madre con gli occhi la sua mano entra in contatto con la manica della madre. Ripete diverse volte questo scivolamento della mano lungo il braccio della madre. Questa capacità di fermare e ripetere di seguito l'azione rappresenta una ripetuta richiesta di intimità. Però questo senso di benessere richiede di essere continuamente rinnovato e confermato da una madre capace di mantenere una presenza costante nel tempo. Il dispiacere che mostra è più marcato e perciò protesta qualora non ottiene ciò di cui ha bisogno. Tolto dal bagno protesta e soprattutto esterna il suo disagio nel momento in cui non può vedere la madre che potrebbe scomparire esponendolo così ad una cattiva esperienza.

Come afferma Bion (1968) che nel riferirsi alla pelle come ciò che tiene insieme le parti si esprime in questi termini: "Si tratta di un involucro fragile e precario, suscettibile di essere perforato o strappato in ogni momento"

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Scritto da

Dott.ssa Rossana Dalla Stella

Bibliografia

  • R. Britton "Credenza e immaginazione"Borla, Roma, 2006
  • F. Corrao "Contributi alla psicoanalisi di gruppo" Cortina, Roma, 1998
  • S. Freud (1910) "Le prospettive future della terapia psicoanalitica" O.S.F.,6
  • D. Houzel (2003)"Archaique et bisexualitè psychique" Journal de la psychanalyse de l'enfant, 32:75-96,
  • S.Isaacs "L'osservazione diretta del bambino" Boringhieri, Torino, 1989
  • D.Meltzer-M.Harris "Osservazione e sviluppo del bambino. Un omaggio a Martha Harris" Quaderni di psicoterapia.vol.18, Borla, Roma
  • M.Rustin (1989) "L'incontro con le angosce primitive" in Miller L.et al. (1989). Neonati visti da vicino. L'osservazione secondo il modello Tavistock, trad.it. Roma, Astrolabio, 1993, p.17-32
  • D.Winnicott (1941) "Dalla pediatria alla psicoanalisi" Martinelli, Roma, 1975

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