La dipendenza affettiva: quando è sana e quando è patologica

Dipendere all'interno delle relazioni non è sempre indice di patologia. Devono sussistere alcun i criteri per parlare di dipendenza affettiva. Scopriamoli insieme!

27 OTT 2023 · Tempo di lettura: min.
La dipendenza affettiva: quando è sana e quando è patologica

La dipendenza affettiva negli ultimi anni sta diventando un argomento molto discusso in quanto sempre più spesso si sente parlare di persone che rimangono "incastrate" all'interno di un rapporto.

Dobbiamo pensare che "dipendere" all'interno di un rapporto è normale soprattuto nella prima fase dell'innamoramento dove c'è un forte desiderio di passare il proprio tempo con l'altra persona. La dipendenza di per sé non è indice di patologia se c'è amore reciproco e benessere.

Diventa un problema quando inizia ad essere negativa e produrre malessere per uno o entrambi i partner o quando, con lo stabilizzarsi del rapporto, il desiderio di dipendere non diminuisce bensì aumenta iniziando a produrre nella persona l'impossibilità di pensarsi senza il partner. Il dipendente affettivo inizia così ad investire tutte le proprie energie nella relazione e verso il partner dal quale inizia a dipendere totalmente e pur di non perderlo diventa disposto a tollerare qualsiasi tipologia di comportamento, anche comportamenti che incidono negativamente sul proprio benessere: critiche, manipolazioni, svalutazioni, distacchi. Questo è particolarmente visibile in relazioni disfunzionali con persone dagli aspetti borderline o narcisistici di personalità. In altri casi meno gravi la persona dipendente si annulla nella sua individualità pur di soddisfare le aspettative e i bisogni dell'altro.

Perché il dipendente affettivo fa questo?

  • Perché la persona che soffre di dipendenza affettiva ha un deficit nella capacità di riflettere su di sé, sulle proprie emozioni e mentalizzare i propri stati interni. Il dipendente affettivo, non essendo dotato di una buona capacità di mentalizzazione, rimane quindi molto focalizzato sull'esterno e quindi sul partner ma non su di sé.
  • Anche la capacità di auto regolarsi nei propri stati emotivi è compromessa. Il dipendente affettivo cerca di gestire le proprie emozioni attraverso il partner o attraverso la messa in atto di comportamenti impulsivi e compulsivi (come controllo, ricerca costante di rassicurazioni e conferme sul proprio valore) tesi a diminuire l'angoscia d'abbandono. Non avendo la capacità di rappresentarsi all'interno di sé l'idea di un affetto e di rappresentare il proprio partner in sua assenza, necessita di continue rassicurazioni e conferme, soprattutto quando il partner si allontana o non risulta presente fisicamente.
  • Questa paura di essere abbandonato affonda le sue origini all'interno di una storia famigliare difficile costellata da esperienza affettive negative. Il dipendente affettivo è stato un bambino non visto dai propri genitori, spesso inserito all'interno di una famiglia caotica e piena di problemi dove ha imparato a prendersi cura dei bisogni degli altri (a volte anche degli stessi genitori) ma nessuno si è preso cura dei suoi. Sono stati bambini adultizzati apparentemente autonomi e autosufficienti che hanno imparato a sopprimere le proprie emozioni (di paura, rabbia e tensione) perché non venivano ascoltati o c'erano altri problemi più grandi (liti tra i genitori, separazioni…).

Perché il dipendente affettivo fa questo?

Le ripercussioni sono state così:

  • L'incapacità di comprendersi nei propri bisogni ma un'enorme capacità di comprendere quelli altrui con l'impossibilità di costruirsi un'autonomia affettiva;
  • Sviluppo di un senso di potere inadeguato sulla possibilità di risolvere problemi e aiutare gli altri anche in modo quasi onnipotente;
  • Profondo senso di solitudine che porta alla ricerca di legami fusioni (non solo di coppia ma anche di amicizia).

Nonostante il suo riconoscimento come un problema significativo nelle relazioni interpersonali, la dipendenza affettiva non è stata formalmente inclusa come un disturbo mentale nei principali manuali diagnostici psichiatrici. Tuttavia, è possibile identificare una serie di comportamenti e caratteristiche associati ad essa.

Per poter parlare di dipendenza affettiva è necessario che ci sia la manifestazione di 3 o più criteri che si verificano in ogni momento nell'arco di 12 mesi (Reynaud, 2010):

  • Esistenza di una sindrome da astinenza per l'assenza dell'amato, caratterizzata da significativa sofferenza e un bisogno compulsivo dell'altro;
  • Considerevole quantità di tempo speso per questa relazione (in realtà o nel pensiero);
  • Riduzione di importanti attività sociali, professionali o di svago;
  • Persistente desiderio o sforzi infruttuosi di ridurre o controllare la propria relazione;
  • Ricerca della relazione, nonostante l'esistenza di problemi creati dalla stessa;
  • Esistenza di difficoltà di attaccamento, come manifestato da uno dei seguenti:

(a) ripetute relazioni amorose esaltate, senza alcun periodo di attaccamento durevole; (b) ripetute relazioni amorose dolorose, caratterizzate da attaccamento insicuro".

Per una corretta diagnosi tuttavia è necessario l'intervento di uno psicologo. Se pensi di soffrire di dipendenza affettiva, chiedi aiuto.

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Scritto da

Dott.ssa Elisa Simeoni Psicologa Psicoterapeuta

Psicologa, laureata in Psicologia Clinica con il massmo dei voti presso l'Università Cattolica di Milano, in formazione come Psicoterapeuta alla Scuola di Specializzazione “Mara Selvini Palazzoli" di Brescia ad orientamento sistemico-relazionale. In costante aggiornamento anche nel settore legato alla promozione della salute e del benessere, attraverso corsi e seminari.

Bibliografia

  • Guerreschi, C. (2011). La dipendenza affettiva. Ma si può morire anche d'amore?: Ma si può morire anche d'amore? FrancoAngeli.

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