Convivere con le pandemie

La pandemia ha avuto effetti dannosi su tutta la popolazione, che sia stata contagiata o meno. Ma quali sono state le principali problematiche accusate dalle persone e quali le differenze?

5 OTT 2022 · Tempo di lettura: min.
Convivere con le pandemie

Nonostante pandemie ed epidemie siano realtà sempre più presenti e frequenti, e le varie società del mondo abbiano rapporti economici, culturali e sociali sempre più stretti e in continua crescita, sembrerebbe essere molto scarno il supporto fornito ai cittadini, così come risulta essere scarso il ricercare sostegno di professionisti per situazioni oggettivamente delicate e minacciose, come lo sono epidemie e pandemie.

Infatti, nonostante sia conclamato che questo genere di avvenimenti - che si manifestino su piano nazionale o mondiale - producano un forte impatto sul benessere psicologico delle persone, aumentando l'incidenza di disordini psicologici, specie di disturbi da Stress Post-Traumatico, depressivi e della sfera ansiosa (Rogers et al., 2020), sono poche le persone che cercano supporto esterno.

Solo una persona su due condivide con i propri cari le proprie preoccupazioni, poco meno di una persona su cinque ricerca il supporto del proprio medico curante, circa una persona su dieci richiede supporto psicologico e meno di una persona su dieci cerca un supporto psichiatrico (MaremmaNews, 2020).

Indipendentemente dall'atteggiamento manifestato dai cittadini, ad oggi in Italia risulta fondamentale potenziare i servizi sanitari e di salute mentale. Infatti, in vista di un aumento atteso del 30% delle persone prese in carico dai servizi sanitari e di salute mentale, si presenterà un sottorganico del 20% di psichiatri, la necessità di circa 1500 tra psicologi, terapisti della riabilitazione psichiatrica, assistenti sociali in più e di circa 5000 infermieri (Gulati e Kelly, 2020; Cimino, 2021).

Ma come hanno reagito le persone alla pandemia? Quali sono le principali differenze individuate tra le varie fasce d'età? E, in particolare, quali sono le attuali condizioni degli italiani?

Bambini e adolescenti

Il primo e più invalidante effetto prodotto dalla pandemia riguarda l'isolamento sociale. Quella dei più giovani è la fascia di età che più delle altre sperimenta per la prima volta o consolida le proprie competenze sociali ed emotive, oltre che relazionali e affettive.

Lo stato di confinamento e l'impossibilità di immergersi nella vita sociale, misto allo stress accumulato dai genitori e ad una nuova gestione della vita familiare, sembrerebbero aver prodotto importanti difficoltà emotive nei più giovani (Canzi et al., 2021). In più, le misure restrittive adoperate durante la pandemia sembrano aver inciso sul reddito familiare e sulla qualità delle relazioni affettive del nucleo familiare, producendo da una parte un importante stress economico nella famiglia e dall'altra importanti conflitti familiari a cui sembrerebbe conseguire uno stile educativo più autoritario. Tutti questi elementi hanno incrementato il malessere psicologico dei più giovani (Camisasca, Miragoli e Covelli, 2021). Tra questi malesseri psicologici si registrano difficoltà di concentrazione ed attenzione, alterazioni nelle abitudini alimentari, inattesi dolori fisici, comportamenti fastidiosi ed eccessivi stati di tristezza, depressione o preoccupazione e cambiamenti o evitamenti di attività precedentemente apprezzate (Liu et al., 2020).

Un altro fattore che ha inciso negativamente sul benessere dei più giovani sembrerebbe essere la didattica a distanza. Infatti, questa nuova modalità di apprendimento ha inciso sulla qualità dello studio, producendo anche importanti stress legati allo spropositato carico di compiti, allo studiare da soli e al forzato utilizzo della tecnologia (Cantelmi et al., 2020; Cantelmi e Lambiase, 2017), nonostante questa sia una generazione tecnologica. Inoltre, si registra un'importante perdita dell'apprendimento, equivalente ad un quinto dell'anno scolastico, che sembrerebbe coincidere proprio con il periodo di chiusura delle scuole a causa dell'emergenza sanitaria, definendo progressi scarsi o nulli durante l'apprendimento da casa (Engzell, Frey e Verhagen, 2020).

Gli effetti negativi della pandemia non si fermano qua. I dati ISTAT del 2021 registrano importanti cambiamenti nello stile di vita dei giovani italiani. I bambini dai 3 anni in su hanno interrotto, nel 33,7% dei casi, le pratiche sportive e l'attività fisica, consolidando uno stile di vita più sedentario (30,3% nei maschi e 36,9% nelle femmine). Il 66,3% dei ragazzi a partire dagli 11 anni ha consumato bevande alcoliche nel corso dell'anno (54,4% vino, 50,4% birra, 45,4% aperitivi e superalcolici). Il 19% dei ragazzi dai 14 anni ha dichiarato di essere fumatore. Infine, nonostante circa la metà dei ragazzi dai 18 anni in su (50,9%) abbia mantenuto un peso corporeo normale, il 46,2% riporta un aumento del peso corporeo (34,2% sovrappeso; 12% obeso), mentre per il 2,9% si registra una riduzione del proprio peso corporeo (Bologna, 2021).

Giovani adulti e adulti

Malgrado gli importanti effetti negativi registrati sui più giovani, sembrerebbe che la fascia di età che più ha accusato il colpo della pandemia sia quella compresa tra i 18 e i 44 anni. Infatti, questi lamentano frequentemente noia, insofferenza, ansia e depressione sia per le limitazioni sociali sia per problematiche di natura fisica.

In uno studio condotto sul territorio europeo - tra Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Spagna e Polonia - è stato intervistato un campione significativo della popolazione europea (1000 persone per paese), riportando proprio l'incidenza di queste problematiche psicologiche. In generale, il 58% dei cittadini europei intervistati ha mostrato differenti sintomi di disordini psicologici per oltre 15 giorni durante il lockdown (63% per l'Italia) e la maggioranza di loro (61% della media europea e il 67% per la popolazione italiana) afferma di aver avuto almeno due delle sintomatologie citate. In più, il 46% degli europei (50% per la popolazione italiana) riferisce di aver avuto queste problematiche per la prima volta, mentre il 39% degli europei (33% degli italiani) riporta un peggioramento di sintomi preesistenti. Più nello specifico, il 19% degli intervistati europei (20% per l'Italia) riporta sintomi di insonnia, difficoltà nel dormire o di risvegli notturni; il 16% (14% per l'Italia) registra mancanza di energia o debolezza; il 15% (18% per l'Italia) afferma di aver sperimentato sentimenti di tristezza o voglia di piangere; il 14% (17% per l'Italia) ha mostrato paure e timori eccessivi; il 14% (13% per l'Italia) mostra una mancanza di interesse o piacere nelle attività svolte; il 10% (equivalente per l'Italia) ha sperimentato panico e attacchi d'ansia (MaremmaNews, 2020).

Oltre agli aspetti riferiti direttamente al benessere psicologico ora trattato, questa fascia della popolazione ha subito forti stress anche su un piano economico e lavorativo. Infatti, così come la didattica a distanza ha inciso negativamente tanto sui più giovani quanto sui docenti (Cantelmi et al., 2020) anche lo smart working ha avuto effetti negativi sul benessere dei lavoratori, tanto che diverse aziende hanno ritenuto necessario contrastare lo stress dei lavoratori rivolgendosi a specialisti del benessere quali consulenti e psichiatri (Dave, 2020).

Inoltre, da un'indagine condotta nella prima metà del 2020, lanciata attraverso i social-media, si registra come la pandemia abbia inciso sul piano lavorativo, e quindi economico, di molti italiani. Nello studio è emerso che molti lavoratori hanno perso il lavoro (42% a tempo determinato e 35% autonomi). Inoltre, la ricerca evidenzia che l'orario di lavoro è stato fortemente ridotto per diverse categorie di lavoratori: del 54% per i dipendenti a tempo indeterminato, del 60% per i contratti a termine e del 78% per i liberi professionisti, i quali hanno anche riportato una ingente perdita di guadagni nel 94% dei casi (Ferro, 2020), danneggiando ulteriormente il benessere personale e gli equilibri familiari (Camisasca, Miragoli e Covelli, 2021).

Anziani

Come noto, le persone oltre i 60 anni – assieme ai soggetti fragili – sono i più vulnerabili al virus per le loro condizioni di salute più precarie (Armitage e Nellums, 2020). Nonostante ciò, alcune ricerche suggeriscono un'eterogeneità di risposte rispetto all'emergenza sanitaria, suggerendo, da una parte, la possibile presenza di adattabilità e resilienza in questa tipologia di popolazione e dall'altra un importante vulnerabilità a seguito dell'emergenza sanitaria. Ciò che sembra essere discriminante in questa fascia di popolazione sembrerebbe essere l'aver subito o meno un radicale cambiamento nello stile di vita (Tosato et al., 2022). Infatti, gli anziani che hanno dovuto riprogrammare le proprie abitudini riferiscono un'importante perdita di mobilità, un abbassamento nella qualità di vita e un maggiore rischio di future ripercussioni negative sia su piano psicologico che fisico (Tosato et al., 2022; Rasch et al., 2008; Freiberger, Sieber e Kob, 2020; Jain et al., 2021).

Indipendentemente dalla risposta avuta con la pandemia, anche per la popolazione più avanti con gli anni, l'isolamento risulta essere un importante fattore di rischio per il benessere psicofisico. Infatti, il confinamento di queste persone può facilmente innescare sentimenti di ansia e angoscia, promuovendo ulteriori effetti traumatici sul loro benessere (Torales et al., 2020). In più, l'isolamento, oltre a danneggiare gli equilibri familiari, rischia di aumentare stati di stress, ansia e depressione in coloro già fragili da un punto di vista psichico (Cantelmi et al., 2020), innescando, di conseguenza, alterazioni nel sonno e nelle abitudini alimentari, irritabilità e scompensi emotivi (Whiting, 2020).

Tosato e colleghi (2021) riportano come gli anziani abbiano vissuto un sostanziale cambiamento dello stile di vita in conseguenza del COVID-19 pari al 56,3% della popolazione intervistata, mentre il restante 43,7% ha mantenuto le sue abituali attività. Lo studio, in particolare, sottolinea che gli anziani che hanno riferito un peggioramento dello stile di vita erano più giovani, con un più alto grado di scolarizzazione e con una fragilità minore per disturbi clinici. Solo il 43,9% delle persone riferiva di non avere problemi di tipo depressivo, in confronto al 76,3% riportato in periodo pre-pandemico; inoltre, il 50,3% ha riferito una moderata depressione, rispetto ad un 22% pre-pandemia, mentre il 5,8% ha accusato un importante abbassamento del tono dell'umore, rispetto al 1,7% del tasso pre-COVID-19 (Tosato et al., 2021).

Il distanziamento sociale, il senso di solitudine, la difficoltà nell'accedere a cure, causate dalle misure contenitive della pandemia, hanno aumentato il rischio di gravi ripercussioni sulla salute, come una ridotta qualità della vita, difficoltà cognitive, depressione e disabilità (Cacioppo e Cacioppo, 2014; Siette et al., 2021).

Gli aspetti depressivi sembrerebbero aver colpito fortemente gli adulti con più di 50 anni. Infatti, molti studi condotti tra Italia, Spagna e Francia (Arpino et al., 2021), Inghilterra (Fancourt, Steptoe e Bu, 2021), Stati Uniti (Krendl e Perry, 2021) e Canada (Raina et al., 2021) mostrano come i sentimenti di tristezza, i sintomi ansiosi e – in particolare – depressivi siano fortemente aumentati in un breve lasso di tempo, fino anche, a raddoppiare rispetto ai tassi pre-pandemici, decretando anche per questa fascia della popolazione una forte vulnerabilità alle conseguenze dell'attuale emergenza sanitaria.

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Scritto da

Dott. Filippo Andolina

Bibliografia

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