Lo stress e le scelte alimentari

Lo stress può esser buono o meno buono e influenza sicuramente in molti casi il rapporto con il cibo che diventa modalità per calmare.

15 FEB 2022 · Tempo di lettura: min.
Lo stress e le scelte alimentari

È luogo comune dire che lo stress faccia male e che si dimagrisce o si aumenta di peso in relazione allo stress, perché magari si mangia di più o meno a seconda di come si vive la situazione. Il punto è però che, a volte, non si sa come fronteggiare lo stress e soprattutto non conosciamo il modo in cui lo stress influenza il nostro organismo e la nostra psiche e lo stress prolungato possa creare delle situazioni più pesanti che diventano trauma.

Definiamo ora lo stress: per wikipedia è una sindrome di adattamento a degli stimoli stressor ( sollecitazioni/sollecitatori). Lo stress può essere fisiologico e quindi reattivo (lo stress serve per attivare una risposta attiva dell'organismo, di reazione e preparazione), ma può avere anche dei risvolti patologici quando diviene cronico, quando cioè è troppo intenso per troppo tempo.

Quando gli stimoli stressor sono quindi così forti e di intensità elevata, da apparire alla persona come impossibili da gestire (senso di impotenza), ecco che l'evento non viene smaltito ed adattato alle esperienze e con le risorse della persona, ma vissuto come un evento traumatico.

Lo stress per sua natura crea tutta una serie di modificazioni biochimiche: le ghiandole surrenali, direzionate da ipofisi ed ipotalamo, producono una serie di ormoni che vengono usati per fronteggiare lo stato di allerta dell'organismo. Cortisolo affinchè le proteine vengano convertite in zuccheri (glucogenesi) e perché venga inibita l'azione dell'insulina (insulinoresistenza); aldosterone per stimolare il riassorbimento del sodio e quindi, per converso, trattenere i liquidi.

Il sistema ortosimpatico, invece, secerne adrenalina e noradrenalina che causano costrizione dei vasi sanguigni, dilatazione dei vasi muscolari, inibizione del rilascio e dell'efficacia dell'insulina, causando insulinoresistenza e diabete. Questi fattori alterano il metabolismo.

La situazione diventa impegnativa appunto quando lo stress che proviamo diviene prolungato nel tempo e permane di forte intensità: la sovrastimolazione delle surrenali intossica l'organismo, stato che favorisce la riduzione della motilità intestinale e l'aumento della ritenzione dei liquidi organici. Questi sistemi sovrastimolati mantengono alto il livello di attivazione dell'organismo, l'arousal, anche in assenza di stimoli esterni stressor (cado dalla bici, rimonto e cerco di andare stando attento ma il ricordo dell'evento che ho percepito come non controllabile, crea in me una tensione che a sua volta crea stress).

E quindi entra in gioco il tema del trauma: nell'evento traumatico ( ad esempio l'immagine dello sguardo della mamma quando si girava arrabbiata prima di andarsene di casa e lasciarci soli) si deposita nei circuiti dei neuroni e da lì non si muove più bloccando il metabolismo di quella rete neurale: è stata attivata infatti talmente tanta emotività ( paura, rabbia, dolore, senso di debolezza) che l'amigdala ha iniziato a lavorare troppo e si blocca la comunicazione fra i due emisferi. Generalmente infatti, noi funzioniamo in equilibrio fra parti emotive e parti cognitive, fra lobi temporali e corteccia frontale, nelle connessioni fra emisfero destro e quello sinistro.

Nel trauma invece, e nel ricordo di esso, perdiamo la capacità critica, di analisi dell'informazione, di classificazione. Ci dissociamo.

E quindi eccoci al cibo: in certi momenti di solitudine, di dolore, di vuoto, di insoddisfazione, ci si può abbuffare in maniera selvaggia, indiscriminata e incontrollata. Perché questo?

Da un lato perché il cibo è carico di significati: universali ( le coccole, la gratificazione immediata, l'immagine di sé) e culturali (stare insieme mangiando, usare il cibo per calmarsi, per dare conferme a qualcun altro che l'ha preparato con tanto amore…).

Dall'altro perché il cibo è facile: si apre il frigo, si mette in bocca, ci si gratifica, o ci si riempie, ci si calma perché ci si distrae.

Il cibo, ricordiamo essere il primo canale di comunicazione fra i nostri bisogni e nostra madre, la merce di scambio che parla di noi. Quindi è la appunto la cosa più facile. Ma cosa succede, cosa cambia nella nostra mente quando siamo sotto pressione e quali sono i parametri che favoriscono un atteggiamento da stress facile?

L'alienarci da noi, l'essere staccati da noi stessi e dai nostri bisogni, il pensare troppo agli altri, il sentirsi troppo responsabili o troppo indispensabili ma anche poca stima di noi stessi (andrò bene? Sto facendo del mio meglio ma comunque non va…): questi sono alcuni atteggiamenti che impariamo a produrre nelle prime esperienze della nostra infanzia.

E ancora chi ha problemi di peso spesso può esser vittima della rassegnazione, insoddisfatto e sfiduciato di sé, delle possibilità che la vita offre, degli altri. Due estremi di un continuum che sono due parti della stessa medaglia e che, come le cartine di tornasole, lo stress può contribuire a far emergere.

Quante volte alle richieste eccessive di un capoufficio ci siamo morsi le lingua, inghiottito la rabbia che magari abbiamo sfogato a cena perché "almeno qui posso stare al sicuro e mi coccolo"?! E poi magari il capoufficio ci ha tormentati per anni e noi abbiamo, malgrado tutto, interiorizzato l'idea che effettivamente non andiamo bene e che non siamo in grado, e quindi magari cerchiamo di controllare almeno il cibo e magari non mangiamo più!

La fame nasce dalla mente: il nucleo accumbens nel nostro cervello è deputato a mantenere costante il livello di dopamina, il neurotrasmettitore che modula la sensazione di benessere. Quindi se il piacere non arriva da altre fonti (relazioni sociali, movimento, sessualità,appagamento lavorativo, appagamento familiare), la vita diviene piatta e si apre la bocca.

Infatti, anche per la sua natura biochimica, il cibo può calmare lo stress che magari, come abbiamo visto, può emergere perché dietro c'è un trauma, oppure il trauma lo segue: i carboidrati stimolano infatti la produzione di serotonina, cosi come i latticini cha calmano; altresì il cacao e la caffeina funzionanano da eccitanti.

Il cerchio potrebbe quindi essere così: poniamo come esempio una giovane madre con due bambini.

Lavora fino alle 16, il marito fino alle 18.30, a volte si ferma di più. È tutta inserita nel portarli di qua e di là, nel fare la spesa, nell'essere una buona moglie (magari così tanto proprio perché sua madre era sempre al lavoro e lei era sempre traghettata dai nonni o con la baby sitter, e vedeva spesso papà trascurato). Alla sera dopo cena vorrebbe che suo marito la aiutasse, ma con i bambini è più brava lei e poi il marito mette il pigiama all'incontrario quindi fa lei anche se è distrutta. Nel frattempo il marito guarda tv e lei si arrabbia ancora di più. Non ha, lei, momenti di svago, di distensione e comunque se li avesse poi "mi spiace per i bambini" e via cosi. Con il marito si vedono col cannocchiale, e poi comunque sono brutta perché non ho tempo per andare in palestra. Ore 10, bambini a letto: CIOCCOLATA SEI MIA!

Concludendo l'idea è che per stare in forma, prima di tutto, si potrebbe provare a stressarsi di meno, a lasciar correre, a delegare, a perdonarsi di più e ad arrabbiarsi di meno, a cercare di essere meno perfetti e più vivi!

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Scritto da

Dott.ssa Donatella De Colle

Bibliografia

  • "Mindful eating" Teresa Montesarchio Libri in tasca Epc
  • "Chi ti stressa ti ingrassa" Giovanni Occhionero autopubblicazione
  • "Perchè stare a dieta fa ingrassare" Monica Bossi ed Programma

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