Come riconoscere una persona che si vittimizza?

Forse tutti noi, in qualche momento, abbiamo interpretato il ruolo delle vittime per raggiungere qualche obiettivo, ma il vittimismo patologico è qualcosa di diverso.

2 SET 2019 · Ultima modifica: 4 NOV 2019 · Tempo di lettura: min.
Come riconoscere una persona che si vittimizza?

Tutti noi, in qualche momento, abbiamo interpretato il ruolo delle vittime per raggiungere qualche obiettivo. Ma trasformare la vittimizzazione in un'abitudine, come strategia passiva, è una trappola.

Quando una persona assume il ruolo di vittima, perché non può affrontare la situazione che la disturba o perché non capisce il male che la affligge, cerca di raggiungere uno di questi due obiettivi:

  1. inibire l'aggressore: in questo caso la vittima si mostra sconfitta, in una posizione di inferiorità;
  2. ottenere empatia generale: perché una persona "ferita", emotivamente parlando, genera solidarietà attorno a se stessa.

Tuttavia, assumere sempre il ruolo della vittima è controproducente, da un lato perché arriva un momento in cui gli altri non credono più alla storia e la ignorano e, d'altra parte, la posizione di vittima probabilmente è stata così cronica che la persona crede di essere incapace di risolvere i propri problemi o di affrontare il suo aggressore.

Come agisce la persona che si comporta in modo vittimistico?

Soffre come nessuno ha mai sofferto nel mondo. In effetti, i suoi problemi sono più gravi e più urgenti di quelli altrui.

  • Cerca attenzione: invece di cercare un aiuto efficace o un'empatia legittima, la persona vittimizzata cerca di suscitare la pietà degli altri e confermare che non può risolvere i suoi problemi da sola. Questo gioco della vittima potrebbe essersi rafforzato a partire dall'infanzia, quando il bambino è iperprotetto dagli adulti e in questo modo cresce con la convinzione di non avere risorse interne per reagire a situazioni che lo danneggiano.
  • Non si assume le proprie responsabilità: questo punto ha molto a che fare con quello precedente, perché la vittima evita consapevolmente il suo ruolo e le sue responsabilità di fronte ai conflitti. Evita i problemi e preferisce continuare a recitare il ruolo di vittima.
  • Accusa gli altri delle sue disgrazie: la persona che si vittimizza non è in grado di giudicare obiettivamente le situazioni di conflitto perché crede che il mondo intero sia contro di lei. Nessuno pensa come lui/lei, nessuno è in grado di mettersi al suo posto, quando la verità è che sta cambiando la realtà a suo favore per recitare comodamente il ruolo della vittima.
  • Si lamenta continuamente: è la sua attività preferita, perché è la miglior dinamica per giustificarsi e per giustificare il suo ruolo di vittima. Esagera ciò che gli/le procura dolore o ciò che lo/a disturba, ma cerca di dimostrare di aver fatto tutto il possibile perché le cose cambino, anche in fondo sa di non essere forte e non fa alcuno sforzo per cambiare il suo atteggiamento nei confronti di ciò che non gli/le piace.

Perché vittimizzarsi è una trappola?

La persona che si vittimizza rafforza la sua bassa autostima e la sua insicurezza. È più facile portare l'etichetta di "sono un poveraccio", o "nessuno mi capisce".

Quindi, anche se ottiene qualcosa di buono con i suoi sforzi o qualcosa di importante e positivo accade nella sua vita, non lo apprezzerà né saprà dargli il giusto valore perché è immerso nella trappola di "sono solo un fallimento e sicuramente qualcosa di brutto accadrà presto".

Come uscire dal circolo vizioso della vittimizzazione?

Chi assume il ruolo di vittima per molti anni dovrà fare un grande sforzo per uscire da questo circolo vizioso e trovare nuovi punti di vista. È fortemente consigliabile contare sull'aiuto di uno psicoterapeuta, ed è anche importante che le persone vicine cambino radicalmente la loro posizione per non continuare a rafforzare la vittimizzazione.

  • Oggettività: la persona deve imparare a fare un'analisi obiettiva della realtà che lo circonda: va tutto così male come voglio credere o ci sono punti positivi? Mi lamento per abitudine o ci sono cose di cui non vale la pena lamentarsi?
  • Analizzare ogni situazione per stabilire le responsabilità: coloro che si comportano in modo vittimistico hanno l'abitudine di togliere i problemi dal loro contesto e fanno difficoltà a comprendere che in molti casi anche loro hanno delle responsabilità da assumersi. Fino a che punto dipende da me questa situazione? Se c'è qualcosa che non posso cambiare, come posso avere un atteggiamento diverso nei confronti di ciò di cui mi lamento?
  • Basta lamentale: se anche solo per un giorno la vittima cercasse di non lamentarsi di tutto e di tutti, avrebbe modo di capire che la sua sofferenza non è grande come immaginava. Nella maggior parte dei casi lasciare che le situazioni scorrano da sole, senza dare giudizi di valore, è una buona idea per comprendere gli altri e creare relazioni costruttive.
  • Prendi le critiche come parte della vita: non possiamo piacere a tutti e non possiamo pretendere che le relazioni umane siano perfette. Se qualcuno mi critica, invece di saltare sulla difensiva, potrei chiedere a quella perssona cosa intende dire esattamente e perché pensa che non abbia fatto bene le cose o che non abbia svolto adeguatamente il mio compito. Il dialogo potrebbe aprire le porte a nuovi punti di vista, al di là della sensibilità e delle lamentele costanti.

Cosa posso fare se vivo con una persona vittima?

Mostrarle che ha la nostra empatia e la nostra solidarietà, ma farle capire che non possiamo risolvere i problemi per lui o lei. Non siamo più bambini, e non ci sono mamma e papà iperprotettivi che vengono a difenderci o a risolvere i problemi per noi. Siamo noi stessi i proprietari del nostro destino, e chi vive con una persona abituata a lamentarsi di tutto deve fare un esercizio di allontanamento quando vede che l'altro assume una posizione passiva. La persona che si vittimizza capirà gradualmente che deve farsi carico della propria vita.

Importante: non esiste una diagnosi di "vittimismo patologico", ma è comunque interessante indagare e far comprendere gli aspetti patologici del vittimismo.

Articolo pubblicato su Psico.mx

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