C’è chi dice no: il disturbo oppositivo-provocatorio e la terapia breve

Accade tra le mura domestiche o scolastiche è di ritrovarsi con un bambino che “dice sempre no”, che non rispetta le regole, che non fa i compiti, che disturba cercando di attirare l’attenzione...

17 FEB 2023 · Tempo di lettura: min.
C’è chi dice no: il disturbo oppositivo-provocatorio e la terapia breve

Secondo il DSM-5 il disturbo oppositivo-provocatorio fa parte dei disturbi del comportamento e comprende difficoltà d'interazione con adulti e coetanei, tendenza alla sfida e all'istigazione, scarso rispetto delle regole, alle quali il bambino/adolescente si oppone con rabbia. Inoltre si riscontrano anche livelli inappropriati di impulsività, distraibilità ed iperattività a casa e/o a scuola.

Dal manuale al quotidiano

Quello che in effetti accade tra le mura domestiche o scolastiche è di ritrovarsi con un bambino che "dice sempre no", che non rispetta le regole, che non fa i compiti, che disturba cercando di attirare l'attenzione, oppure con un adolescente violento, trasgressivo e che si oppone alle regole. La percezione dei genitori e degli insegnanti è quella di dover gestire un figlio o uno studente un anarchico. Inoltre questi comportamenti spesso compromettono il normale svolgimento delle attività a casa e/o a scuola. Per tale ragione i genitori e gli insegnanti cercano di mettere in atto delle strategie per cercare di arginare il problema, ma che spesso, anche se fatte con le migliori intenzioni, si rivelano disfunzionali.

Le tentate soluzioni: quando tentar nuoce

Come direbbe Oscar Wilde: "spesso è con le migliori intenzioni che si ottengono i risultati peggiori". Infatti le soluzioni che insegnanti e genitori provano ad attuare davanti a queste situazioni possono rivelarsi tentate soluzioni disfunzionali, che non fanno altro che mantenere, alimentare o peggiorare il problema. Una difficoltà viene affrontata in maniera non adeguata quando: si agisce quando non si dovrebbe agire, non si agisce quando si dovrebbe agire o si agisce su un livello diverso rispetto a quello su cui bisognerebbe agire. Inoltre pur non essendo funzionali, queste strategie continuano ad essere messe in atto, non avendo a disposizione altri strumenti. Una delle tentate soluzioni disfunzionali più frequenti è quella di relazionarsi con il bambino/adolescente considerandolo come "difficile", "problematico", o anche "bambino/adolescente con disturbo oppositivo-provocatorio", confermando sia nella percezione del genitore/insegnante, che in quella del bambino/adolescente, che "ci risiamo di nuovo" e che "sarà sempre così" ed alimentando la profezia che si auto-adempie, invece di intervenire "ogni volta come fosse la prima volta".

Ad ogni opposizione corrisponde una terapia breve uguale o contraria

La terapia breve in questi casi può essere un ottimo supporto per il disturbo oppositivo-provocatorio, ma essa tende a non lavorare direttamente con il bambino, poiché in primis i genitori/insegnanti sono considerabili come i migliori terapeuti dei loro figli/studenti, dato che trascorrono con loro gran parte del tempo. Inoltre è molto più proficuo lavorare con i genitori e/o insegnanti, piuttosto che con un bambino o ragazzo problematico che potrebbe boicottare la terapia e rendere vano il nostro intervento. Non venendo fisicamente in terapia, il bambino non subisce l'etichettamento del "bambino problematico che viene portato dallo psicologo e che viene sottoposto alle domande di uno specialista", ma, al contrario, quasi magicamente, attraverso i nuovi comportamenti dei genitori o delle insegnanti, guidati dallo psicoterapeuta, cambierà comportamento.

Infine è bene eleggere il genitore/insegnante a co-terapeuta per evitare l'etichettamento del disturbo oppositivo-provocatorio in sua presenza. Quello che molti sottovalutano è che un bambino quando va dallo psicologo o psicoterapeuta, si sentirà diverso già per il solo fatto che è in cura da uno specialista. Il bambino prima di tutto non deve sentirsi etichettato, né come un bambino difficile né come problematico. Non è difficile lavorare in modo indiretto, è solo diverso, anzi talvolta è anche più semplice. Nietzsche direbbe: "E' semplice rendere le cose complicate, ma è difficile renderle semplici." Tuttavia è bene sottolineare che non si escludono casi in cui si ritiene necessario fare un intervento diretto.

Bibliografia

American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders(5th ed.). Washington, DC: Author

Horigian, V. Robbins, M. Szapocznik (2004). Terapia breve strategica familiare. Rivista Europea di Terapia Breve Strategica e Sistemica n. 1

Scarlaccini F., Tania Da Ros , Flavio Cannistrà (2017). Aiutami a diventare grande. EPC editore

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Scritto da

Dott.ssa Deborah De Luca

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