A che età esporre i bambini ai video-giochi? Quali rischi?

I giochi dei bambini di oggi sono diversi dai giochi che praticavamo noi da bambini: sono diminuiti i giochi all’aria aperta e aumentati i giochi sedentari

14 GEN 2020 · Tempo di lettura: min.
A che età esporre i bambini ai video-giochi? Quali rischi?

I giochi dei bambini di oggi sono diversi dai giochi che praticavamo noi da bambini: sono diminuiti i giochi all'aria aperta e aumentati i giochi sedentari. I giochi sono diventati soprattutto individuali e i bambini, trascorrono davanti ai videogiochi, al televisore e allo smartphone la maggior parte del loro tempo libero, anche da piccolissimi. Ancor prima di iniziare l'esperienza scolastica, dunque, i bambini sono stimolati ad un alfabetismo spontaneo dai nuovi media. Secondo un sondaggio condotto negli Stati Uniti su 900 genitori, la metà dei bambini che non hanno ancora compiuto un anno guardano programmi televisivi, il 36% usa il tuoch-screen, il 15% utilizza le app e il 12% gioca con i videogame. Ben il 72% dei genitori permette ai bambini di utilizzare dispositivi, il 65% dice che serve a tranquillizzarli, il 29% ne permette l'utilizzo prima di andare a dormire (Kabali et al., 2015).

L'opinione pubblica è divisa tra chi è pro e chi contro all'utilizzo dei videogiochi da parte di bambini: i sostenitori pongono l'accento sulle possibilità di sviluppo delle capacità percettive e senso-motorie: i videogiochi faciliterebbero l'approccio alla cultura e al pensiero tecnologico e stimolerebbero i processi mentali (memoria, capacità di pensiero induttivo, processo cognitivo, la capacità di calcolo e di formulazione di strategie vincenti). Gli oppositori si appellano invece ai rischi legati all'utilizzo eccessivo o scorretto, soprattutto da parte dei bambini: dall'adesione acritica a sistemi di significato organizzati da altre persone (adulte) all'incapacità di entrare in contatto con i propri vissuti emotivi, dall'estraniamento dalla realtà alla mancanza di empatia, dall'epilessia fotosensibile alla dipendenza, dalla sedentarietà al soprappeso e ai disturbi alla vista e del sonno. Più discussi ancora i rischi legati ai contenuti violenti o cosiddetti "moralmente deplorevoli" di alcuni videogiochi.

Da non sottovalutare il rischio che i video giochi possano creare dipendenza: durante il gioco con i videogames si verifica un significativo incremento della produzione di dopamina, un neurotrasmettitore che, oltre ad essere coinvolto nell'apprendimento e nel consolidamento mnemonico delle nuove informazioni, è correlato anche con il potenziamento del comportamento aggressivo, legato al piacere ed alla ricerca di nuove ed intense emozioni.

Il bambino è normalmente in condizioni di inferiorità nelle conoscenze e nelle capacità rispetto all'adulto, ma è capace di usare il computer, internet e i videgiochi come mezzo di comunicazione: dialoghi in chat tra sconosciuti, costruzione di un doppio virtuale in 3-D su Internet, scelta di un personaggio in un videogioco, sono i segnali del percorso che il bambino intraprende nella costruzione delle capacità di socializzazione in territori in cui non si conosce l'identità del proprio interlocutore e questo potrebbe mettere i minori in pericolo.

Come cambia il cervello esposto ad internet?

Nel 2012, gli scienziati del University College di Londra guidati da Geraint Rees, ad esempio, hanno recentemente studiato l'effetto di Facebook sul cervello di 125 ragazzi "forti" utenti del social network di Zuckerberg. Esaminando il loro cervello attraverso le tecniche del neuro-imaging 3D, si è scoperto un aumento della materia grigia nell'amigdala (zona cerebrale coinvolta nella memoria emozionale) dei giovani che avevano il maggior numero di amici su Facebook è cioè un potenziamento dell'intelligenza emotiva.

I social network hanno un effetto plasmante sul nostro cervello: ricevere commenti positivi su Facebook attiva un'area del cervello, il nucleus accumbens , coinvolta proprio nei fenomeni di ricompensa, le stesse aree che svolgono un ruolo nei meccanismi delle dipendenze da droghe.

L'indagine è stata condotta tra maggio e agosto 2016 dal Centro per la Salute del Bambino onlus, con la collaborazione dell'Associazione Culturale Pediatri.

L'indagine è la prima in Italia, e una delle poche a livello internazionale, ad aver esplorato le abitudini di utilizzo dei dispositivi digitali in bambini al di sotto dei sei anni. I dati raccolti, nel loro complesso, dimostrano che i bambini iniziano a maneggiare e utilizzare i dispositivi digitali in età molto precoce, in proporzioni che fino a pochi anni fa erano attribuite a bambini di età ben superiore. Le informazioni raccolte rendono conto di livelli di consapevolezza molto variabili e di attitudini in parte contraddittorie. Colpisce ad esempio che, nonostante molti genitori si dichiarino consapevoli di alcuni rischi per la salute psico-fisica, almeno una parte di essi ammetta di usare le tecnologie per tenere buoni i bambini già a partire dal primo anno di vita e in misura crescente in seguito. Se è vero che una rilevante percentuale di genitori appare consapevole che l'introduzione delle tecnologie in età precoce possa aumentare i rischi per la salute psico-fisica dei bambini, questa consapevolezza riguarda maggiormente i rischi per la salute mentale e la relazione piuttosto che quelli fisici legati all'immobilità prolungata che le TD favoriscono. Nel complesso i risultati dell'indagine dimostrano la necessità di un maggior impegno da parte di tutte le persone che si occupano di infanzia, non solo in ambito sanitario ma anche educativo, per supportare i genitori con adeguate informazioni e consigli, iniziando già nei primi mesi dopo la nascita, se si vuole intervenire in tempo utile per evitare usi inappropriati e potenzialmente dannosi delle TD.

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Scritto da

Dott.ssa Erika Leoni

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