Perchè i bambini si rifiutano di andare a scuola?

I bambini possono ad un certo punto dell'iter scolastico rifiutarsi di andare a scuola. Qualche riflessione e indicazione in merito.

8 FEB 2016 · Tempo di lettura: min.
Perchè i bambini si rifiutano di andare a scuola?

Il bambino può manifestare tale disagio a seguito di un periodo più o meno di difficoltà a frequentare la scuola, con assenze frequenti e prolungate, oppure da un giorno all'altro, si rifiuta di andare a scuola, in modo ostinato e aggressivo.

Tale comportamento disorienta i genitori e gli educatori che si trovano ad affrontare una situazione verso la quale si percepiscono impotenti

Che fare?

Tale disagio riguarda l'1-5% dei bambini in età scolare: un fenomeno significativo e degno di riflessioni da parte degli operatori.

Si stima che le tappe evolutive come per esempio l'ingresso nella scuola elementare (5-6 anni) o alle scuole medie (10-11 anni) siano i momenti più critici e delicati, in cui questo disagio può presentarsi.

Il rifiuto scolarenon deve essere confuso con l'assenza ingiustificata da scuola; il rifiuto scolare è caratterizzato da ansia, paura generalizzata, pervasiva, invalidante che rende il bambino fragile e vulnerabile e da sintomi somatici tipici di questo comportamento.

Il bambino può rifiutarsi di andare a scuola fin dal mattina oppure accettare di andarci ma poi chiedere di tornare a casa, insistentemente, sostenendo di non stare bene:

"Ho mal di pancia non ce la faccio!"(Marco, 11 anni)

Può piangere per ore in modo inconsolabile; può agire un comportamento aggressivo. Il pianto inconsolabile di una bambino è di difficile gestione in classe, così come gli agiti aggressivi: tali comportamenti nella maggior parte dei casi esasperano le insegnanti che chiedono alla famiglia di intervenire e risolvere il problema, mentre genitori si preoccupano e si allarmano e sono a loro volta disorientati.

Il bambino che soffre di fobia scolare può riuscire a mantenere gli impegni sportivi e non manifestare difficoltà a stare con gli amici (al parco etc); oppure al contrario può capitare che tenda a isolarsi, a chiudersi in casa ; spesso si limita a uscire solo in compagnia di mamma e papà o dei nonni.

La percezione famigliare è discutibile: si isola il problema alla sfera scolastica, non considerando la natura complessa del disagio.

"Se non ci fosse il problema della scuola, sarebbe tutto ok. Sta con gli amici, va la calcio, Andiamo in vacanza sereni... tutto benissimo. Scia. Tutto ok, davvero. Solo la scuola. La mattina brontola. E alle 10 la maestra mi telefona. Piange dal primo minuto che entra in classe. La maestra non ne può più. Non riesce a consolarlo. Lo vado a prendere e a casa tutto è ok. Ora le insegnanti mi hanno suggerito di andarlo a prendere tutti i giorni a pranzo. Non possono vederlo piangere tutta mattina, disturba."

Caterina, mamma di Giulio, 6 anni, in I elementare

Il rifiuto scolare non è il capriccio, non è il non voler andare a scuola una mattina, oppure il desiderio di trascorrere del tempo con la mamma a casa...

E' un disagio più complesso che merita un approfondimento psicodiagnostico serio e preciso in un prospettiva collaborativa tra scuola, famiglia e professionisti.

Che cos'è?

Il disturbo si caratterizza per

  • sintomi psicologici: ansia e panico, timore, paura, ritiro sociale e agiti aggressivi
  • sintomi organici: vertigini e mal di testa, tachicardia e dolori al petto, dolori addominali, nausea e vomito, mal di pancia e diarrea, dolori agli arti superiori e inferiori; fatica a addormentarsi, insonnia e incubi.

Perché?

Il rifiuto scolare si presenta nella maggior parte dei casi a seguito di eventi del ciclo di vita stressanti che si possono verificare a casa o a scuola; eventi positivi o critici che si presentano nella vita famigliare o scolastica, alcuni normativi (che ci si aspetta possano accadere) altri para-normativi (non ci si aspetta che possano accadere)

  • la nascita di fratellino o di una sorellina;
  • l'ingresso alla scuola primaria o secondaria
  • il rientro a scuola dopo una lunga interruzione (per esempio dopo una vacanza prolungata, come quella estiva)
  • un trasloco o un cambiamento di lavoro di un genitore;
  • problemi di lavoro o economici;
  • la propria malattia o di un membro della famiglia (mamma e papà, nonni, fratellini e sorelle)
  • la morte di un caro (nonno, zio etc)
  • la separazione tra i genitori/dei nonni o relazioni conflittuali in casa;
  • problemi con un insegnante e con il gruppo dei pari (a scuola);

La gestione comunicativa e relazionale dell'evento stressante ha un ruolo significativo e importante nella modalità con cui tutti i membri della famiglia, indi compresi i bambini, vivranno l'evento in sé e le emozioni connesse.

I bambini hanno bisogno in qualunque circostanza essi vivano e attraversano, di essere informati, rassicurati e ascoltati.

É bene informare i bambini con parole semplici e precise di quello che in quel momento sta accadendo: è auspicabile che i genitori informino i bambini della malattia di uno dei due genitori, del motivo del ricovero del padre o della madre in ospedale (o della morte di un nonno, della separazione dei genitori o di quella dei nonni) perché possa il bambino innanzitutto vivere le emozioni e i sentimenti di tristezza a modo suo, con le proprie risorse emotive e cognitive e comprendere gli stati emotivi degli adulti che stanno loro accanto: è assai destabilizzante per il bambino avvertire ansia e preoccupazione a casa, non sapendone i motivi, in quanto il rischio è che il bambino interpreti comportamenti immaginando scenari catastrofici più spaventosi di quello che sono.

"Non capivo, papà era sparito per due settimana, in viaggio? E chi ci credeva. Ma tutti dicevano così. E io pensavo. E' morto. Non lo vedrò più. Ero arrabbiato. Perché non dire le cose? I bambini capiscono."... "e chi ci va a scuola in questo caso. Io no. Sto a casa. Con la mamma. Sono più tranquillo così"

Matteo, 7 anni

Il bambino che avverte che c'è che qualcosa non va e che preoccupa la mamma o il papà, ma non sa, può sviluppare la necessità di dover controllare lui stesso la situazione (stare a casa il più possibile, per esempio) non potendosi più fidare della mamma o del papà che nasconde qualcosa di importante.

E' bene ascoltare e rassicurare i bambini, accogliere le loro paure e le loro preoccupazione, assicurando che la casa e la scuola sono luoghi sicuri, che i genitori e gli educatori saranno loro accanto.

I segreti famigliari creano disagi e disturbi psicologici che si tramutano in comportamenti: i bambini attraverso i loro comportamenti comunicano i propri pensieri, le proprie paure e i propri timori.

Andrea, 6 anni al primo colloquio in studio coinvolto nel "disegno della famiglia", disegna una famiglia di conigli, con orecchie molti grandi e vistose...

Qualche segreto famigliare è dietro l'angolo forse...

Che fare?

Il disagio del rifiuto scolare è di natura complessa in quanto coinvolge il bambino, la famiglia e infine la scuola.

É auspicabile un lavoro di rete tra insegnanti- famiglia e psicoterapeuta perché si possa mettere i campo una strategia comune con obiettivi condivisi.

Se lo psicoterapeuta prende in carico il bambino e la sua famiglia, egli deve essere disponibili a dialogare con le insegnanti che a loro volta devono trovare uno spazio di collaborazione con i genitori stessi e lo psicoterapeuta.

L'EMDR con bambini e adolescenti si è dimostrata una tecnica molto efficace per i disturbi di ansia legati a eventi stressanti e traumatici: numerosi sono i dati disponibili in letteratura che ne testimoniano l'efficacia dell'intervento e il raggiungimento del obiettivo..

Nello specifico per un bambino che manifesta una fobia scolare in psicoterapia si procede con colloqui con

  • I genitori: sono coinvolti in prima persona per una precisa e puntuale preliminare anamnesi famigliare al fine di individuare possibili eventi stressanti a cui la famiglia è stata esposta.
  • Bambino e genitori: si procede con una o più seduta di EMDR con il bambino per la desensibilizzazione e l'elaborazione dell'evento stressante in presenza dei genitori a seconda dell'età del bambino, fino alla completa riduzione della percezione disturbante dell'evento.

L'EMDR è una tecnica particolarmente efficace nella risoluzione di questo tipo di disagio, nella misura in cui si assiste a una significativa diminuzione dell'ansia del bambino stesso e aumento della percezione di auto-efficacia, necessaria perchè il bambino possa con tempi e modi concordati tra scuola e famiglia far ritorno a scuola

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Scritto da

Dott.ssa Cristina Fumi

Consulta i nostri migliori professionisti specializzati in psicologia infantile
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Commenti 2
  • magdalena stefan

    buongiorno, dott. mi chiamo magdalena,ho 42anni ,mio figlio ha 10 anni quasi , soffre di cefalea tensiva da circa 2anni, dal inizio del anno scolastico ha cominciato ad avere più spesso gli attacchi di mal di testa, però il problema è che suo comportamento è cambiato tanto, rifiuta di andare proprio.... dicendo che la scuola gli fa venire il mal di testa, che si stressa perché sono troppo ore e nn ci piace più quando una materia quando un altra ....la mattina piange ,grida di brutto che nn vuole andare a scuola....la verità è che mi ha spaventato una cosa ( faccendomi arrabbiare io gli ho dato due schiaffi e lui si ha messo le mani in testa come per difendersi e si era bloccato tipo senza fiato guardandomi in faccia terrorizzato...) e stato una scena brutta,nn lo aveva mai fatto! Ora ditemi voi come mi devo comportare, cosa ha mio figlio!? grazie!

  • Maria chiappalone

    Mio figlio quando e a scuola la maestra dice che si isola che non parla con i compagni,al contrario a casa e movimentato ride e scherza con il fratello.Come posso aiutarlo a sboccarsi

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