5 aspetti che caratterizzano il disturbo di ansia sociale

L’immagine che prevale di un soggetto affetto da ansia sociale è quella di una persona che trema, balbetta e suda visibilmente dinanzi ad un pubblico. Ma l’ansia sociale è molto di più.

22 LUG 2020 · Tempo di lettura: min.
5 aspetti che caratterizzano il disturbo di ansia sociale

1. L'Ansia sociale non è circoscritta soltanto alla paura di parlare in pubblico

L'immagine che prevale di un soggetto affetto da ansia sociale è quella di una persona che trema, balbetta e suda visibilmente dinanzi ad un pubblico. Tuttavia, l'ansia sociale è molto di più della paura di parlare in pubblico. Le difficoltà associate a chi soffre di questo disturbo possono essere diverse come la paura di fare una conversazione, scrivere un'e-mail, guardare l'interlocutore negli occhi, effettuare una telefonata, alzare la mano per dire la propria in classe, fare giochi di gruppo, fare un partita di calcio, mangiare davanti agli altri etc. Paradossalmente, possiamo trovare persone con ansia sociale che non hanno alcuna difficoltà a parlare in pubblico.

Dinanzi ad una diagnosi di disturbo di ansia sociale, il clinico non indagherà se il soggetto è preoccupato di una situazione di carattere sociale in particolare ma il focus dell'attenzione sarà rilevare se il paziente sta vivendo estrema ansia rispetto a determinate situazioni sociali, tale da interferire con le attività della sua vita. Per esempio, quanto la mia paura di conversare del più e del meno sta rendendo impossibile il mio lavorare in team in ufficio ? Quanto la mia ansia nel parlare con persone in gruppo mi sta impedendo di uscire di casa ? Di socializzare ? etc. E' importante precisare questo aspetto perchè molte persone affette da ansia sociale possono fare fatica a riconoscere se soffrono di questa condizione e questo potrebbe ritardare la loro richiesta di aiuto specializzato peggiorando i sintomi.

2. Chi è affetto da ansia sociale mostra molto più che una semplice preoccupazione all'idea di essere giudicata/o negativamente

Tendiamo a vedere l'ansia sociale come qualcosa che riguarda la paura di provare imbarazzo, non essendo all'altezza di determinati standard, o la paura di mettere a nudo le nostre lacune. Tuttavia, ci sono persone che vivono ansia anche rispetto a feedback positivi e all'essere al centro di attenzione per aver riportato buoni risultati – ad esempio, l'essere lodati per aver preso ottimi voti ad un test, dover ricevere un premio per aver realizzato il progetto migliore. Nella maggiora parte dei casi, questa paura è guidata dalla preoccupazione che ci possa essere stato una sorta di errore e che prima o poi tutti scopriranno che "loro" sono ,in realtà, degli impostori. In questo caso, stiamo parlando della cosiddetta "sindrome dell'impostore"

3. Soggetti con ansia sociale si preoccupano eccessivamente sia del passato che del futuro

Quando parliamo di "preoccupazione", tendiamo a pensare al futuro: per definizione ci preoccupiamo di quello che verrà. Chi è affetto da ansia sociale tende anche a restare impigliato nel pensare al passato: in questo caso stiamo parlando di ruminazione. È come se rivivesse le situazioni sociali vissute nella sua mente più e più volte, ripensando sistematicamente alla sua prestazione: "E se non gli fossi piaciuto per niente? E se avesse pensato che sono stupida e noiosa? Oddio, devo aver detto un sacco di cose inutili!".

Stiamo parlando della "ruminazione post-evento", un modo distruttivo e particolare di vedere il mondo. Ciò implica non solo ruminare sul passato ma anche preoccuparsi circa il futuro. Un pensiero come: "E se non piacessi a nessuno?" ha delle conseguenze negative sul futuro, come: "E se rimanessi solo a vita?".

Più il paziente si imbatte nella ruminazione post-evento, più ha dei ripensamenti su se stesso, più va in ansia sul futuro. Nell'ansia sociale, il soggetto resta bloccato in un loop mentale di rimorsi sul passato e preoccupazioni sul futuro. Questo modo di processare i pensieri è difficile da interrompere, ma è la chiave per superare l'ansia sociale. La terapia cognitivo comportamentale può essere utile perchè permette di lavorare sulla consapevolezza del funzionamento del paziente e l'applicazione di strategie di coping per la gestione dell'ansia.

4. L'ansia sociale non equivale all'introversione

Essere introversi è semplicemente una caratteristica di personalità ed è opposta all'estroversione. Entrambe fanno riferimento alla quantità di interazione sociale che una persona ricerca o di cui una persona ha bisogno e non ha niente a che vedere con la paura o l'ansia delle situazioni sociali. Soggetti introversi non necessitano di molta interazione sociale, mentre gli estroversi hanno bisogno di una quantità maggiore di interazione sociale. Così un introverso lascia la festa dopo un'oretta, l'estroverso è l'ultimo ad andarsene. Un introverso dà molto più valore ai suoi "spazi personali" e tende a "stancarsi" più in fretta di stare in situazioni di interazione sociale. Ma la quantità di interazione sociale di cui abbiamo bisogno non ha niente a che fare con l'ansia circa situazioni sociali.

L'indicatore di ansia sociale sarà non l'introversione o l'estroversione ma il grado di intensità di ansia con cui determinate situazioni sociali vengono vissute da una persona introversa o estroversa che sia.

5. Non è sempre semplice identificare l'ansia sociale

Si tende a credere che chi soffre di ansia sociale si nasconda ed eviti qualsiasi forma di vita sociale, come la partecipazione a feste. Questa visione non è corretta per due ragioni. La prima è che, come abbiamo già detto, l'ansia sociale si manifesta in maniera eterogenea. La seconda è che, sebbene chi soffre di ansia sociale, sia portato ad evitare quelle situazioni che evocano ansia, l'evitamento non equivale a "non presentarsi affatto" in quella situazione. Possiamo identificare , in realtà, diverse forme "subdole" di evitamento. Per esempio, vado ad una festa ma impiego esclusivamente il mio tempo a bere alcolici o a fissare lo smartphone. Si tratta di forme di evitamento che rischiano di creare dipendenza. Nel corso del tempo, la persona finisce per affidarsi sempre di più a quella determinata "strategia" per ridurre l'ansia. Questo porta nel breve termine ad alleviare lo stato di tensione, ma a lungo termine costituisce un fattore di mantenimento dell'ansia, incrementando sempre di più la probabilità che la persona metta in atto quel comportamento di evitamento. Nel caso in cui si tratti di uso di sostanze o di alcolici, si aggiungono tutti i rischi del caso come il possibile sviluppo di una dipendenza da sostanze.

 

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Scritto da

Dott.ssa Maria Teresa Caputo

La dott.ssa è Psicologa e Psicoterapeuta ad indirizzo Cognitivo-Comportamentale, iscritta all'ordine degli Psicologi della Regione Campania. Svolge la professione privatamente occupandosi di disturbi d’ansia, depressione, disturbo ossessivo compulsivo, lutto nell’ età evolutiva e nell’età adulta.

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