Termine della terapia da parte dell’analista

Inviata da Cecilia · 10 giu 2020 Psicoterapia

Buongiorno, ho 43 anni e l’anno scorso ho seguito un percorso di terapia classica (immagino perché non mi è stato riferito)durante la quale sono riuscita ad avere un discreto risultato. Solo che il mio analista ha insistito per chiudere l’analisi annunciandomi però che avevo ancora tanto da lavorare e, in più di un occasione, mi ha ridicolizzata dicendomi che se mi faceva piacere fare una chiacchierata sarebbe stato disponibile perché lo pagavo. Aggiungo che in più di una seduta scherzava in modo erotico con me.
L’ultima seduta abbiamo avuto un dibattito sul Covid e mi ha lasciata con la frase relativa al costo della seduta.
Per evitare di chiamarlo per un incontro, (Rispetto al quale mi avrebbe presa in giro per la questione del costo)gli ho scritto una lettera alla quale dopo due settimane non ho ancora ricevuto risposta.
Mi sento abbandonata dalla persona cui avevo riposto la mia fiducia e non so se l’abbia fatto apposta o abbia tenuto un comportamento non professionale.

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Miglior risposta 24 GEN 2022

Buongiorno. Gli interventi che lei descrive nel suo messaggio non sono interventi da "psicoterapia classica". Quel che lei racconta, anzi, sembrerebbe deontologicamente perlomeno discutibile. D'altra parte, chiedere qui quale terapia possa essere più adatta a lei, sarebbe come chiedere ad una platea di 10 osti quale sia il vino migliore: ciascuno risponderà che il vino migliore è il proprio (ed io non faccio certo eccezione). Sono uno psicoanalista “classico”, sono socio della Società Psicoanalitica Italiana (S.P.I.), riguardo alla quale può reperire utili informazione al sito internet spiweb.it. Ovviamente ritengo che il vino migliore sia quello psicoanalitico ed ora, se avrà la pazienza di leggere fino in fondo, vorrei spiegarle perché lo penso.
Spesso, comprensibilmente, i pazienti partono dal presupposto che, come in medicina, a sintomi diversi corrispondano specialisti diversi. In effetti in medicina (intendo nella medicina “ufficiale”, quella validata dalla comunità scientifica internazionale) c’è un modello condiviso del funzionamento del corpo umano, quindi è naturale che a sintomi diversi (mal di ginocchio, mal di denti, ecc.) corrispondano specialisti diversi (ortopedico, dentista, ecc.). Il problema è che la scientificità della psicoterapia non è paragonabile a quella della medicina e quindi questa aspettativa sulle “specializzazioni” è destinata ad andare delusa. In psicoterapia infatti, non esiste una teoria del funzionamento della mente umana che sia unica, validata e condivisa dalla stragrande maggioranza della comunità degli psicoterapeuti. Al contrario, i principali orientamenti psicoterapeutici partono da presupposti anche molto diversi fra loro, ed arrivano quindi a proporre, PER LO STESSO SINTOMO, modalità di trattamento molto diverse. L’esempio più classico è quello che confronta il modello psicoanalitico col modello cognitivo-comportamentale. Gli psicoanalisti teorizzano l’esistenza di una mente inconscia accanto a quella cosciente, quindi, se ad es. io ho paura dei cani, per superare davvero e profondamente questa paura dovrei, attraverso l’analisi, arrivare a comprendere i collegamenti e le causalità inconsce che stanno all’origine della paura stessa. Per l’approccio comportamentistico, invece, la questione della mente e dell’inconscio è paragonabile ad una sorta di “scatola nera” che non si può aprire e non si può conoscere in alcun modo. Molto più utile, dicono loro, studiare e lavorare sulla correlazione tra stimoli che la persona riceve dall’esterno e risposte osservabili che la persona dà a quegli stimoli. Non è necessario tirare in ballo, come fanno gli psicoanalisti, la mamma, il papà, l’infanzia, i sogni… Semplificando, se il paziente di cui sopra ha paura dei cani, io terapeuta comportamentista, attraverso un percorso graduale, comincerò a parlargli dei cani, a farglieli conoscere meglio cognitivamente, poi passerò a mostrargli fotografie e filmati di cani, più avanti magari porterò un cane in seduta e piano piano, attraverso la mia mediazione terapeutica, farò avvicinare il mio paziente al cane, arrivando a farglielo toccare ed accarezzare, a farlo giocare con il cane insieme a me terapeuta, ecc. Alla fine del processo il mio paziente sentirà di aver superato la paura dei cani.
Quindi, a parità di dignità teorico-clinica (ad oggi non esiste un orientamento più “vincente” di un altro), la scelta di un terapeuta piuttosto che l’altro può essere “obiettiva”? Secondo me no, è un fatto soggettivo. In un certo senso è una questione di gusti, anche se di solito il paziente medio non sa nulla di queste diversità di metodo psicoterapeutico e, giustamente, si rivolge a caso a chi gli capita, vuoi perché raccomandato da un conoscente, vuoi perché (o tempora…) il terapeuta è più visibile sui social media. Di solito sulla scelta influiscono pesantemente fattori contingenti ed esterni che dovrebbero essere secondari ma che sono sempre più decisivi: durata prevista della terapia, costo in denaro, frequenza delle sedute settimanali.
Visto però che lei è tra i pochi che si pongono la questione della scelta dell’approccio psicoterapeutico, vorrei suggerirle un criterio a mio parere fondamentale. Anche qui c’è un preambolo. Gli psico- (psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, psicoanalisti, ecc.), e più in generale chi faccia delle professioni “di aiuto” (medico, infermiere, OSS, educatore professionale, assistente sociale, ecc.) sono da considerare personalità complesse e problematiche. Psicoanaliticamente parlando, scegliere di “aiutare gli altri” deriva da una necessità (a volte inconscia, altre volte cosciente al soggetto stesso) di aiutare se stessi, di curare e riparare la propria storia di vita e le proprie sofferenze individuali. Non a caso si parla di “professioni riparative” (ma lo stesso discorso potrebbe essere fatto anche per una non-professione come il volontariato). Da ciò, sempre in un’ottica psicoanalitica, deriva la necessita che il terapeuta, prima di essere terapeuta, sia stato paziente, abbia fatto una psicoterapia o una psicoanalisi personale che lo abbia reso una persona in qualche modo “risolta” e “riparata”. Come potrei occuparmi dei problemi degli altri se fossi ancora immerso nei miei problemi personali? Inoltre, fare esperienza, come paziente, del processo di cambiamento interiore, conferisce al futuro terapeuta una marcia in più rispetto a chi non ha mai sofferto: attraversando il fiume della mia sofferenza e arrivando sull’altra riva ho appreso (non tanto cognitivamente quanto affettivamente) come funziona il processo della “guarigione” In questo modo, diceva Freud, si trasformano le difficoltà originarie dello psicoanalista in vantaggi nella comprensione dei futuri pazienti. Un’ultima considerazione a sostegno della tesi della necessità di psicoterapia per i futuri psicoterapeuti, risiede nel fatto che lo strumento di lavoro dello psicoanalista sia la propria mente (ed il proprio inconscio), quindi, se non la “tarassimo” per bene rischieremmo di attribuire al nostro paziente questioni ed emozioni che magari sono nostre, facendo una gran confusione e non essendo d’aiuto alla persona che abbiamo davanti. Il chirurgo ortopedico che opera il menisco non è necessario che abbia prima avuto un intervento al proprio menisco. Per lo psicoterapeuta non è così.
In conclusione, la invito a sondare direttamente con il suo futuro terapeuta, non solo il tipo di metodo che egli utilizzerà, ma soprattutto se nel suo percorso formativo ci sia stata una psicoanalisi o una psicoterapia personale, di che tipo sia stata, quanto sia durata e che frequenza settimanale abbiano avuto le sedute. Più a lungo e più intensamente un terapeuta è stato analizzato, con più fiducia un paziente può mettersi nelle sue mani.

Dott. Massimiliano Castelvedere Psicologo a Brescia

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6 LUG 2020

Buonasera Cecilia,
quello che racconta mi lascia l'amaro in bocca in quanto la fine di una terapia è sempre un momento delicato e io credo che vada concordato fra terapeuta e paziente.
Ovviamente non posso sapere perché il collega si sia comportato in questo modo, ma è possibile partire da quello che Lei sa.

Cerchi di focalizzare l'attenzione su quello che ha appreso da questo percorso, è soprattutto merito Suo, raccolga le idee per capire se c'è qualcosa su cui vuole ancora lavorare e nel caso si affidi ad un terapeuta che possa sostenerla con maggiore professionalità.

A presto,
Roberta Collalti
Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

Dott.ssa Roberta Collalti Psicologo a Roma

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24 GIU 2020

Cara Cecilia,
la conclusione di una terapia è un momento molto delicato perchè comporta da parte del paziente la presa di consapevolezza del distacco dal terapeuta, persona sulla quale si riponeva fiducia e rispetto. La sua esperienza credo le abbia lasciato un forte senso di incomprensione e di vuoto che meritano di essere affrontati. Non credo sia utile insistere con il vecchio terapeuta dati i numerosi segnali della sua non volontà di riprendere gli incontri; potrebbe essere più utile cercare una nuova figura che potrebbe aiutarla a capire il senso di quello che ha vissuto a partire da lei e che potrebbe guidarla a riprendere il cammino psicologico da dove lo aveva interrotto. Sul sito troverà tante figure a cui poter chiedere aiuto per una terapia in presenza oppure on-line. Rimango a disposizione nel caso avesse bisogno.
Un caro saluto.
Dott.ssa Simona Daledo

Dott. ssa Simona Daledo Psicologo a Pavia

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16 GIU 2020

Cara Cecilia, se ha raggiunto qualche obiettiva che la fa sentire meglio, se ne prenda il merito. Per il resto descrive una relazione terapeutica in cui qualcosa non va. Professionalmente trovo scorretto che un terapeuta tronchi una terapia (a meno che non vada in pensione). Se permane un senso di incompiutezza, si cerchi un altro/a psicoterapeuta (preferibilmente non analista), Cordialmente.

Dott. Ivano Ancora Psicologo a Torino

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16 GIU 2020

Buongiorno Cecilia
Io leggendo la sua mail ho pensato, ma come mai cecilia continua a voler andare da questo collega dal momento che nn si trova bene?
Valuti un po cosa la porta a voler persistere..
Serena giornata a lei
Dott.ssa Alice Vacca

Dott.ssa Alice Vacca Psicologo a Quartu Sant'Elena

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16 GIU 2020

Salve
Mi sento di suggerirle di contattare un altro terapeuta e poter affrontare con il nuovo questo suo abbandono. Perché da quanto scrive sembra proprio lo sia.
Può darsi che un terapeuta suggerisca la fine di un percorso e che certo certi modi vitali possono rimanere. Ma di sicuro si fa con un percorso comunque di accompagnamento. Non un’interruzione immediata.
Non so dove abita.
Tramite questo sito potrà provare a trovare un terapeuta vicino alla sua residenza o luogo di lavoro.
In caso io effettuo anche terapie online
In bocca al lupo
Claudia Corti

Dr.ssa Claudia Corti Psicologo a Empoli

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12 GIU 2020

Buongiorno sig.ra cecilia, i colleghi prima di me hanno toccato molti punti mi portanti sui quali concordo. Avrei due domande, alle quali può rispondere qui o anche fra sé e sé: ha controllato l'iscrizione all'ordine di questo "analista" e il suo inserimento nell'elenco degli psicoterapeuti? la seconda è più a lei: per quale motivo ci ha raccontato che cosa è successo? nel senso, che cosa vorrebbe adesso?

Dott.ssa Giuliana Gibellini Psicologo a Carpi

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12 GIU 2020

Buongiorno Cecilia,
sicuramente è una situazione delicata e occorrerebbe comprendere le ragioni di tale comportamento. Sentirsi abbandonati dopo un tale gesto è assolutamente normale, in quanto il terapeuta rimane sempre un punto di riferimento importante.
Se avesse piacere potremmo parlarne privatamente in quanto argomento delicato che va preso con le dovute cautele.
Un caro saluto.

Dottssa Isabella Ciardo Psicologo a Cesena

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11 GIU 2020

Buona sera Cecilia, indipendentemente dal comportamento del terapeuta, se lei sente ancora qualcosa in sospeso credo sia opportuno parlargli apertamente per capire insieme il modo più corretto di interrompere un percorso che a quanto scrive le ha dato un discreto risultato. Cosi facendo può colmare quell'abbandono e chiudere un percorso che sicuramente andava concordato insieme e per tempo. Non entro nel merito delle battute ridicolizzanti o a sfondo erotico di cui parla dato che non se ne conosce il contesto. Chissà che il terapeuta non abbia interrotto così bruscamente il percorso proprio perché resosi conto di non aver rispettato i confini professionali. Non si arrenda, può trovare un terapeuta più affine alla sua persona. A disposizione

Dott.ssa Jessica Agnelli

Dott.ssa Jessica Agnelli Psicologo a Cepagatti

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11 GIU 2020

Gentile Cecilia,
Lei ha detto che il professionista scherzava in modo erotico ma non ha dato delle specifiche,ha detto anche che l'ha ridicolizzata sul costo della seduta ma non mi è chiaro neanche questo... è strano che un terapista decida di chiudere quando ritiene che c'è ancora molto da lavorare,ma se si è sentita ridicolizzata e trattata in maniera inopportuna si senta libera di contattare una persona diversa,soprattutto se ritiene di avere ancora bisogno di lavorare su di sé. Dispiace,ma purtroppo capita di non entrare in sintonia e/o di non comprendersi..
Cordialmente,
Dott.ssa Comi

Dott.ssa Gabriella Comi Psicologo a Reggio Calabria

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11 GIU 2020

Buongiorno, questa esperienza è sicuramente difficile da accettare e da comprendere ancora di più da elaborare proprio per la fiducia che riponeva in lui. Ha parlato di un percorso che comunque ha portato a dei risultati ma che poi il suo analista, senza molte spiegazioni, ha deciso di interrompere. Se lei pensa che possa aiutarla, per non rimanere "sospesa" e per non sentirsi abbandonata, potrebbe cercare un confronto con lui per capire cosa effettivamente lo ha portato a questa decisione in modo da lavorare sulla chiusura della terapia e sui suoi vissuti attuali.
Cordialmente Dott.ssa Sofia Aiello.

Dott.ssa Sofia Aiello Psicologo a Selargius

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11 GIU 2020

Gentile Cecilia, non avendo la versione del suo analista quello che mi sembra importante è che, indipendentemente dalle motivazioni e dal comportamento del terapeuta, per lei sono rimasti in sospeso dei punti importanti del suo percorso e delle incertezze riguardo la relazione che le generano un malessere. Il trattamento terapeutico non è a senso unico ed ogni decisione, anche sul termine del percorso, dovrebbe essere concordata tra paziente e terapeuta. Non conoscendo i metodi utilizzati dal collega, quello che posso dirle è che probabilmente questi non erano adatti alla sua persona, per cui il mio consiglio è di cercare un altro professionista a cui rivolgere tutti i suoi dubbi e continuare un percorso che la aiuti a risolvere le sue difficoltà senza sentirsi giudicata o ridicolizzata.
Un augurio. Resto a disposizione per eventuale consulto
Saluti, Dott.ssa Ferraro Francesca

Dott.ssa Francesca Ferraro Psicologo a Pontassieve

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11 GIU 2020

Mi dispiace molto per questa brusca interruzione posso immaginare quanto questo la ferisca e metta a dura prova la sua fiducia. Sicuramente la fine di un trattamento si decide insieme e si concorda mesi prima così da potersi preparare a questa separazione. Così non è stato e qualcosa non ha funzionato! Non entro nel merito delle battute con atmosfera erotica e ridicolizzante poiché solo voi che eravate presenti ne conoscete il tono e il contesto, certo è che sarebbe stato opportuno parlare del suo stato d animo per poter sia andare ad analizzare se si erano attivate sue difese nei confronti della terapia sia per permettere al terapeuta di calibrarsi in modo da non metterla a disagio e farla sentire accolta. Quanto è durato questo percorso? Una Psicoterapia è comunque basata su una relazione e a volte purtroppo succede che qualcosa non funzioni in questi casi la cosa migliore che un terapeuta onesto può fare è interrompere il percorso se si rende conto che non la sta aiutando anche se questo è doloroso. Non si arrenda troverà un terapeuta più adatto a lei.

Anonimo-179487 Psicologo a Pescara

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11 GIU 2020

Cara Cecilia, è molto spiacevole ciò che racconti.. in assenza di un chiarimento diretto con il tuo terapeuta puoi fare solo delle ipotesi e se pensi che lui non abbia rispettato i confini professionali potrebbe essere questo il motivo per cui ha deciso di chiudere la terapia.
Dott.ssa Michela Roselli

Dott.ssa Michela Roselli Psicologo a Aprilia

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11 GIU 2020

Gentile Cecilia,
mi dispiace molto per ciò che ha vissuto. Sentirsi ridicolizzati e abbandonati è spiacevole e doloroso. La chiusura di una terapia può rivelarsi complicato, dalle sue parole sembra che sia accaduto qualcosa che ha disturbato la comunicazione tra voi. Credo che abbia fatto bene a scrivere una lettera in cui mi auguro che abbia espresso tutte le sue emozioni e le sue perplessità. Mi auguro anche che il suo terqpeuta le risponda. A volte occorre tempo e suggerisco anche a lei Cecilia di prendersi tempo per riflettere ancora su quanto accaduto, magari anche alla luce di quanto ha imparato su di sè e sulle sue modalità di stare in relazione. Se le sembrerà utile potrà anche pensare di cercare un altro terapeuta con cui confrontarsi...
Un caro saluto
Dott.ssa Franca Vocaturi

Franca Vocaturi Psicologo a Torino

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11 GIU 2020

Gentile Cecilia,
chiaramente non posso entrare nel merito delle decisioni e delle modalità relazionali del collega, ma conosco sufficientemente bene le regole del setting ed il codice deontologico per distinguere comportamenti professionalmente etici da altri che nulla hanno a che vedere non solo con una relazione terapeutica, ma anche con una qualsivoglia relazione sana. Preferirei non entrare nel merito dei tanti episodi che ha menzionato nella sua richiesta, sarebbe vano; la invito invece a trasformare questa situazione altamente frustrante e potenzialmente rischiosa per il suo equilibrio in una occasione di ascolto e di riscatto. Provi ad ascoltare i sentimenti e le emozioni che hanno risuonato in lei la prima volta che ha notato un comportamento sgradevole da parte del suo ex terapeuta, rammentando anche le sensazioni fisiche che sono sopraggiunte (o eventualmente quelle che sopraggiungono ora mentre ci ripensa), respirarci un po' su e tentare di lasciar andare, distanziando il ricordo. Sarebbe interessante che lei divenisse consapevole di cosa le ha impedito allora di dire no ed andarsene, e se le è familiare subire talvolta comportamenti altrui che le generano disturbo. I vissuti che lei porta, e per i quali richiede chiarezza a questa piattaforma, richiedono seriamente di essere rielaborati, anche se mi rendo conto del rischio che la sua fiducia nei confronti della psicoterapia rischia possa essere seriamente compromessa. Un'ultima cosa: se è rimasta in terapia malgrado alcuni comportamenti non graditi, probabilmente qualcosa di utile sarà accaduto, e le motivazioni con cui il collega ha deciso di concludere il percorso avranno pure un loro senso; la invito ad ascoltare anche questo contenuto, cercando di tenerlo separato dalle modalità con cui è stato espresso, ed a rifletterci un po' su per maturare una risposta interna, per quanto possibile, più obiettiva.
Le auguro il meglio.

Daniele Sandri Boriani Psicologo a Pescara

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11 GIU 2020

È molto difficile esprimere un parere nei confronti di un collega e non sarebbe deontologicamente professionale da parte mia. Lasciata un attimo da parte la correttezza professionale è comunque difficile ed inopportuno in quanto non avrei comunque gli elementi per valutare tutto il percorso fatto insieme da voi. Evidentemente anche i rapporti fra terapeuti e pazienti sono rapporti fatti da persone umane e ciò li espone a diversi esiti anche nelle migliori intenzioni dei terapeuti e dei pazienti stessi. Quello che mi sento di dirle in tutta onestà è parlare con un altro/a collega per capire cosa è accaduto e cosa ha lasciato in lei questa esperienza che di certo racconta con amarezza e delusione. Resto a disposizione per chiarimenti e la saluto cordialmente. Dott.ssa Daniela La Porta

Dott.ssa Daniela La Porta Psicologo a Roma

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