Grazie a chiunque si soffermerà a leggere questo ennesimo, sfibrante e sfilacciato racconto di me a cocci.
Vorrei forse un abbraccio, forse una risposta-linea che unisca punti da sempre disconnessi.
Sono una giovane donna che dalla prima adolescenza (ma ho ricordi nebulosi già infantili) soffre di psicopatologie evolutesi nel tempo: ansia, depressione maggiore, doc, disturbo alimentare (anoressia).
Ho fatto tanti anni di psicoterapia, tanti di cure farmacologiche.
Quest'anno per la prima volta, su consulto psichiatrico, ho provato (per ora) la rimozione farmacologica da antidepressivo.
Riconosco di non essere più in una fase cronica depressiva..
Eppure i miei picchi continui di down, la mia "incapacità di stare al mondo", la mia rabbia/ansia ingestibili, l'autolesionismo (all'epoca fisico, ora più sottile), i pensieri suicidarsi qua e là, l'angoscia-vuoto a spot, l'instabilità emotiva perenne, la fatica ad affrontare i (sovra)stimoli della "normalità"/sociali..
Per la prima volta nella vita mi hanno fatto pensare che tutte le patologie sovrascritte potessero essere in realtà comodità di qualcosa di più complesso.
E gli imput disconnessi sono diventati una figura dai tratti - forse - più nitidi: disturbo borderline di personalità.
Ed ogni cosa avrebbe un senso, nel mio caotico delirante esistere: funziono in modo diverso.
Potrei esserlo, potrebbe esserlo?
È un ossessione, attaccarsi ad una diagnosi (che è un po' un pezzo di carta..).
Ed anche la ricevessi, che miglioramento apporterebbe al di là della mera consapevolezza?
Forse validazione, forse respiro.
La mia terapeuta non mi risulta abilitata agli iter psicodiagnostici e leggendo online mi sembrano macchinosi e complessi.
È così, occorrono delle abilitazioni specifiche?
Grazie, di cuore, a chi si soffermerà.
È una vita di sofferenze tritacarne..
In cui, tra l'altro, trascino chiunque sia vicino a me.
Eppure ultimamente ho pensato proprio che no, non riesco a stare al mondo e alla sua complessità.
Ma se non avessi responsabilità e tutto il tempo e le possibilità da dedicarmi..
Riuscirei, a fatica ma riuscirei, a vivere la quotidianità mantenendomi in equilibrio.
Questo, cerco ogni giorno.
Di mantenere una bassa marea, nella più oscura improvvisa e costante delle mareggiate.
Grazie, sempre
Miriam
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15 MAG 2023
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Gentile Miriam,
non credo che ricevere una diagnosi sia del tutto inutile, come tu stessa hai scritto potrebbe colmare un bisogno di validazione e non è cosa da poco. Inoltre in ambito psicologico non esiste solo la diagnosi medica (la mera etichetta), ma tramite un percorso psicodiagnostico approfondito, tramite colloqui e somministrazione di test standardizzati, si può arrivare ad una diagnosi descrittiva del funzionamento della persona a 360 gradi, dal punto di vista emotivo, relazionale, comportamentale e cognitivo e facendo anche un confronto tra aspetti consapevoli e non. In genere dura 5 o 6 incontri e sì, è un po' impegnativo ma sicuramente alla fine avrai una consapevolezza di te stessa totalmente differente e forse potresti anche comprendere quale sia il filo logico che unisce tutte le tue sofferenze.
Rimango a disposizione se vuoi fare anche solo una chiacchierata per saperne di più.
Cordialmente,
dott.ssa Valeria Passavanti
17 MAG 2023
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Miriam davvero vuole una diagnosi?
Per approdare a cosa?
Tipo coccarda da appuntare sulla giacca?
Si sentirebbe al sicuro dopo?
Scriva un libro affascinante piuttosto.
O delle poesie pittoriche.
È tanto brava a scrivere.
Io le leggerò volentieri.
15 MAG 2023
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Gentile Miriam,
poichè nel disturbo borderline di personalità spesso confluiscono in comorbilità diversi altri disturbi anche da lei menzionati (ansia, depressione maggiore o bipolare, instabilità emotiva, forte impulsività, autolesionismo e pensieri suicidari, anoressia nervosa ed altri ancora) la diagnosi ipotizzata è verosimile ma non è certo risolutiva per il suo malessere e questa etichetta nulla aggiunge o toglie anche perchè il trattamento rimane lo stesso e cioè psicoterapeutico (preferibilmente cognitivo-comportamentale) e farmacologico (antidepressivi, antipsicotici e stabilizzatori dell'umore).
Presumibilmente la psicoterapia e la terapia farmacologica devono essere modulate in cicli periodici in relazione alle condizioni cliniche del paziente.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).
13 MAG 2023
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Gentilissima Miriam, la sua sofferenza è palpabile! Grazie per la condivisione, ma avere una diagnosi può facilitare solo la comprensione delle manifestazioni del momento, il resto del lavoro lo si deve fare insieme ad uno specialista che gli offrirà strumenti per superare il dolore e l’angoscia che prova. Dovrebbe parlare liberamente con la sua terapeuta dei dubbi che ha, dell’oscurità che sente. ll vero luogo dove si affronta se stessi, dove può crescere la consapevolezza è all’interno della relazione terapeutica. Per questo la esorto ad andare dalla sua specialista o da un altro/a. E’ evidente che ha bisogno di aiuto, non faccia trascorrere inutilmente del tempo che può alleviare il suo dolore. Spero di esserle stata d’aiuto.
Cordialmente
Dr.ssa Maria Meledandri
13 MAG 2023
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Gentilissima Miriam, la ringrazio innanzitutto per la profonda condivisione. Comprendo la situazione che descrive, nonchè le fatiche emotive che sta sopportando. Non deve essere per nulla facile convivere quotidianamente con tutto questo dolore. Credo che intraprendere dei colloqui di terapia potrebbe aiutarla ad esplorare e comprendere a fondo quelle che sono le motivazioni sottostanti il suo dolore, in modo da individuarne le cause e trovare insieme delle strategie per ritrovare il tanto meritato benessere psicofisico.
Resto a disposizione!
AV
13 MAG 2023
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Cara Miriam,
Non credo che dare delle etichette e fare diagnosi potrebbe aiutare a cambiare qualcosa visto il tuo percorso che hai descritto qui.
Piuttosto andare più in profondità a conoscere e riconoscere quel sentire che ti spinge a tornare in queste dinamiche poco sane per te.
Spesso è la paura di toccare e successivamente accogliere quel dolore atavico.
Credo fortemente che ogni nostra parte va riconosciuta, accolta, accettata e integrata al fine di aprirsi alla Vita e vedere tutta la nostra bellezza per ciò che siamo.
Per qualsiasi chiarimento rimango a disposizione
Buona giornata
Dott.ssa Daria Arboretti
13 MAG 2023
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Cara Miriam,
grazie per la sua condivisione.
Come dice lei, riceve una diagnosi è inutile, se significa solo attaccarsi ad un’etichetta. Allo stesso tempo, però, può dare sollievo, riscoprire che tutta la sofferenza che si sta provando ha un nome: qualcuno l’ha studiata, altre persone la hanno, esistono dei trattamenti. Questo sempre ricordando che a parità di disturbo siamo tutti diversi, e che noi e il nostro funzionamento siamo sempre più di una semplice lista di criteri.
Ora, io non so rispondere alla sua domanda in merito alla diagnosi specifica, ma posso senza dubbio suggerirle di parlarne con la sua terapeuta: condivida i suoi dubbi, le dica perché sarebbe importante per lei approfondire questo aspetto.
Rispetto all’abilitazione a iter diagnostici sarà lei stessa a risponderle: è vero che esistono delle specializzazioni in merito; è vero anche che, per legge, lo psicologo è abilitato alla diagnosi ed è molto plausibile, che essendo specializzata in psicoterapia, la sua terapeuta sia in grado di darle delle risposte.