Non ambisco a nulla nella vita

Inviata da Gareth019 · 5 gen 2024 Autorealizzazione e orientamento personale

Salve a tutti, sono un ragazzo di 19 anni e mi ritrovo in una condizione particolare. In pratica io fin da bambino non ho mai avuto interessi particolari. Ho fatto 5 anni di karate per poi mollare nonostante avessi promesso di continuare fino a raggiungere la cintura nera, ad un certo punto dato che dove facevo io karate ogni anno venivano bambini più piccoli non facevo progressi per cui ho deciso di cambiare luogo ma il primo giorno che ho provato in una nuova palestra mi è stato detto che per mantenere la cintura che avevo avrei dovuto mostrare cosa sapevo fare altrimenti sarei ripartito dall'inizio, li c'erano ragazzi più grandi di me. Comunque sia dopo quel giorno di prova non sono mai tornato e ho mollato. Poi più avanti ho scoperto un talento per il disegno (mio padre di fatto ha anche lui un talento per il disegno, aveva fatto l'accademia d'arte ma poi non ha proseguito per quella strada e si è dedicato a lavori da dipendente abbandonando la sua passione) che però, nonostante mi facesse lezioni mio padre per insegnarmi, avevo poca pazienza e mi arrabbiavo molto quando mi correggeva, per cui (come per fargli una sorta di dispetto) ho lasciato quel talento nel cassetto e me ne sono infischiato. Alle elementari ero molto sensibile come bambino, i miei amici avevano interessi solo per il calcio e diciamo che me lo avevano inculcato anche a me, anche se finite le elementari me ne sono distaccato completamente. Alle medie ho trascorso tre anni in una chiusura in me stesso incredibile, ero così silenzioso che nessuno capiva bene cosa mi passasse per la testa, i professori pensavano fossi educato e gentile come ragazzo proprio perché non esprimevo mai quello che pensavo, alle volte quando perdevo la pazienza facevo cose di cui mi pentivo, per cui mi trattenevo sempre tutto dentro. Dopo il karate non ho praticato nessuno sport. Dalle medie in poi la mia routine era scuola casa, casa scuola. Non avevo alcun amico, andavo di rado a casa di qualcun altro a meno che non venisse richiesto in classe di fare qualche compito assieme. Alle superiori è stato leggermente diverso. Ho scelto il scientifico perché consigliato dai professori e dai miei genitori, lì eravamo una classe di poche persone, ho faticato a interagire con i miei stessi compagni di classe con i quali ho avuto rapporti distaccati, in 5 anni solo il quinto anno abbiamo festeggiato insieme i compleanni di buona parte della classe, ma prima mai nessuno che mi avesse mai invitato a qualche uscita o altro. Ho cercato di essere un po' socievole in quegli anni ma comunque gli altri avevano capito che ero timido, qualche giorno ero voglioso di interagire qualche altro giorno invece ero del tutto taciturno. Ogni mia esperienza fatta al liceo l'ho fatta perché spinto dai miei genitori, altrimenti non avrei fatto un bel nulla proprio per questa mia pigrizia e anche paura di fare cose nuove. In parallelo seguivo la solita routine scuola casa, non coltivavo nessun hobby o interesse ma passavo (come tutt'oggi) il tempo al cellulare per distaccarmi dalla realtà. A scuola studiavo sempre all'ultimo e ottenevo alle volte comunque buoni risultati, ma non li ho mai riconosciuti, come se non fossero miei, come se non me li meritassi. Finito il liceo, sono uscito con un 97 ( risultato buono ma che comunque non mi diceva nulla, comunque sia ero, e sono, senza alcun interesse e di fatto mi preoccupava l'idea di cosa fare dopo). A quel punto considerando che io, voglia di lavorare, non ne avevo neanche un po', ho deciso di continuare la scuola anche se ero dubbioso, ma non sapevo che fare altro. Perché io di manualità non ne ho, resistenza mentale tanto meno, quindi il lavoro non fa per me. Allora ho scelto di fare design a Milano perché era una via di mezzo tra pratica e teoria dato che io non sono uno che ha tanta pazienza da stare sopra ai libri per tanto ma allo stesso tempo non sono uno tanto pratico, provato due volte il test d'ingresso, non sono riuscito ad entrare. Allora ho optato poi per un indirizzo informatico relativo all'intelligenza artificiale, perché è un tema moderno e che avrà molta importanza in futuro soprattutto per il lavoro. I primi tre mesi di università sono stati: il primo mese che l'ho presa con comodo studiando a mala pena, il secondo e terzo mese l'ho passato a casa perché mi ero perso nelle lezioni e non riuscivo più a seguire, da casa però era comunque difficile seguire, ci ho provato ma poi ho visto che non ce la facevo. Allora poi ho passato un altro mese a casa con la scusa ai miei genitori che studiavo meglio così, loro diciamo che hanno rispettato la mia decisione ma comunque vedevano che non stavo studiando. Andavo tardi a dormire e mi alzavo tardi, facevo finta di studiare ma stavo al telefono. Tutto ciò fino ad oggi, non è cambiato granché. Sono arrivato alla conclusione che la vita non ha alcun senso, tutto è molto difficile, bisogna lavorare sodo ottenere qualcosa e io non sono tagliato per questa vita, per questo mondo. Sinceramente non avrei voluto vivere, se avessi avuto scelta. Sembra un po' esagerata come considerazione ma ho spesso riflessioni profonde e pessimistiche sulla vita. Ogni tanto ci scherzo su, magari cerco di essere positivo ma...rimango sempre pessimista, senza ambizioni, che mi faccio trascinare dai miei genitori e che non ho idea di che cosa sto facendo e se avrò un futuro. Il problema è che, come ne ho parlato con i miei, so bene della mia situazione e so bene che finirà male ma non riesco a cambiare. Così sono fatto e davvero non lo so cosa farmene della mia vita. (Alle superiori ho frequentato la psicologa della scuola che diciamo mi ha aiutato un po' a riconoscere le mie abilità e linee di pensiero ma alla fin fine sono sempre nella stessa situazione) Riguardo a terapie o sedute con psicologi ne sono un po' contrario, non credo che nessuno possa aiutarmi, ma allo stesso tempo non so che pesci pigliare. Scrivo qui per avere un parere esperto, una considerazione sulla mia situazione. Vi ringrazio in anticipo per il vostro tempo.

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Miglior risposta 2 MAR 2024

Gentile utente
Le sue parole trasmettono molto bene il suo senso di sofferenza. Mostrano un ragazzo preoccupato ma riflessivo. La sua storia sembra costellata da incertezza e da “abbandono” di ogni attività, tanto che sembra essersi arreso all’idea di non essere in grado di poter fare niente di diverso in questa vita.
Sarebbe importante riflettere su tanti aspetti che caratterizzano quello che racconta, tra cui le relazioni e i contesti in cui è inserito. Si potrebbero esplorare tanti vissuti che riporta, in cui il focus non debba necessariamente essere su cosa è successo in passato (che pone le basi, certamente) ma sul perché ad oggi queste problematiche esistano ancora e a cosa realmente servano nella sua vita.
Comprendo lo scetticismo verso un percorso con un professionista, ma questo potrebbe davvero guidarla in una riesamina della sua vita, per guardarsi con occhi diversi e guardare il mondo da altri punti di vista. La sua narrazione sembra bloccata, porta un ripetersi di pattern che inizia a sentire la necessità di cambiare.
Se sente di volerci provare, le consiglio di poter incontrare uno psicoterapeuta. Si dia un’opportunità.

Resto a sua disposizione

Cordiali saluti
Dott.ssa Jlenia Licitra

Dott.ssa Jlenia Licitra Psicologo a Milano

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