Dubbi sul percorso
Buongiorno, sono una ragazza di 27 anni e ho iniziato da poco un percorso di psicoterapia per risolvere il problema dell'ansia.
Durante le prime sedute introduttive, ho parlato di un recente periodo particolarmente stressante in cui ho sperimentato uno stato d'ansia più prolungato, poi finito. La psicologa mi ha parlato di poter intraprendere una eventuale terapia farmacologica e io ho espresso la mia perplessità a riguardo, soprattutto per il fatto che, tranne per quel caso specifico, la mia ansia non è quotidiana e sempre rivolta a situazioni precise che la generano. Dopo questo accenno, il discorso non è stato più affrontato.
Da poco ho iniziato con le sedute effettive in cui andiamo a lavorare sulle emozioni e abbiamo riscontrato dei miglioramenti veloci, ho portato subito alla luce diverse consapevolezze e la situazione mi ha sicuramente un po' destabilizzata ma non mi limita nello svolgimento delle mie azioni quotidiane.
Per questo motivo, lei continua a chiedermi se ho difficoltà a lavorare, se ho problemi a dormire o carenze d'appetito, e io vedo tutto questo come una volontà di prescrivermi necessariamente una terapia farmacologica. Non ho riscontrato questi problemi fino ad ora e le sue continue domande mi spaventano, come se dovesse necessariamente succedere prima o poi. Deve per forza arrivare il momento del mio crollo? Sento come se non avesse fiducia nel fatto che posso riuscire a gestire la situazione e questo mi porta a provare un po' di rabbia nei suoi confronti. So che il rapporto terapeuta-paziente è molto importante e so che dovrei parlarle di quel che provo, ma ho una estrema difficoltà nell'esporre qualsiasi tipo di critica.
Mi chiedo se sia assolutamente necessario prendere psicofarmaci per questo tipo di problemi, perché è la cosa che mi spaventa di più e la vedo come un fattore che dimostra di non avercela fatta con le mie forze