L'amore è armonia nella differenza

Un articolo ironico che riassume, in termini ordinari e comprensibili a tutti, alcuni degli aspetti fondamentali delle relazioni di coppia e della percezione identitaria nella coppia.

15 NOV 2021 · Tempo di lettura: min.
L'amore è armonia nella differenza

“La differenziazione – afferma Schnarch (1998) - è un processo lungo quanto la vita, attraverso il quale sperimentiamo la nostra unicità, mantenendoci in rapporto con quelli che amiamo”. E ancora “più siamo differenziati, più è forte il nostro senso del Sé; meglio riusciamo a rimanere integri nei conflitti con il nostro partner, più intimità riusciamo a tollerare con qualcuno che amiamo, senza paura di perdere il senso di chi siamo come singoli individui.”

(Andolfi in “La crisi della coppia”, 1999)

Vorrei iniziare così questo articolo che intendo dedicare alla differenziazione del Sé nel rapporto di coppia.

Differenziazione del Sé…che etichetta strana. Ormai tutto ha una definizione, impariamo presto a rendere la realtà che ci circonda prevedibile, misurabile, riproducibile, calcolabile…tutto questo per stare meglio, per sentirci più tranquilli, perché abbiamo così la sensazione di poter tenere tutto sotto controllo. Ma il senso di controllo sulla realtà circostante, si sa, molto spesso può essere come quella famosa immagine dinamica dello stringere la sabbia in un pugno, così forte, da vederla scivolare via tra le dita granello dopo granello. Che grande illusione, il controllo! Abbiamo meno controllo di quanto crediamo, molte cose ci sfuggono e nemmeno ce ne rendiamo conto…eppure mantenere solida questa illusione di controllo ci consente di avere un minimo di rinfrancamento dall’imprevedibilità del reale.

Ma quanto sarebbe bello, invece, sapere di poter essere autentici e liberi di lasciar andare? Forse non tutti risponderebbero a questa domanda con opinioni positive…per molti una prospettiva del genere è semplicemente un incubo. “Io fuori controllo? Io spontanea/o? Cosa credi, di vivere nel paese dei balocchi?”. Eh si. Forse è questa società in cui viviamo, forse è come va il mondo a renderci meno autentici. È vero, non ci si può fidare di tutti… è vero, anche la persona più insospettabile ci può tradire (es. migliori amici che vanno a letto col tuo partner…madri o padri assenti…e chi più ne ha più ne metta!). Ma nonostante l’incorreggibile fondatezza di questa imprevedibilità del mondo, essere autentici e fedeli a se stessi è la vera rivoluzione, significa compiere passi da gigante nello sviluppo del proprio Sé. Richiede tanto lavoro, perché, si sa, le cose sono facili da dire. Uno dei paradossi più emblematici è “sii te stesso”. Cioè scusa un attimo, fammi un po’ capire. Mi stai dicendo di essere me stessa/o, ma… mi stai anche dicendo cosa/chi devo essere? Vuoi prendermi in giro??

È proprio a questo grosso lavoro, che si colloca tra l’individuo e le sue relazioni, però, che si riferiva Bowen parlando di differenziazione del Sé (1979). Questo psichiatra americano ha elaborato un continuum che misura le capacità di differenziazione dell’uomo, che va da 0 a 100. Ma attenzione: è davvero raro che qualcuno riesca a raggiungere il massimo della differenziazione senza essere troppo didattici sulle quantità e i livelli raggiungibili, non serve uno scienziato per capire che il contesto in cui siamo inseriti spesso ci lega mani e piedi.

Ma entriamo nel vivo. Qualcuno direbbe a cosa serve tutta questa autenticità quando puoi nascondere al mondo chi sei, facendogli credere di averti in pugno, per renderlo così più vulnerabile e innocuo?

Adesso ve lo dico…così potrete desiderare di essere autentici e potrete anche rendervi conto di quanto sia complicato.

Un individuo ben differenziato è in grado di vivere profonde e significative relazioni con l’altro da sé, mantenendo però ben chiaro il confine tra se stesso e l’altro: ciò vuol dire che ho ben chiaro chi sono io e chi sei tu! Perciò non confondo i miei sentimenti con i tuoi…non proietto le mie paure su di te o ti attribuisco aspetti che non ti appartengono per mera presunzione di conoscere i tipi come te.

So dove finisco io e inizi tu! Una persona che ha ben chiaro questo, vive i rapporti in modo flessibile, libero da sovrastrutture, perché sa che l’altro ha bisogno di spazi di libertà così come quella persona ne ha bisogno in primis. Sa utilizzare il proprio spazio di libertà per dedicarsi a se stessa, che non vuol dire semplicemente prendersi cura del corpo, ma guardarsi dentro. Posso guardarmi dentro, se ho coraggio di accendere una luce in quel buio, se ho la pazienza di mettermi a scrutare quella cantina che tengo sempre chiusa, che è fredda, umida e solitaria e mi mette un po' paura. A volte si ha semplicemente paura di sapere cose di se stessi che mettono in crisi il proprio senso di identità! Perché siamo molto impegnati a costruire le maschere che proponiamo al mondo, al punto che ci convinciamo di essere il personaggio e non la persona.

Ecco, un soggetto che si differenzia bene vive una relazione soddisfacente con se stesso: sa bene di essere incoerente (Walt Whitman diceva “Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono grande, contengo moltitudini…”).

Al tempo stesso, chi si differenzia, considera quella incoerenza una profonda manifestazione di ricchezza personale, per cui può permettersi di cambiare idea, pur mantenendo una stabilità del Sé, che gli dà la percezione di continuare a sapere esattamente chi è, dove vuole andare.

Chi si differenzia bene dal mondo esterno è profondamente sensibile verso gli altri ma non si fonde con l’esperienza altrui, facendola diventare carne della propria carne. Se hai bisogno di me magari posso darti una mano, ma solo se tu lo vorrai.

Quindi, accetta le sfumature di diversità delle quali gli altri sono portatori, creando anche legami con loro, senza che queste diversità incidano sulla sua serenità.

Ma ecco che adesso arriva il bello…

Come si declinano tutti questi aspetti nei rapporti di coppia oggi? Che cosa cerchiamo nel partner? Ho trovato! Deve essere l’altra metà della mela! In altre parole, deve poter arrivare dove io non arrivo, darmi ciò che mi è sempre mancato, portare un sorriso laddove mi verrebbe da piangere, eccetera, eccetera. Quanti di voi stanno pensando “già proprio così”? E quanti di voi la pensano diversamente? Mi interessa anche il vostro parere!

Comunque sia, le relazioni di coppia oggi ci mettono continuamente di fronte a noi stessi: guardando il partner ci troviamo sempre più spesso di fronte ad uno specchio. Avete presente quegli specchi non sempre attendibili, che a volte vi fanno sembrare più in carne, a volte più alti, altre più bassi? Beh è proprio così…non sempre l’altro ci restituisce un’immagine fedele di noi stessi.

Se fosse così… lui/lei avrebbe i superpoteri. E comunque sarebbe una noia mortale! È con la differenza che ci entusiasmiamo, è dalle differenze che ci arriva qualcosa di nuovo e di fresco. A volte questa ondata di aria può avere un profumo sgradevole, a primo impatto, ma possiamo anche abituarci a quell’odore e ad un certo punto ci piace persino.

No, non è gusto per il fetish: il fatto che alcune cose dell’altro ci diano così tanto fastidio e non ci passino inosservate fa riflettere su di noi! Quali sono quei lati di te che proprio non vuoi guardare? Lo so, alcuni di voi non sono d’accordo (chissà perché…).

Ma il punto è che nella coppia è sempre più difficile capire dove finisca uno e inizi l’altro. Ci definiamo menti aperte, vorremmo viaggiare e vedere posti nuovi e ignoti, e poi quando il partner contraddice le nostre aspettative rimaniamo scossi e protestiamo. Abbiamo bisogno di equilibrio e omeostasi, ma quando ne abbiamo troppo sentiamo il bisogno di scappare (celebre la frase di un film, che così recitava: “caro diario sono felice solo in mare, nel tragitto tra un’isola che ho appena lasciato e un’altra che devo ancora raggiungere.”).

Allora qui una chiave può essere la seguente: quanto, il partner, è abbastanza diverso da noi da permetterci di stare comunque con lui/lei? E quanto siamo in grado di guardare dentro noi stessi e dialogare con i mostri che abitano in quella cantina? Quali sono i nostri reali bisogni, le nostre paure? Perché, si, accidenti…la colpa non è mai solo di uno dei due! Se di colpa possiamo parlare. Sarebbe meglio dire la responsabilità. Questo grosso affare di nome responsabilità pesa un quintale (o anche di più…) e va condiviso.

Se almeno una volta siamo in grado di darci delle risposte al riguardo, senza cadere nel tranello delle accuse e delle colpe, beh vuol dire che quella volta siamo stati in grado di differenziarci bene. Che fatica la vita…però, che grande avventura!

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Scritto da

Dott.ssa Gabriella Comi

Bibliografia

  • Andolfi, M. (Ed.). (1999). La crisi della coppia: una prospettiva sistemico-relazionale. Cortina.
  • Bowen, M., Andolfi, M., & De Nichilo, M. (1979). Dalla famiglia all'individuo: la differenziazione del sé nel sistema familiare. Astrolabio.

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