Il tempo dell'abbandono

Alla fine di una storia d’amore possono seguire momenti davvero difficili, di profonda disperazione, dove il nostro mondo sembra crollare e perdere significato. Comprendere che tipo di schem

4 MAR 2015 · Ultima modifica: 12 MAR 2015 · Tempo di lettura: min.
Il tempo dell'abbandono

Alla fine di una storia d'amore possono seguire momenti davvero difficili, di profonda disperazione, dove il nostro mondo sembra crollare e perdere significato, i pensieri su ciò che potevamo dire e fare per evitare la rottura si inseguono ossessivi, le immagini dei momenti di gioia e dolore si illuminano nella mente come i flashback di un film; a volte arriviamo a non dormire più, perdere l'appetito, perdere la voglia di fare le cose che prima ci facevano stare bene. Perché ciò che abbiamo perduto non è solo l'oggetto del nostro amore, ma è anche una parte della nostra identità.

L' identità è formata dalle immagini e dalle descrizioni che facciamo di noi stessi, e quindi anche dalle scene di quel film in cui protagonisti eravamo noi e il nostro ex compagno, nella quotidianità, nelle abitudini, nei progetti per il futuro. E ora che tutto è stato spazzato via e ci sentiamo frammentati, spezzati all'interno.

Viviamo la separazione come un abbandono, un rifiuto, la negazione del nostro valore come persone

Questa reazione, che ha a che fare con l'elaborazione di un lutto, una perdita, ed è quindi fisiologica, assume connotati più o meno intensi a seconda degli individui. Cosa fa si che alcune persone sembrino soffrire di più e altre siano in grado di superare il distacco con maggiore facilità?

L'istinto a mantenere le relazioni affettive è biologicamente determinato e particolarmente evidente nel neonato, che all'allontanamento della madre piange e urla perché tale comportamento gli garantisce la sopravvivenza. A partire da questo istinto (e dal reciproco materno di accudimento) si stabilisce tra madre e bambino l'"attaccamento" , cioè quell'insieme di comportamenti, pensieri, emozioni che hanno lo scopo di mantenere la vicinanza, il conforto e la protezione da parte di una figura privilegiata e che rappresenta una momento fondamentale nella costruzione del senso di sé. Una madre "responsiva" permette un attaccamento sicuro, cui consegue la costruzione di un'immagine di sé vissuta come amabile e capace di dare amore.

Al contrario una madre distratta, imprevedibile nelle sue risposte, incoerente, rifiutante, porta ad un attaccamento insicuro, e la creazione nel bambino di un sé non degno d'amore, e incapace a sua volta di essere un buon "caregiver". E questi schemi continuano ad influenzare in modo non consapevole anche le nostre relazioni adulte e le separazioni: chi ha avuto un attaccamento sicuro ha un identità più stabile ed è in grado di affrontare una separazione in maniera equilibrata, con dolore ma senza sentirsi minacciato nella propria autostima e progettualità; chi ha avuto un attaccamento insicuro-ambivalente tende a vivere la separazione con forte ansia, e a non essere in grado di regolare efficacemente le proprie emozioni e questo può portare a sviluppare vere e proprie patologie, come depressione o attacchi di panico.

Chi evita le emozioni è insicuro

Gli insicuri-evitanti tendono invece a iperinvestire sull'autonomia e l'indipendenza, e sono quelle persone che nel momento di difficoltà relazionale disattivano le emozioni relative ai bisogni di attaccamento e vivono la separazione con apparente freddezza, ma a livello interiore questa repressione può comunque portare a sviluppare patologie, spesso disturbi psicosomatici.

Comprendere che tipo di schema ci guida nella costruzione delle nostre relazioni affettive può dunque essere un modo per prendere consapevolezza della ripetitività del nostro agire. Può essere una buona base per ripartire da se stessi, dai propri bisogni e trovare la forza, anche nel dolore dell'abbandono, di "sentirci" comunque vivi, in movimento, e di guardare con fiducia, grazie a un più intenso e stabile senso di coerenza interna, al futuro e alle relazioni.

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Scritto da

Dottoressa Camilla Vicini

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