I condannati in affidamento alla prova della pandemia da Covid-19: una ricerca secondo la Metodologia M.A.D.I.T.

Analisi del testo di condannati in misura alternativa, al fine di conoscere le modalità di configurazione del proprio grado di responsabilità (nei confronti del prossimo) e di coesione sociale, durante e dopo il primo lockdown.

2 FEB 2024 · Tempo di lettura: min.
I condannati in affidamento alla prova della pandemia da Covid-19: una ricerca secondo la Metodologia M.A.D.I.T.

L'articolo presenta una ricerca condotta presso l'UEPE di Mantova e Cremona (da qui in avanti UEPE), tra settembre e novembre 2020, in collaborazione con il gruppo di ricerca del Master in "Mediazione e Giustizia Riparativa" dell'Università degli Studi di Padova, con cui l'ufficio collabora da anni. La finalità è stata quella di conoscere come i condannati in misura alternativa di affidamento in prova al servizio sociale descrivono il proprio grado di responsabilità (nei confronti del prossimo) e coesione sociale, durante e dopo il lockdown (e quindi la prima fase di gestione dell'emergenza sanitaria da Covid-19).

Sono state analizzate le risposte a un questionario a domande aperte, somministrato via e-mail nel mese di settembre al campione selezionato. La ricerca si è mossa secondo i riferimenti della Metodologia di Analisi dei Dati Informatizzati testuali (da qui in avanti M.A.D.I.T.) (Turchi & Orrù, 2014; Iudici, Gagliardo Corsi & Turchi, 2018), secondo cui il testo raccolto da un rispondente viene analizzato in base alle modalità con cui il linguaggio conferisce senso alla realtà discorsiva oggetto di indagine e a come i contenuti siano legati tra loro generando una certa coerenza narrativa.

L'analisi dei risultati ha consentito di rilevare, nella fase del lockdown, un lieve aumento di responsabilità verso la comunità, rispetto al "dopo" lockdown. I risultati della ricerca hanno portato a riflessioni circa la centralità e rilevanza del lavoro degli operatori sociali dell'UEPE, oltre che la necessità di promuovere e mantenere un costante coinvolgimento dell'utente in ottica di Giustizia Riparativa. La discussione congiunta dei risultati, condotta dal team di ricerca, ha prodotto la definizione di possibili strategie operative volte a un lavoro sociale della giustizia in un'ottica di coesione sociale e responsabilità e dunque di Giustizia Riparativa.

Il lavoro sociale all'UEPE

Uno dei nodi che l'assistente sociale dell'UEPE incontra nel proprio operato è la possibilità di conciliare la metodologia del servizio sociale con il dettato normativo. L'UEPE è titolare del "programma di trattamento" (art. 13 L. 354/1975), un progetto individualizzato per le persone ammesse all'esecuzione penale esterna. È questo lo strumento di aiuto per favorire il reinserimento sociale della persona che ha commesso un reato.

I condannati in affidamento alla prova della pandemia da Covid-19

Di fronte a un mandato istituzionale che richiede all'operatore di esercitare funzioni di controllo, l'assistente sociale è chiamato, innanzitutto, dal proprio mandato professionale a "informare i soggetti coinvolti del proprio mandato professionale e delle sue implicazioni, anche quando l'intervento professionale si svolga in un contesto di controllo o di tutela disposto dall'Autorità Giudiziaria, o in forza dell'adempimento di norme di legge" (Codice Deontologico, 2020, Titolo III art. 17). Inoltre, in accordo con quanto richiesto dall'art. 13 L. 354/75, l'assistente sociale deve promuovere l'autodeterminazione dei soggetti riconoscendoli come soggetti attivi del progetto di aiuto (Codice Deontologico, 2020, Titolo IV, art. 26).

L'operatore deve riconoscere la centralità della persona, promuovendone la responsabilizzazione e la partecipazione attiva al progetto di aiuto/programma trattamentale che va elaborato congiuntamente. La riflessione critica sul reato parte dalla volontà di cambiamento della persona e si configura come il cuore del progetto trattamentale attraverso il quale l'operatore sociale può aiutare la persona condannata a comprendere quali sono state le ripercussioni della condotta illecita, accompagnandolo nella presa di consapevolezza della propria situazione e delle proprie responsabilità conseguenti il reato.

Si tratta di una riflessione dialogica tra operatore e reo sul reato e sull'offensività di tale condotta, sulle motivazioni che hanno portato la persona a delinquere e le conseguenze negative per la vittima, per il reo medesimo, la sua famiglia. Il trattamento rieducativo così inteso è volto alla piena responsabilizzazione verso la società (Circolare DGMC, 2016) e alla coesione sociale. Sono questi i due aspetti sui quali l'assistente sociale dell'UEPE si focalizza per promuovere il percorso di reinserimento sociale.

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Scritto da

Dott. Giorgio Sacchini

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