La cocaina e mio fratello

Inviata da Xxragazza · 6 feb 2018 Dipendenza

Salve a tutti, sono la sorella di un ragazzo tossicodipendente. Mio fratello, all'età di 18 anni, ha iniziato a fare uso di cocaina. I miei, tuttavia, lo hanno scoperto all'età di circa 21 anni, trovando per puro caso la cocaina nel tiretto della sua casa in cui aveva deciso di convivere con la sua ragazza alcuni mesi prima.
Ovviamente da quel giorno, entrambi son venuti a vivere a casa nostra.
Inutile dirvi che la sua ragazza sapeva tutto sin da quando lui aveva 18 anni, ma ha sempre taciuto per le sue minacce (lei ne aveva 16 e ora ne ha circa 21). E' così cominciato un lungo cammino presso qualche psicologo, uno dei quali li aveva prescritto medicine che mio fratello, dopo pochi mesi, decise di non assumere più per il peso che aumentava, per la sonnolenza, il mal di testa. Infine siamo approdati al Sert, ma per loro mio fratello non era un "caso da comunità". Seppur, aggiungo io, fisicamente scheletrico, irascibile e incontrollabile, con soldi richiesti giornalmente ai miei mascherandosi dietro "la mia macchina consuma molta benzina", con soldi che sparivano dalla cassa del negozio che mio padre gli aveva aperto prima della "grande novità", perché quello voleva fare da grande. Addirittura io e lui ci scambiammo le auto, affermando che la mia consumasse meno benzina. In realtà, bugie!
Ricordo mio fratello come una persona con diversi interessi, palestrato e curato; ad oggi è irriconoscibile. I miei hanno fatto di tutto per lui: dal Sert, al togliergli il cellulare, al non farlo uscire più di casa se non per lavorare, ad assumere un uomo che stava sempre accanto a mio fratello a lavoro e che veniva sempre a cena da noi per 3, 4 lunghi mesi. Intanto io, per mio fratello, ormai vivevo sola in casa, non potevo più far una battuta né ricevere una 10 euro per una piega né far qualsiasi altra semplice cose perché i miei temevano le sue reazioni. So solo che un giorno sono scoppiata, dopo 2 anni di privazioni personali, dopo che i miei occhi hanno visto scene struggenti, pianti e sofferenze infinite dei miei genitori buttati per terra o sul letto e con la faccia gonfia, dopo 2 anni di schernimento e provocazioni giornaliere da parte di mio fratello perché, per esempio, studiavo all'università. Cosi mia madre decise di farli ritornare a casa loro, ormai in bilico tra il mio essere arrivata all'esasperazione e le pressanti richieste di libertà di mio fratello. Adesso mio fratello ha 23 anni, si droga meno (ma io credo perché i miei gli stiano addosso e gli facciano far il test delle urine regolarmente). Ma, soprattutto, HA AVUTO UNA FIGLIA. Mentre la BAMBINA nasceva lui, il giorno prima, andava a farsi di coca! Aveva abbandonato il PRIMO CANE (che io ho fatto adottare) e ne ha PRESO UN ALTRO (che ora abbiamo noi in casa con un altro) e, avendolo dato a noi per sua noncuranza,... un giorno... ha preso IL TERZO!
La ragazza, da noi, ha avuto tutto: tutto pagato, vacanze pagate, lavoro in negozio, casa in cui vive con lui.
Ma lei non ha mai voluto dirci di mio fratello, 1000 volte "si droga?" e 1000 volte la sua risposta "No". Inoltre, quando le ho chiesto di ritornare a casa nostra, lei non voleva... (io credo per volersi vivere la sua famiglia come una famiglia normale nella loro casetta)... Ebbi anche uno scontro con lei, lei che sperava di ritrovare il ragazzo di un tempo...
Io credo che mio fratello abbia un vuoto dentro, non capisco come mai a 23 anni abbia deciso di diventar padre, e poi prende un cane - lo abbandona - e poi ne prende un altro... senza più interessi, senza voglia di far amicizie... con una donna che se sta in compagnia non parla, muta totalmente anche in famiglia e con noi... Così eccomi qui.. a chiedervi.. Cosa si può fare ANCORA? Mio fratello potrebbe essere "finalmente" un "caso da comunità" (si droga da 4 - 5 anni) per tentar una guarigione più efficace e per evitare la distruzione di persone intorno a lui? Scusate per il lungo messaggio e grazie a chi mi risponderà.

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Miglior risposta 7 FEB 2018

Gentile ragazza,
la situazione che descrivi non è purtroppo di facile soluzione per il semplice motivo che per curare tuo fratello, in Comunità o fuori dalla Comunità, deve necessariamente esserci il suo consenso e la sua volontà.
Le uniche "forzature" possibili potrebbero essere un amorevole atteggiamento di persuasione ma anche contemporaneamente di forte congruenza, scevro da sensi di colpa, soprattutto da parte dei tuoi genitori che comunque gestiscono il maggior potere nella relazione con lui oppure la costrizione indiretta da parte della legge come misura alternativa al carcere quando vi è una infrazione di essa legge e una denuncia di reato.
Tu dici che i tuoi hanno fatto di tutto per tuo fratello ma nonostante ciò evidentemente non hanno trovato l'approccio giusto che forse poteva essere perseguito tramite una psicoterapia familiare.
In alternativa, l'esperienza della Comunità per il ragazzo, posto che ne dia il consenso, credo che rappresenti una buona possibilità di recupero e per questo occorre iniziare col prendere contatti con gli operatori della Comunità prescelta e seguire le indicazioni che saranno date.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).

Dott. Gennaro Fiore Psicologo a Quadrivio

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7 FEB 2018

Ciao Carla,
per quanto sia lodevole il tuo impegno e ammirevole la perseveranza con cui non ti arrendi nel tentativo di trovare una via d’uscita al problema, devi accettare un’amara realtà: le cure per interposta persona non funzionano. Ho lavorato al SERT per qualche anno e ho visto le migliori energie e i più validi propositi infrangersi contro lo scoglio dell’indifferenza con una regolarità agghiacciante. Il “tossico”, ma sarebbe il caso di dire chiunque contrae una dipendenza, può uscire dal tunnel unicamente per moto proprio. Il tuo amore e quello dei vostri genitori avrà sicuramente rallentato il consumo di tuo fratello. Ma non lo farà certo smettere. Per comprendere in modo autentico la sua sofferenza, dovete smettere di giudicarlo, a prescindere da cosa abbia fatto o si ostini a fare. Devi o dovete provare a immedesimarvi in lui per cercare di capire il suo dolore. Purtroppo quando una persona, finanche un parente, manifesta aggressività e arroganza, tendiamo a non considerarlo più degno del nostro soccorso. Quando invece è vero il contrario. Credo che la miglior cosa che tu possa fare sia quella di stargli vicino, senza colludere con lui, facendo sentire il tuo affetto e soprattutto cercando di ascoltarlo. Trova tu il modo. Per la mia esperienza altre strade non portano da nessuna parte. Buona fortuna. Dott. Roberto Bernini.

Dott. Bernini Roberto Psicologo a Firenze

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