Sono alle prese con un "problemino". Etica e sentimenti: dov'è il confine? Sto per concludere il tirocinio post lauream presso una comunità di tossicodipendenti. Premetto che ho fatto molti sacrifici per poter fare questo tirocinio e che adoro la professione di psicologo, ma all'incirca 3 settimane fa un paziente, mio coetaneo, si è dichiarato. Ho sempre cercato di mantenere le distanze nei mesi, di parlarci tranquillamente ascoltando le sue storie, ma forse la comunicazione non verbale mi ha tradito. Non ci sono mai stati gesti affettuosi, ma parole ambigue, ma è innegabile una certa attrazione sessuale. Ho parlato con il paziente, spiegandogli che non potrebbe esserci niente tra noi, proprio per i diversi ruoli che ricopriamo. Lui non ha reagito molto bene, nel senso che ha cercato di provocarmi affermando che non avrà più intenzione di rivolgermi parola. Io dal canto mio, ho accolto questa richiesta, dichiarando che rispetterò la sua volontà.
Ora però vivo in un turbinio di sentimenti: l'amore per quello spero diventi il mio lavoro futuro e il desiderio di soddisfare una pulsione, di avere qualcosa che non si può avere.
Qual è la strategia migliore? Io del resto non sono né la sua psicologa né la sua terapeuta, ho la (s)fortuna di essere sua coetanea e di non esser fatta di ferro...
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9 GIU 2016
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Gentile collega,
succede di provare attrazione o sentimenti da ambedue le parti: da parte del paziente verso il/la psicoterapeuta o viceversa.
Non è tanto l'essere coetanei, quanto piuttosto l'intimità delle "cose" che intercorrono, delle problematiche raccontate.
Ma questo è un problema che siste in tutte le relazioni di "cura" e aiuto.
Tuttavia, proprio a causa dell'asimmetria, si tratta di relazioni sbilanciate, nelle quali chi si trova in posizione "up" deve essere garante - sempre - della correttezza del rapporto professionale.
E dunque MAI ci può essere passaggio all'atto - dai sentimenti o pulsioni ai comportamenti - fin quando dura la relazione terapeutica.
Se ci si sente troppo fragili al riguardo, occorre seguire una psicoterapia individuale, oltre a regolari supervisioni.
Dott. Brunialti
Sessuologa clinica
Rovereto (TN)
16 GIU 2016
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Cara futura collega, il Tuo "problemino" non è poi così raro. Sei in tirocinio e quindi non ancora abilitata alla terapia. Ma Ti rendi perfettamente conto che la relazione terapeutica crolla in caso di passaggio all'atto. Hai tre scelte: passare il paziente ad altro terapeuta, tentare con l'aiuto di un supervisore di recuperare le risorse per proseguire il lavoro con il paziente, accettando in toto il tuo ruolo, rinunciare e cedere alla tentazione di una relazione che però, comprendi bene, partirebbe subito con il piede sbagliato. E poi conosci le problematiche psichiche delle tossicodipendenze. Sei sicura di non cadere dalla padella alla brace ?
Con sentimento di colleganza. Marco Tartari, Asti
8 GIU 2016
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Ciao Camilla
è molto sovente provare attrazione sessuale soprattutto verso pazienti che inviano transfert di tipo seduttivo (esempio borderline).
Immagino che in una comunità di pazienti tossicodipendenti, questo tipo di carattere sia presumibilmente presente.
L'etica non ti impedirebbe, una volta terminato il tirocinio di intraprendere una relazione con lui, tuttavia la stai intraprendendo con qualcuno che innegabilmente ti vede come "il salvatore" e quindi è possibile che aldilà delle questioni etiche sia questa poi l'impostazione che la relazione prenderebbe se continuasse dopo l'iniziale attrazione.
Non so dipende quindi dal disturbo che ha la persona in questione, dalle vostre personalità, dal contesto.
Io mi terrei a distanza per un pò, per vedere se al di fuori di questo contesto, questo desiderio permane o è solo un transfert, alimentato dalla condivisione di un contesto terapeutico in cui tu ancora hai poche armi per comprendere il confine tra tensione sessuale e transfert.
Prova a parlarne con un supervisore che conoscerà meglio la situazione.
8 GIU 2016
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Cara Camilla, il consiglio che ti do è di frequentare più persone interessanti al di fuori del lavoro. Per esperienza ti dico che il lavoro a contatto con questa tipologia di utenza attiva molto sul piano emotivo, si ha spesso poi la necessità di prendersi i propri tempi e spazi come persona, dedicandosi magari maggiormente ai propri affetti quando non si è di turno!
I TD sperimentano spesso varie emozioni molto intense, che si alternano velocemente, e le trasmettono all'altro con un filo diretto, operatori compresi.
Magari questa attivazione emotiva forte ti ha un po' disorientata.
Io penso che, se una professionista è soddisfatta sul piano affettivo nella vita privata, difficilmente cercherà di soddisfare pulsioni con un paziente. Certo non siamo fatte di ferro, hai ragione, ma siamo consapevoli del ruolo che ricopriamo (anche grazie al Codice Deontologico per diventare Psicologi) e quindi riusciamo facilmente a ristabilire confini e non raccogliere provocazioni del paziente, esattamente come hai già fatto nel caso che porti! Buon lavoro!