Soffro di controfipendenza?

Inviata da Anonimo · 20 gen 2021

Salve dottori,
scrivo perché sin da piccolo ho avuto difficoltà relazionali, sia in ambito familiare che amicale, nelle relazioni con gli adulti (tipo insegnanti o medico di base). Il problema si è aggravato con l'approdo all'università, dove l'esigenza di rapporti affettivi ha iniziato a scontrarsi col mio atteggiamento fortemente restio ad instaurare relazioni con le altre persone. Ho cercato a lungo una spiegazione (anche perché da qualche tempo sto soffrendo e non poco, anche con attacchi d'ansia) senza mai trovarla, ma ora, leggendo quanto scritto sulla controdipendenza, mi ci rivedo appieno. A lungo andare pensavo di non avere sufficienti abilità sociali, sebbene in molte occasioni dimostro empatia e capacità relaxionali di cui mi stupisco. Non ho difficoltà a relazionarmi, ma le mie relazioni si esauriscono in pochi giorni, anche con familiari e amici. Ad es., se per un periodo ho sentito una persona dopo un po' finisco di scriverle, ho paura di essere raggirato o preso in giro, e molte volte mi metto sulla difensiva o mi mostro eccessivamente bisognoso. Questo "blocco" inoltre sta letteralmente mandando a scatafascio le altre aree della mia vita e non so cosa fare. Sono molto preoccupato perché vorrei anch'io delle relazioni significative. Sho 25 anni, sono un bel ragazzo e anche intelligente, insomma mi apprezzo, però sento sempre qualcosa che mi dice di allontanarmi da determinate situazioni, e chiaramente questo incrina ogni rapporto. Mi sembra sempre di mettere e togliere, mettere e togliere, le relazioni rimangono allo stadio iniziale e non evolvendo degenerano, ogni volta riconfermado i miei timori. Aver razionalizzato tutto questo mi è utile, ma mi fa sentire ancora profondamente più solo e al tempo stesso più connesso con gli altri. Nel momento in cui vi scrivo ho appena letto tale articolo. Se dovessi visualizzare qualcuno, es. Il mio coinquilino, che per caso volesse rapportarsi con me, avrei la scusa del "lavoro da fare". Sono tutto il giorno occupato in cose che richiederebbero molto meno tempo , eppure il mio cervello trova questa scusa per fuggire. Mi sembra di essere sulla soglia del mondo relazionale, ma sempre con la punta del piede sulla linea. Molte persone mi dimostrano i loro apprezzamenti ma puntualmente le allontano o mi schermisco e mentre scrivo provo una forto commozione e compassione per me stesso. Cosa posso fare?

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Miglior risposta 22 GEN 2021

Buonasera Gianluca, concordo con le colleghe che Le suggeriscono di intraprendere un percorso terapeutico in modo tale che possa lavorare su se stesso e capire quali sono le radici del Suo atteggiamento evitante e a cosa siano correlati i timori di venire ''raggirato''. Ogni relazione comporta un margine di rischio, ma privarsi completamente o quasi della vita relazionale, soprattutto quando si avverte il bisogno di coltivarla, non mi sembra meno rischioso. L'ideale sarebbe trovare un equilibrio evitando di ''mettere tutto'' o di ''togliere tutto'' , ma mettendo e togliendo (in termini di tempo ed energie) nella quantità più funzionale per quel dato rapporto.
Resto a Sua disposizione per eventuali approfondimenti.
Dottoressa Daniela Raffa
(Psicologa- Psicoterapeuta)

Dottoressa Daniela Raffa Psicologo a San Giovanni la Punta

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22 GEN 2021

Caro Gianluca, se effettivamente hai questo forte desiderio di stabilire dei rapporti interpersonali stabili e duraturi con le persone e ti accorgi di evitare che questo accada probabilmente per il timore di essere deluso ed abbandonato, dunque come scudo protettivo dalla sofferenza è opportuno che tu intraprenda un percorso psicoterapeutico per farti aiutare. Un caro saluto d.ssa Antonella Ricci

Dott.ssa Antonella Ricci Psicologo a Tivoli

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21 GEN 2021

Gentile Gianluca, le fatiche relazionali sono causa delle maggiori sofferenze della vita. Può comprendere meglio se stesso e i suoi blocchi con l'aiuto di un terapeuta che indaghi con competenza le sue esperienze di attaccamento e gli eventuali traumi relazionali. Non si scoraggi, benché faticoso un percorso dentro se stesso e i suoi schemi mentali la aiuteranno ad imparare quando è possibile fidarsi e mettersi in gioco. Scrive della compassione per se stesso, già questo è un passo verso l'accettazione di sé e il cambiamento. Silvana Perino

Dott.ssa Silvana Perino Psicologo a Pinerolo

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21 GEN 2021

Caro Gianluca,
da quello che ci scrive, se lei fosse un mio paziente non la inquadrerei, in generale, né tanto meno, come controdipendente.
Sarebbe interessante conoscere le ragioni (quasi certamente traumatiche) dei suoi evitamenti, allontanamenti, diffidenza, ecc.; e solo approfondendo meglio la sua storia e i suoi vissuti sarebbe possibile comprendere il problema per arrivare ad un cambiamento. Tuttavia, io credo che nel suo caso la motivazione a cambiare qualcosa di sé, risentirebbe molto dell'entità di un'eventuale sofferenza provocata dalla mancanza di relazioni con gli altri. E, in particolare, potrebbe essere per lei difficile (almeno da quanto ci racconta) anche instaurare e mantenere una relazione terapeutica...
Ma, altresì, essa potrebbe essere la grande sfida con se stesso, oltre che un bel banco di prova per imparare a stare bene in con gli altri.
Spero che si darà la possibilità di riflettere su queste ulteriori informazioni.
Restando a disposizione per qualsiasi altro chiarimento, la saluto cordialmente.
Dott.ssa Verusca Giuntini

Dott.ssa Verusca Giuntini Psicologo a Firenze

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