L'eterno dilemma delle Relazioni

In questo periodo di paure e limitazioni, è opportuno riflettere sull’importanza delle nostre relazioni intime.

24 GEN 2021 · Tempo di lettura: min.
L'eterno dilemma delle Relazioni

Tutti noi abbiamo sperimentato, almeno una volta nella vita, il dolore per una relazione intima finita male o semplicemente finita. Che si tratti di una relazione amorosa, amicale o di un cambiamento relazionale all'interno del sistema familiare, il dolore dell'intimità scoperta e ferita è atroce.

Gli artisti hanno sempre trovato parole e immagini adeguate per esprimere questo dolore. La canzone di Mannarino "Malamor", sintetizza in una frase questo vissuto:

"Mi riempì di cicatrici carezzandomi la faccia".

Come a sottolineare che sono le stesse carezze a preannunciare il dolore che ne seguirà.

L'intimità è il nostro recinto, ogni giorno riverniciamo e rafforziamo lo steccato per stare comodi nel mondo, o meglio per ritagliarci un posto tutto nostro.

Ma l'uomo necessita di con-tatto, ovvero di relazioni, già da prima di venire al mondo. Il nostro è uno slancio naturale verso la relazione in cerca di calore e colore per la nostra vita. Perciò scegliamo, ci raccontiamo e ci mostriamo all'altro per dare e ricevere calore. L'apertura verso l'altro ci permette di sentirci liberi, ci alleggerisce dalle maschere che ci soffocano.

Ma quali sono queste maschere? Perché le indossiamo?

Proprio in questo periodo di paura e limitazioni possiamo ben sentire il peso della lontananza e del distacco. Ed è proprio la paura la prima delle maschere che indossiamo, insieme alla vergogna.

La Paura ci permette di costruire il nostro recinto per proteggerci ma, allo stesso tempo ci isola e ci relega alla non azione, all'immobilizzazione e alla Fedele routine. La Vergogna è la maschera del nascondimento. Essa ci copre, dà l'impressione di conformarci agli altri (pensiamo quanto è difficile in questo periodo riconoscerci nella folla). I napoletani dicono sovente: "mi metto paura…mi metto vergogna!" e, in fondo, queste sono le uniche emozioni che si indossano.

Perché indossiamo queste emozioni?

Le indosso per coprirmi e per proteggermi, quindi devo stare attento/allerta.

Nel mio paese da piccola sentivo spesso dire: "svergognato/a…ti ho visto/a!" la sensazione che provocava quello smascheramento è la paura di essere stata sorpresa a fare qualcosa che per la società, la cultura, non è bene condividere. La vergogna è una maschera femminile, Eva la indossa in paradiso, Adamo si vergogna per Eva…lei è l'unica colpevole!

Riassumendo possiamo dire che togliendomi la maschera socializzo contenuti nascosti/segreti (quindi arrossisco, balbetto, e ripenso al fatto di essere stata scoperta/vista) e quindi provo "Colpa":

"Ti sei tradito/a? Hai tradito qualcuno? Adesso hai perso il diritto di appartenenza…in fondo Eva è stata cacciata dal paradiso!...per questo Tu sei diversa/o quindi Non appartieni."

Potremmo continuare all'infinito, ma quello che voglio qui sottolineare, che mi sembra in linea con il periodo storico che stiamo vivendo, è la necessità di stare vicino, proteggersi e contemporaneamente amare, svelando un po' di noi in modo sano tanto da non sentirci né soli né tantomeno diversi o, ancor peggio, tutti uguali.

Proprio come dice il comandamento "Ama il prossimo tuo come te stesso" è necessario conoscerci e, prima di tutto, amarci. Solo rispettando la nostra natura possiamo rispettare quella degli altri, e solo rispettando il nostro spazio interno possiamo amare e vedere con rispetto le necessità altrui senza arrecarci o arrecare dolore.

Mi sembra qui opportuno ricordare il famoso "dilemma del porcospino" di A. Schopenhauer:

"Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d'inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l'uno dall'altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell'altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione" (Arthur Schopenhauer, capitolo XXI).

Schopenhauer utilizza il porcospino per evidenziare metaforicamente da una parte il bisogno di vicinanza e calore, dall'altra il dolore che spesso nelle relazioni si manifesta. L'uomo necessita di vicinanza, non sopporta la solitudine e allo stesso tempo desidera e reclama la presenza dell'"Altro", quindi è in perenne mutamento intrapsichico e interpsichico. Schopenhauer evidenzia quanto la vicinanza con l'altro ci espone apertamente alle "spine". Ma anche la lontananza ci rende fragili, in quanto il calore vivo della relazione intima viene a mancare.

Quindi qual è la giusta distanza da mantenere nelle relazioni? Conviene preferire il calore sopportando il dolore o, viceversa, patire il freddo della propria solitudine?

Per il filosofo tedesco è necessario trovare la propria "personale giusta distanza"

Voglio concludere questa breve riflessione con la canzone scritta da Paul McCartney "Hey Jude", la quale racchiude un antidoto per riconoscere e trasformarela perdita e il dolore di un legame importante e insieme suggerisce la necessità di questa trasformazione per rendere il mondo un po' più caldo. Probabilmente in queste parole troviamo quello che Aristotele definiva "In medio stat virtus".

Hey Jude don't make it bad (Hey Jude non essere pessimista)

Take a sad song and make it better (Prendi una canzone triste e falla migliore)

Remeber, to let her into your heart (Ricorda di lasciarla entrare nel tuo cuore)

Then you can start to make it better (Poi puoi iniziare a farla migliore)

Hey Jude don't be afraid (Hey Jude non avere paura)

You were made to go out and get her (Sei fatta per uscire e trovarla)

The minute you let her under your skin (Nel minuto in cui la lascerai penetrare sottopelle)

Then you begin to make it better (Inizierai a migliorarla)

And anytime you feel the pain (E ogni volta che senti dolore)

Hey Jude refrain (Hey Jude, trattieniti)

Don't carry the world upon your shoulders (Non portare il mondo sulle tue spalle)

For well you know that it's a fool (Per quanto tu sappia questo è stupido)

Who plays it cool (Chi la suona in modo freddo)

By making his world a little colder (rende il suo mondo un po' più freddo).

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Scritto da

Dott.ssa Maria Rita Vecchio

Bibliografia

  • Maner, J.K., DeWall, C.N., Baumeister, R.F., & Schaller, M. (2007). Does social exclusion motivate interpersonal reconnection? Resolving the 'porcupine problem.' ''Journal of Personality and Social Psychology'', 92, 42–55. (PDF), su psy.fsu.edu. URL consultato l'8 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 16 luglio 2011).
  • Ginger S., Ginger A. (2004) La Gestalt. Terapia del «con-tatto» emotivo, Ed. Mediterranee.
  • Battacchi M.W., Codispoti O. (1992) La vergogna, IL MULINO RICERCA.

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