Lo psicoterapeuta e i mediatori artistici

Come lo psicoterapeuta della Gestalt formato alle tecniche espressive utilizza i mediatori artistici?

16 MAG 2022 · Tempo di lettura: min.
Lo psicoterapeuta e i mediatori artistici

Lo psicoterapeuta della Gestalt, in particolare quello formato all'utilizzo delle tecniche espressive, utilizza i mediatori artistici come attivatori o facilitatori dei processi creativi del cliente e lavora per far emergere vissuti, non detti, emozioni negative, sogni, allo scopo di renderli "oggetto", cioè di renderli presenti nel "campo relazionale" che si instaura tra terapeuta e paziente e favorire l'integrazione del sé e l'adattamento creativo (Zinker, 2018).

A questo proposito, la psicoterapia a mediazione artistica, come quella della Gestalt Espressiva, a differenza del setting psicoanalitico ortodosso e di quello comunemente adottato anche da altri approcci psicoterapeutici, centrati prevalentemente sulla parola e sul pensiero, prevede l'utilizzo di un mediatore artistico come modulatore della relazione tra paziente e psicoterapeuta, oltre che come strumento di facilitazione dell'autoespressione e promozione dell'integrazione di sé. Infatti, l'impiego di metodologie e di tecniche artistiche nel setting psicoterapeutico, consente di esprimere se stessi liberamente, con il minor numero di censure possibili, e di accedere direttamente e più piacevolmente ad un mondo interno che spesso, attraverso le modalità tradizionali della psicoterapia, ovvero la narrazione, è più difficile da portare all'esterno.

Da un punto di vista metodologico, l'utilizzo del mediatore artistico si configura come un esperimento, una sorta di "gioco" condotto attraverso una o più tecniche che possono rappresentare, per uno specifico paziente, lo strumento di autoespressione più congeniale, compatibilmente con il suo background esistenziale, le sue preferenze e i suoi bisogni, all'interno di uno specifico contesto e di obiettivo che le giustifichino.

Anche secondo Winnicott (1971), la psicoterapia è una forma specifica di gioco. In particolare, egli la definisce come una "forma altamente specializzata di gioco" (Winnicott, 1971, p. 76), perché è creativa, basata sulle emozioni profonde, piuttosto che sulla logica e sulla razionalità, dunque orientata a penetrare oltre la superficie e ridefinire l'identità della persona, spesso soverchiata dal ruolo e dall'immagine sociale.

Anche nell'opera Gioco e realtà (Winnicott, 1971), egli sostiene che la psicoterapia coinvolge due persone che giocano insieme:

"La psicoterapia ha luogo là dove si sovrappongono due aree di gioco, quella del paziente e quella del terapeuta. La psicoterapia ha a che fare con due persone che giocano insieme" (Winnicott, 1971, p.71).

Il fatto che terapeuta e paziente "giochino insieme" implica una reciprocità e una pariteticità che mette in discussione il setting psicoanalitico ortodosso, basato sull'asimmetria, in base al quale lo psicoterapeuta, in virtù della sua superiore competenza ed esperienza, illumina il paziente, rivelando i significati inconsci delle sue parole e azioni. La psicoterapia è intesa da Winnicott (1971) come gioco proprio perché, come quest'ultimo, promuove l'attivazione delle potenzialità creative e trasformative, in quanto le azioni che si svolgono in esso hanno proprietà transizionali, oscillando tra emozioni e pensieri, tra passato e presente, tra comportamenti agìti e comportamenti rappresentati simbolicamente (Montecchi, 1997).

Interagendo con lo psicoterapeuta, le esperienze e le emozioni intense, conflittuali e incomprensibili, acquistano chiarezza, poiché il paziente le traduce in immagini, parole e gesti. Il setting diventa, dunque, una struttura che a sua volta aiuta il paziente a dare una struttura a sé, a ordinare materiale impulsivo e caotico.

L'assimilazione della psicoterapia a un gioco evidenzia, dunque, che il suo obiettivo non è quello medico, di diagnosi e cura basata su prescrizioni assegnate entro una relazione asimmetrica, bensì è uno spazio interattivo e creativo, attraverso cui il paziente ottiene una rilettura della sua storia, che gli consente di dare un senso ai suoi vissuti e di riavviare il suo progetto di vita.

Winnicott (1971) faceva riferimento alla psicoanalisi, poiché al suo tempo era l'approccio psicoterapeutico prevalente ed emblematico, entro cui si era formato, ma da cui iniziò a differenziarsi, per introdurre modifiche al setting ortodosso, come fecero altri successori di Freud, volendo aggiornare il dispositivo originario. In particolare, nella Psicoterapia della Gestalt, soprattutto nella sua forma espressiva, che ricorre ai mediatori artistici, il "gioco" è l'attività di elaborazione delle esperienze e creazione di significati attraverso i mediatori artistici da parte del paziente.

Quindi, l'attenzione dello psicoterapeuta della Gestalt è rivolta al processo e non al prodotto, perché la creatività viene utilizzata come strumento per accedere a se stessi: non si tratta, infatti, di "fare arte", anche se esiste questa possibilità, ma di stimolare la creatività del paziente intorno a qualcosa che egli stesso crea e sul quale può "proiettare" emozioni e vissuti che, grazie all'oggetto, divengono modificabili e favoriscono l'emergere di nuove narrazioni e consapevolezze (Acocella & Rossi, 2013).

In tale prospettiva, il punto di vista dal quale osservare il prodotto del cliente non è di tipo critico e oggettivo rispetto ad un canone estetico di riferimento, ma è soggettivo, perché considera "bello" ciò che è "buono", cioè che si è rivelato fecondo e funzionale a consentire al paziente di raggiungere una maggiore consapevolezza di sé e una più completa integrazione tra le varie parti di sé.

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Scritto da

Dott. Massimo Reale

Bibliografia

  • Acocella, A. M., & Rossi, O. (2013). Le nuove arti terapie. Percorsi nella relazione d'aiuto.
  • Milano: FrancoAngeli.
  • Montecchi, F. (1997) (a cura di) Il gioco della sabbia nella pratica analitica. Milano: Franco Angeli
  • Winnicott, D. W. (1971). Gioco e realtà. Roma: Armando, 2006.
  • Zinker, J. (2018). Processi creativi in Psicoterapia della Gestalt. Milano: Franco Angeli.

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