Buongiorno sono una donna di 52 anni.
Sono seguita da un terapeuta privato e dal Cim per quanto riguarda una blanda cura farmacologica.
La mia diagnosi è "depressione ansiosa".
Con il terapeuta ad orientamento Psicodinamico abbiamo potuto constatare quanto mi faccia male presentarmi a visita dalla psichiatra seppur circa ogni 3 mesi e circa 6/7 mesi fa già le chiesi se potevo non andare più a visita ma lei rispose che essendo una struttura pubblica è obbligata a darmi appuntamento successivo.
Ho subito molti traumi infantili.
Abuso sessuale da parte di mio padre, mia madre mi ha sempre sminuito, i miei fratelli mi hanno dato sempre della "psicolabile", una famiglia disfunzionale.
Come dicevo vorrei lasciare il Cim, seppur continuando la terapia farmacologica.
Mi sento come agganciata all' etichetta che mi è stata attribuita dalla mia famiglia, dai miei fratelli, ad esempio perché mi commuove ricevere un mazzo di fiori, certo la mia commozione potrebbe essere esagerata ma ne conosco il motivo. Non ho mai ricevuto affetto o regali da bambina. Mi fa male quando sono in sala d' attesa vedere persone che urlano, si agitano, oppure sono completamente assenti con lo sguardo perso nel vuoto.
Ecco vorrei sganciarmi dal Cim, mi fa tanto male andarci ma nello stesso tempo penso: se avrò bisogno di aiuto a chi mi rivolgo? (Cosa mai successa tra l' altro).
Ecco, tutto questo è venuto fuori con il terapeuta perché mi sento "malata di mente" e lui mi ha risposto che non lo sono e che forse allontanarsi da un luogo che mi crea insicurezza, paura ed etichettatura, non può farmi che bene.
Mi è difficile decidere.
Grazie.
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14 MAR 2023
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Buongiorno Sara,
la ringrazio di aver condiviso questa storia dolorosa.
Si le etichette che gli altri ci affibbiano a volte sembrano una "condanna" qualcosa che ci identifica. Quello che mi viene da chiederle é che impatto hanno sulla sua personale visione di se?
Partire da questa domanda.....lei ha già intrapreso un percorso volto all'aiuto perché ne riconosce sia l'importanza che la necessità. Le consiglio di continuare con la sua terapeuta e di sentirsi libera come ha scritto qui di comunicare il suo disagio verso questo luogo trovando così la possibilità di stare meglio.
Un caro saluto
Dott.ssa Cecilia Cicchetti