Amore borderline?

Inviata da Emma · 8 feb 2023 Terapia di coppia

Salve dottori,
vi scrivo in quanto vorrei chiedervi parere su una situazione che mi ha causato, e in parte mi causa, sofferenza. Ho avuto una relazione con un ragazzo che penso potrebbe avere un disturbo borderline della personalità, ma non ho conferme, in quanto si rifiuta di consultare uno specialista. Abbiamo iniziato la nostra relazione in armonia, con un'amicizia che poi abbiamo scoperto essere qualcosa di più. La nostra relazione è proseguita con molti alti e bassi e pian piano sono emerse certe caratteristiche: mi ha messo alla prova, mi accusava di mancanza di fiducia nei suoi confronti, di dover guardare a lui e seguire la "sua via", se volevo continuare. Ha avuto una sola relazione importante, a 18-24 anni (ora ne ha 32) e mi diceva che quella relazione era perfetta sotto ogni aspetto.
Ogni abbraccio dato a o ricevuto da amici (che erano anche i suoi amici) diventava sinonimo di forti litigi. Mi ha amato molto, mi ha dato molto ma gli aspetti negativi purtroppo hanno finito per superare quelli positivi: mi ha riempito di insulti e urla al mio mostrargli che è normale avere amicizie e manifestare affetto con abbracci o mani sulle spalle, con amici uomini o donne che siano. "Se qualcuno ti abbraccia tu non ti giri a guardarmi, per vedere la mia reazione e non hai rispetto per me". Si sentiva non rispettato e ferito dal mio modo di essere e vedeva il mio modo di vivere e pensare come mancanza di fiducia in lui. Al mio fargli presente che queste reazioni non erano rispettose, ha cambiato atteggiamento per un po' di tempo e mi ha detto che razionalmente avevo ragione ma, per quello che mi proponeva lui, questo tipo di rapporto doveva essere totale; salvo il fatto di tornare come prima al minimo mio "sbaglio": non rispettare il mio ruolo di donna che doveva amarlo e affidarsi a lui, per poter vivere un amore superiore anche a livello spirituale (è diventato molto cattolico e credente prima che lo conoscessi e solo dopo ho capito che il rapporto uomo-donna in lui è vissuto in modo tale che la donna sia dedita all'uomo e al suo amore in modo totale, lasciandosi guidare e affidandosi a lui). È un perfezionista e si è trascurato molto in tutti questi anni, dopo la crisi che lo ha condotto a trovare la verità nel cattolicesimo, perché sentiva di non riuscire a fare le cose perfettamente, come di solito in giovane età riusciva a fare, ottenendo ottimi risultati all'università e nei suoi interessi sportivi e artistici. Mi ha confessato di doversi frenare per riuscire ad esprimersi con me senza rabbia e aggressività; mi diceva che l'amore va meritato e che io, molto spesso, non lo meritavo. Se mi "comportavo bene", allora meritavo molto.
Inoltre, vive il sesso come peccato e frena continuamente il suo desiderio, in quanto altrimenti sarebbe eccessivo e compulsivo, a suo dire. "Tutto e subito", il suo motto. "Passo dopo passo", il mio. Il mese scorso ho capito che il malessere nel vedere manifestato l'affetto verso gli amici era dovuto ad un riflesso su di me di un problema suo: dopo avergli detto che io non provo il desiderio irrefrenabile di fare sesso con tutti gli uomini che incontro (come lui mi ha confessato di avere ed essersi metaforicamente evirato per questo) e che ogni persona ha pulsioni differenti, mi sono sentita rispondere che era impossibile e non mi credeva, in fondo.
Tutte queste cose le ho comprese e sentite gradualmente, nel corso di 5 mesi in cui spesso ci siamo lasciati, per poi parlare e provare a risolvere, fin quando un'amica mi ha chiesto se lui potesse avere un disturbo borderline.
Molte volte l'ho trovato comprensivo e molto introspettivo, capace di autoanalisi, di capire le mie esigenze, altre invece totalmente sulla difensiva, e sempre, purtroppo, accusatore nei miei confronti del fatto di non saper seguire la sua via e di non capire cosa mi proponesse col nostro rapporto. Mi ha detto che sono una persona equilibrata, ma che lui ha bisogno del massimo, della perfezione per potersi attivare e dare tutto, un tutto che però è altamente distruttivo per me. Se non ha la perfezione non riesce ad attivarsi.
Su di me, posso dire che quasi sicuramente, con questa relazione, tendo a riprodurre schemi vissuti un po' da bambina col papà: abbastanza autoritario e giudicante. E che forse, proprio con questa decisione, ho saputo dire basta e saper decidere per me, anche se è molto doloroso.
La scorsa settimana, dopo gli ennesimi episodi, ho deciso di dirgli con fermezza che quel modo di vivere il rapporto non mi faceva star bene e che quindi non volevo più continuare. Mi diceva che io lo vedevo come male assoluto e che vedevo solo le sue azioni esteriori, continuavo a ripetergli (prima della rottura) che non avevo mai detto queste cose, che avevo scelto lui come compagno e che non c'era da operare una scelta fra lui o gli amici ("a lungo andare dovrai fare una scelta fra me e gli amici", perché vuoi compiacere tutti") , che sì le sue azioni e parole mi avevano ferita ma ero lì a dialogare con lui e a capire e non lo vedevo "totalmente nero", ma spesso mi metteva in bocca parole o pensieri che non avevo detto o fatto.
So di aver fatto bene ad andare via da un rapporto del genere, per la mia stabilità mentale ed emotiva. Gli voglio molto bene, anch'io sto male per tutto quel che è successo e vorrei che lui stesse bene, ma farlo insieme è impossibile in queste condizioni e nessun altro conosce questi suoi aspetti (non parla con gli amici della sua visione del mondo o del rapporto con la donna e dice che la famiglia non ha fiducia in lui) li aveva con me con la quale aveva intessuto una forte relazione. Lui non l'ha presa bene, dicendomi che me ne pentirò perché non vedo quel che mi voleva dare e preferisco compiacere gli altri, anziché pensare a lui. Si rende conto di avere molti problemi da risolvere e voleva proseguire con me la relazione, in queste condizioni. Ma per me, se prima non si opera un cambiamento interiore (ognuno per sé) e non ci si ama da sé, penso che non si potranno mai amare anche gli altri e che la nostra relazione non sarebbe potuta cambiare e personalmente ne avrei sofferto tantissimo. Ora sento di averlo ferito lasciandolo, ma sono arrivata stremata e non riuscivo più ad andare avanti: eravamo stati sereni per 20 giorni, ma appena uscivamo con amici, tutto cambiava; era una situazione che logorava il mio equilibrio. Lui stesso mi ha detto di non sentirsi libero con me e gli altri quando eravamo in gruppo; di star bene quando invece stava con me, perché Dio lo ricompensava per quel che lui faceva a me. Vi chiedo: potrebbe trattarsi di una personalità borderline? Esiste un modo in cui potrei aiutarlo? E come prendermi cura di me? Grazie in anticipo per le vostre cortesi risposte.
Emma

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