Autolesionismo di alcune pratiche identitarie: PARTE 2

Breve saggio sulla sovrapponibilità dei riti identitari con atti autolesionistici e della loro interdipendenza

15 SET 2016 · Tempo di lettura: min.
Autolesionismo di alcune pratiche identitarie: PARTE 2

Nel precedente articolo ho introdotto il concetto di Yakuza, vediamolo insieme.

In Giappone detta anche Gokudō, tradotta e conosciuta in occidente con un generico "Mafia Giapponese", è una serie di bande (Kumi) organizzate, chiaramente dedicate ad attività illecite. È regolata da principi gerarchici e di onore molto rigidi come garanti di un ordine desiderato condiviso. È uso tra gli affiliati definirla "Ninkyō dantai" accostabile ad un significato simile a "onorata società" e gli affiliati hanno un codice cominicativo gergale ed estetico distinguibile e distintivo. Anche loro hanno tra i vari diritti - doveri, interessanti particolarità sulle quali soffermarci. Tra i doveri, nel rito di iniziazione giurano di non contravvenire mai a questi punti:

1. Non avere contatti con le moltre di un altro compnente.

2. Astenersi da attività diverse da quelle normalmente ordinate anche sotto la spinta della povertà.

3. Non tradire mai i segreti dell'organizzazione.

4. Dare lealtà assoluta al proprio capo.

5. Usare solo il linguaggio gergaleo quello speciale del proprio Kumi.

Tra i diritti è possibile tatuarsi il corpo tramite la vecchia tecnica giapponese: si penetra la pelle ripetutamente con un chiodo sottile colpito con un martelletto che viene immerso appena nell'inchiostro. È una pratica non solo accettata ma distintiva: molto dolorosa porta spesso a giorni di febbre alta per avvelenamento da inchiostro e la morte non è rarissima. A sottolineare la qualità identitaria del gesto bisogna menzionare quanto in Giappone l'esposizione di un certo tipo di tatuaggio sia inequivocabilemte indicativo dell'appartenenza alla malavita organizzata e quindi formalmente una divisa: ad esempio si è interdetti ai luoghi pubblici dove si deve far mostra del proprio corpo, come le piscine ad esempio, se tatuati. Come proverò a dimostrare successivamente anche in questo caso il tatuaggio mantiene intatte le sue prerogative. Non saprei se sia azzardato definirlo una manifestazione atemporale e acontestuale. Sospetto abbia caratteristiche "Elementali" pronunciate nel suo significante psichico.

Nel caso di contravvenzione alle rigide regole d'onore imposte, in alternativa alla punizione massima, ovvero l'allontanamento dal proprio Kumi e l'essere banditi da tutti gli altri (hanmon), c'è la possibilità di rimediare tramite un atto volontario: è l'usanza o possibilità per l'affiliato (kobun), di recidersi, davanti al capo offeso (oyabun), una falange del mignolo in segno di scusa e compensazione: pena anche la morte. Il così detto "yubitsume" atto che non permette allo oyabun di rifiutare il perdono. Qui si evidenzia chiaramente la natura del male imposto come collante del costituito tramite la castrazione virile rispetto al capo ordalico ad un livello simbolico non particolarmente derivato. La funzione sociale dei Kumi, radicata nel territorio nipponico dai tempi feudali, è riconosciuta anche dalla fazioni politiche che legittimano apertamente la loro esistenza. Derive partitiche di estrema destra legittimano la loto esistenza in un discorso a noi utile se letto in quest'ottica: le caratteristiche di rigidità e controllabilità dell'organizzazione rendono funzionalmente desiderabile la loro attività sul territorio da un gruppo in un dato momento in quel luogo. Queste condizioni si riflettono in dei comportamente altrettanto prevedibili e quindi anche indirizzabili se non alla necessità emarginabili rendendo la Yakuza socialmente funzionale. Alla fine della seconda guerra mondiale, con il benestare del Comandante supremo delle forze alleate ovvero il generale Douglas MacArthur allora presente sul territorio, la Yakuza ebbe l'incarico di mantenere l'ordine pubblico (!) in cambio di appalti nel mondo dell'edilizia fino ad infiltrarsi sempre più compiutamente nel tessuto politico giapponese fino ad arrivare a fornire le scorte personali di importanti uomini politici.

Nonostante la matrice fortemente delinquenziale dell'organizzazione ancora oggi molti giapponesi vedono nella Yakuza un gruppo nel quale identificarsi perché protettori dei più deboli sui quali fare affidamento nonostante le leggi di sensibilizzazione del governo e le leggi antimafia varate (anche se solo nel 1992). La loro desiderabilià sociale si manifesta nella possibilità degli affiliati di girare impunemente ed avere dei ritrovi, lussuosi, dove campeggia in bella vista il logo del loro Kumi. Le derive patologiche presenti compentrano i meccanismi funzionali alla loro socialità. Come ultimo curioso dato vorrei sottilenare la natura adolescenziale di questo gruppo analizzando l'eziologia del nome Yakuza: la derivazione da tre numeri, 8 - 3 - 9 da cui in giapponese Hachi, Kyuu e San e quindi Ya - Ku - Sa, rappresentanti il punteggio più basso del gioco di carte nipponico l'Oicho-Kabu ci suggerisce da un lato quale sia stato il primo campo di affari dll'organizzazione ma dall'altro il suo spirito fanciullesco (il gioco) e la sua percezione di inadeguatezza rappresentata dal punteggio più basso punto dal quale affermarmarsi in modo compensatorio.

Adesso sonderemo un'altro tipo di condotta per provare a osservare come si possano avere due fini opposti nello stesso comportamento: l'uso di sostanze.

Uso di sostanze

In più nelle società dell'America Centrale, già dal X secolo era ed è uso e costume fare uso dei cactus Peyote, pianta delle zone desertiche del Messico o del Texas (USA) in quanto provocanti allucinazione grazie alla sostanza alcaloide mescalina in loro presente. Rispetto all'uso di L.s.d. occidentale, sostanza con la quale condividono alcuni effetti, abbiamo diversi elementi distintivi tra le due pratiche ma uno più di altri: la presenza di uno sciamano che conferisce la grande attribuzione di significato collettivo dell'esperienza. Per ultimo ma non per importanza la funzione data al "viaggio": per tornare a Sé e non per dimenticarsi via da Sé. Il viaggio sciamanico è finalizzato alla ricerca delle soluzioni delle problematiche postegli dal soggetto o dalla comunità, entrando di fatto in un'altra dimensione, quella degli spiriti, coadiuvato dall'effetto della pianta, per poi tornare diciamo nella realtà ad applicarle.

La figura dello sciamano ha una caratteristica tipica ed importante che ritroveremo anche nella pratica rituale dei tatuaggi: la chiamata sciamanica non è rifiutabile. Chi viene prescelto dagli spiriti deve accettare pena la follia e poi la morte.

Adolescenti

Tornando ai nostri adolescenti chiunque abbia avuto la possibilità di osservarli o condividerne gli spazi aggregativi, fisici e mentali, avrà notato delle similitudini con quanto descritto sopra (parlo di adolescenti perché anche in caso di età anagrafiche superiori, l'età psichica sarà comunque ascrivibile a quel periodo della vita mai integrato). E naturalmente delle differenze.

Proverò a concentrarmi particolarmente su queste in quanto rappresentative dell'inversione di funzione di tali riti per alcuni significativi tratti (integrazione – emarginazione). Prima una breve citazione dei tratti comuni a seconda del comportamento osservato.

A) Nell'uso della cannabis è eclatante il rito della preparazione, della condivisione, del racconto delle esperienze condiviso, della regolamentazione dell'atto del fumare, alle responsabilità dei nuovi arrivati che man mano vengono concesse: di procurarsi la sostanza, della preparazione, del numero di tiri concessi. Diritti doveri che devono essere guadagnati tramite il rispetto della "comunità".

B) Con la l.s.d. si ha la presa in consegna da parte di un consumatore esperto del novizio o è consigliata la presenza di un "tripsitter" ovvero di una persona non allucinata deputata ad aiutare il viaggiatore, per sostenerlo nell'evenienza di un "bad trip" (il temine contenerlo nel caso specifico sarebbe ideale: non lo uso perché incompreso razionalmente e quindi non funzionale).

C) Nell'eroina oltre allo scambio della siringa c'è una coalizione nel gruppo di consumatori teso al controllo e alla difesa. Prima almeno della terribile deriva tossicologica della sostanza: non lascia spazio a nessun tipo di pensiero e il passaggio all'atto diventa una costante in un caotico tutti contro tutti.

D) Per quanto riguarda l'uso di pastiglie, m.d.a., anfetamine, chetamina (mi scuserete se dimentico qualche importante componente della squadra) si sono creati veri e propri gruppi semi - ufficiali che formano spazi aggregativi come le "community" su internet. Gruppi chiusi, oltranzisti, che hanno nell'organizzazione di rave una delle manifestazioni principali, spesso basati sul solo passaparola. Modalità di richiamo dei cospecifici fortemente esclusiva.

E) Tratto estetico comune distintivo è sicuramente il piercing: è praticato in alte percentuali dai partecipanti ai gruppi sopracitati (insieme ai tatuaggi): svolge anche lui la funzione di riconoscimento gruppale. Lo scaring, il piercing ed affini sono un palese manifestazione del tentativo di generare un marchio identitario, sottocultura del mondo dei tatuaggi.

Va sottolineato che un certo uso di sostanze, il tatuaggio, il piercing in tutte le sue declinazioni affondano le proprie radici nella storia più remota dell'essere umano, quasi fossero rappresentazioni archetipiche di comunicazioni Elementali. Lo scopo principale indiviaduabile nella riconiscibilità all'interno di un codice sociale sessuale in prima istanza, si declinava in un successivo derivato nella possibilità di riconoscere l'individuo e collocarlo socialmente osservandone solamente gli ornamenti così da regolare rapidamente le relazioni intragruppo a partire da società preistoriche dove le possibilità comunicative erano certamente ridotte o si andavano raffinando.Come si può notare, poco è cambiato.

Tutti questi gruppi hanno inoltre un codice comunicativo di stampo gergale più o meno rigido a identificare in modo ancora più stretto la cerchia.

La società

Fin qui tutto combacia: bisogni gruppali, identitari, riti iniziatici, regole condivise…ma l'ombra incomincia a stagliarsi ad una visione meno superficiale. La funzionalità di queste manifestazioni rimane simile e anche la prima finalità, ovvero la difesa sociale. Ma compare una seconda finalità identificabile da questo scontato interrogativo: difesa da chi? Dalla società in essere. Le società in essere a loro volta rigettano tali manifestazioni gruppali. Le più evolute hanno sperimentato un sistema per difendersi da chi non aderisce alle leggi che le regolano che fa da contraltare all'ipotetica libertà di scelta che offre: l'emarginazione, apparentemente meno aggressivo rispetto ad una ipotetica azione repressiva, ha il suo motivo d'essere nel ruolo accentratore di individui fuori media che tali gruppi esercitano rendendoli immediatamente riconoscibili, quindi di fatto controllabili e quindi di fatto innoqui. Emanazione sociale di un thanatos raffinato nel tempo che nell'individuale si esprime nell'indifferenza, alienazione. Mancano dei passaggi: proverò a sondarli.

Immaginiamo una società dove le leggi condivise X che hanno portato al suo consolidarsi siano tacite e i depositari di queste avulsi dal territorio. Vengono impartite dall'alto, da un Altro Super – Egoico. Mancando una funzione contenitrice, sia a livello sociale che familiare, alcuni soggetti reagiranno a tali dettami tirandosi fuori e divenendo di fatto cani sciolti (risposta reattiva). Manca però all'effetto pratico un capobranco psichico. Si riuniscono quindi in agglomerati di soggetti dove le uniche collusioni possibili sono tra i frammenti della loro identità disintegrate (Dato determinante: altrimenti sarebbe stato più utile inserire la Yakuza tra le manifestazioni adolescenziali…).

E se di collusione patologica trattasi, allora della coazione a ripetere ci si dovrà occupare. Il soggetto all'interno di tali gruppi usufruisce di alcuni vantaggi (protezione, condivisione, comprensione) e nello stesso tempo deve sostenere il perverso meccanismo. Come? Fornendo il proprio dolore come carburante emotivo per una sorta di cannibalismo emozionale. Si innesca così una fallace percezione della reale circolarità delle emozioni: non si accolgono, vengono esplose all'esterno dove trovano rumorosi spazi siderali invece di comprensivi silenzi. Il luogo scelto permette di esibire la maschera socialmente disfunzionale alla quale il soggetto però tanto deve nella sua funzione protettrice. Si può essere quello che non si è. Si esibirà la maschera protettiva dei fantasmi infantili ipercompensati. Le manifestazioni sono approvabili tanto più lontane e compensative della ferita originale fino a diventare in alcuni casi parossistiche. Essendo una comune senza una finalità di formazione identitaria (se non di tipo fallica – dimostrativa) ognuno dovrà fornire il proprio dolore con l'illusione che verrà capito, senza però possibilità di integrazione: ma non ci sarà restituzione, solo ulteriore frammentazione. Sarà possibile paradossalmente essere quello che si è. Non comprendendo che, in realtà, in quel luogo sarà possibile essere solo quello che, in manifestazioni portate al limite, si vorrebbe essere. Per compensare il vuoto interiore, la mancanza di pensiero, l'incapacità di integrazione. Quindi in totale assenza di un fallo interiore ed in presenza di uno ipertrofico sociale. Si agirà all'insegna del principio del piacere, in assenza di finalità secondarie tese ad una consapevolezza di qualsiasi tipo o di un oggetto intrapsichico adulto: il principio di realtà non è presente.

Un esempio utile a comprendere l'assenza di costruttività di tali relazioni ci sarà dato dalla pratica dei tatuaggi.

Continua!

Parte 3: https://www.guidapsicologi.it/articoli/autolesionismo-di-alcune-pratiche-identitarie-e-annichilenti-parte-3

Parte 4: https://www.guidapsicologi.it/articoli/autolesionismo-di-alcune-pratiche-identitarie-e-annichilenti-parte-4

Ti sei perso la prima parte?

Eccola qui: https://www.guidapsicologi.it/articoli/autolesionismo-di-alcune-pratiche-identitarie-parte-1

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Scritto da

Dott. Simone Nifosi

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