Mi sento persa e fallita e ho paura di rovinare la mia relazione

Inviata da Luce B. · 27 lug 2020

Buongiorno, sono una ragazza di 26 anni. Qualche anno fa, terminata la maturità ho iniziato a soffrire di attacchi di panico, non uscivo più di casa e mi sentivo persa, incapace di scegliere e capire cosa fare "da grande". Ho intrapreso un percorso di psicoterapia e iniziato a scrivere. La scrittura e la psicologa mi hanno aiutata e rafforzata, e nonostante qualche momento di oscillazione, sono diventata una giornalista.
Pensavo di aver superato tutto, invece, il peggio doveva ancora arrivare. Da tre anni sto con un ragazzo e so, sento, di amarlo molto. Il primo anno è stato idilliaco, per me era tutto nuovo e stupendo e le cose andavano alla grande. Poi ho avuto una brutta labirintite per due mesi e da lì è andato tutto male. Ho iniziato a piangere di continuo, a sentirmi smarrita e mi ero convinta che il mio ragazzo avrebbe dovuto lasciarmi. L'anno scorso la situazione è ulteriormente peggiorata. Vedendo che lui non mi lasciava, ho iniziato a pensare che forse ero io a doverlo lasciare, innescando un circolo di pensieri (che io chiamo "vocine") del tipo lo ami o no? E se lo ami, allora perché pensi questo? Se pensi questo è perché non lo ami e forse non l'hai mai amato, ma in realtà non vuoi perderlo. Insomma, un circolo vizioso difficilissimo da spezzare. Non mangiavo più e passavo il tempo a piangere, ad mille sensi di colpa per i pensieri che facevo, a sentirmi inadatta e fallita, ad avere ansia e correre in bagno ogni tre secondi. Su consiglio del mio medico, ho iniziato a prendere la sertralina e non ho mai interrotto la terapia con la psicologa. Ho alternato momenti di alti e bassi, ma alla fine sono riuscita a riprendermi e a capire che io amo davvero il mio ragazzo e che ho solo paura di perderlo.
Il problema, però, si sta ripresentando in questi giorni. Stando bene, due mesi fa ho sospeso la sertralina (a poco a poco e dopo un anno e mezzo) ma da lì le cose sono andate male... al lavoro ho sibito insulti e umiliazioni, e la scorsa settimana, a casa del mio fidanzato c'è stata una brutta lite tra lui e i suoi genitori (entrambi siamo precari e viviamo ancora con le famiglie) dove il padre ha fatto capire che io non sono sempre gradita. In questi giorni sto malissimo. Piango tutto il giorno, non mangio e ho paura di tutto. Del futuro, della routine, del cambiamento. Temo di dover lasciar andare il mio amore in modo che lui possa avere un buon rapporto con la sua famiglia. E così sono tornate a galla tutte le vocine e questa volta faccio ancora più fatica a non ascoltarle e a non cedere. Alterno momenti in cui vorrei stare da sola ad altri in cui vorrei stare solo con lui... solo che anche quando siamo insieme, il senso di colpa per i miei pensieri mi tormenta e allora inizio a piangere. In più, tornare a casa sua mi agita non poco, anche se i suoi gli hanno detto che non ce l'hanno con me e che è stata solo una sfuriata. Non dormo, e se dormo mi sveglio di colpo con tachicardia e bisogno di correre in bagno. E piango, piango, piango. Mi sento una persona inutile, una delusione per i miei genitori e per il mio ragazzo. Penso di continuo al futuro, al fatto che prima o poi perderò tutto. I miei genitori stanno invecchiando e sapere che non ci saranno per sempre mi distrugge. E allo stesso tempo anche pensare al futuro con il mio ragazzo mi spaventa... perché stare con lui significa avere a che fare con la sua famiglia e lasciare la mia... sono confusa, vivo di sensi di colpa e arrivo a pensare che se non ci fossi, sarebbe molto meglio. Nemmeno parlarne con la mia psicologa aiuta... e la mia dottoressa mi ha consigliato di riprendere la sertralina, ma io mi sento in colpa anche per il fatto di dover prendere un antidepressivo. Non so più che fare...ho letto in molti form che chi è depresso per prima cosa tende ad allontanare tutti, e per questo tende a rovinare anche la propria relazione. Io ho come l'impressione di essere condannata a vivere per sempre così, in mezzo alla tempesta e tra le lacrime...

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Miglior risposta 28 LUG 2020

Salve Luce,
Il resoconto che ci ha offerto è molto ricco di spunti e denota una buona auto-consapevolezza. Comprendo la sofferenza legata alla critica mossa dai suoi "suoceri" che probabilmente si innesta facilmente fra le sue debolezze e rischia di scavare un solco profondo nella sua autostima. Il lavoro che sta facendo con la collega sembra aver dato i suoi frutti, nonostante questo periodo di ritorno ad una sintomatologia depressiva, le consiglio di proseguire il percorso che sta facendo con la psicologa e di sfruttare le nuove informazioni e la nuova sofferenza per ottenere delle risposte e delle strategie che la possano aiutare più efficacemente in futuro. Se le è stato consigliato di prendere nuovamente dei farmaci, le consiglio di tornare da uno psichiatra per farsi consigliare sulla posologia attualmente necessaria, poiché significa probabilmente che la situazione lo richiede per riuscire ad ottenere il massimo dalla psicoterapia.
Non è tornata indietro, non può accadere, però ha avuto un intoppo, si tenga strette le persone care, si fidi della collega e insieme riuscirete a venirne a capo...
Le auguro di ritrovare presto la serenità che aveva.

Resto a disposizione,
Dott Marco Tagliagambe
Psicologo-psicoterapeuta
Cognitivo e comportamentale.

Dott. Marco Tagliagambe Psicologo a Empoli

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28 LUG 2020

Cara Luce,
nel passato la psicoterapia ti è stata di aiuto, più volte ti sei ripresa, hai affrontato le difficoltà. Quando si è tristi, si tende a perdere la fiducia, si ha paura di non potere più stare meglio e capita di avere dei pensieri come quelli che hai descritto. Parlane con la tua psicologa, il tempo di miglioramento non è sempre uguale. E se il medico ti ha consigliato l'antidepressivo è perché ha visto che hai bisogno di aiuto. La terapia psicologica e farmacologica possono essere combinate, non si escludono a vicenda. Se tu avessi un'infezione batterica per la quale il medico ti prescrive l'antibiotico, ti sentiresti in colpa di prenderlo? O se avessi la febbre molto alta non prenderesti il farmaco per stare meglio? La sofferenza interna si vede meno e allora si tende a volte a sminuirla ma spesso è proprio quella che fa stare male di più.
Un caro saluto
Dott.ssa Katarina Faggionato

Dr.ssa Katarina Faggionato Psicologo a Vicenza

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28 LUG 2020

Buongiorno Luce,
lei ha spiegato molto chiaramente una situazione complessa e in questa risposta posso prendere in considerazione solo alcuni aspetti e non tutti, anche se tengo presente che ci sono.
Due le cose che hanno risvegliato la mia attenzione clinica come se fossero dei 'perni' attorno ai quali ruota il malessere. Il primo è la parola 'precari'. Vedo bene che l'ha usata per il lavoro e so che questo anno in particolare rende ancor più difficile rimediare alla precarietà lavorativa. Sappiamo però che il potere economico gioca un ruolo fondamentale nella psiche. Potrebbe pensare di investire del tempo per 'mettersi al sicuro' da questo punto di vista.
Il secondo aspetto che mi colpisce è il fatto che, pur avendo una terapia in corso, lei 'lanci un grido' verso altri professionisti. Mi viene da pensare che, quello che noi psicologi potremmo dire qui, rischia di avere per lei il ruolo che hanno le 'vocine' che si contraddicono. Credo che lei debbo trovare la SUA voce, rinunciando alla polifonia adolescenziale del 'tutto può essere' e dirigendo la sua vita nella direzione desiderata che includa anche eventuali limiti, come per esempio aver bisogno di un farmaco. Questo è il lavoro terapeutico che le auguro di riuscire a completare.
dott. Giuliana Gibellini, psicologa psicoterapeuta, Specialista in psicologia clinica.

Dott.ssa Giuliana Gibellini Psicologo a Carpi

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