Come aiutare la mia ragazza a superare la Sindrome di Abbandono?

Inviata da Sergio · 20 giu 2018

Buon pomeriggio a tutti.
Sono in una relazione da quasi 3 anni con la mia ragazza. Noi viviamo a Londra, Regno Unito. Io sono italiano, di Bari, lei e' polacca di Varsavia.
Abbiamo rispetivamente 26 e 24 anni.

Vi racconto e spiego la situazione.

La mia ragazza ha avuto una adolescienza un po' complicata a livello sentimentale.
Sua madre ha cacciato il padre di casa quando la mia ragazza, Hanna, aveva 19 anni.
Hanna era studentessa di giornalismo in universita' e da quando il padre se ne ando' di casa, la madre ha smesso di finanziarle gli studi, costringendo anche Hanna ad andare via di casa per trovarsi lavoro e alloggio da sola. Hanna non poteva comunque permettersi gli studi quindi ha seguito altre passioni, tra cui arti marziali ed il padre non era in ottime situazioni economiche per poter sostenere le spese. Premetto che il padre con cui ho un buonissimo rapporto, e' una persona eccezzionale, molto intelligente e attivo, e sa come aiutare i propri figli nel superare le fasi della crescita'. Hanna ha un fratello di 16 anni che al momento vive con sua madre.

Ho conosciuto Hanna qui a Londra in cui mi ero gia' stabilito da 3 anni, lei era di passaggio visto che voleva solo accumulare soldi durante l'estate per ritornare in Polonia, ma abbiamo deciso di convivere e di li nacque la relazione.

Hanna pero' non ha mai voluto rimanere a Londra (stando a cio' che mi ha sempre raccontato) pero' con la speranza che riuscissimo a mettere soldi da parte e eventualmente andare via e comprare una casa. Lei ama l'Italia e il lifestyle quindi spera di poter vivere in Italia un giorno.

Ovviamente non e' facile riuscire ad accumulare soldi per comprare una casa specialmente considerando le spese che si affrontano a Londra e un entrata che tra me e lei supera a malapena le £2700 mensili, quindi lei si sente chiusa in una gabbia.

Con la madre ha perso completamente ogni contatto, chiudendo i loro rapporti con liti colme di ira e frustrazione, visto come si e' sentita trattata.
Con il papa' lei ha un ottimo rapporto e costantemente si sentono per aggiornarsi e lei chiede a lui molti consigli.

Adesso passando alla situazione attuale e nei dettagli dei suoi comportamenti vi spiego il mio problema.

Hanna richiede moltissime attenzioni, dalle piu' grandi come essere costantemente in positivo con il denaro, visto il suo grande desiderio di comprare casa e sentirsi a casa, in un posto che le appartiene, alle piu' piccole come anche solo portarle qualcosa a letto o rispondere ai messaggi che ci mandiamo se no si allarma.
Io sono una persona molto molto paziente, nonostante anche io sia cresciuto con un padre che ha sempre fatto fatica ad essere PADRE e nonostante i miei si siano separati quando io avevo l'eta' di 14 anni. Ho subito anche io una fase di chiusura e molto spesso arrivare a prendere delle deicisioni mi risulta molto difficile visto l'esempio di padre che ho ricevuto. D'altronde ammetto di essere una persona che cerca sempre di evitare il conflitto, molto spesso mettendo la coda tra le gambe e accontentando richieste anche se non mi vanno giu'.
Lei ultimamente, da quando abbiamo cambiato casa e quindi dioobiamo preoccuparci di pagare l' affitto e trovare gente che copra le stanze da affittare (un grande stress aggiunto) lo stress di Hanna sta crescendo a dismisura e la sua rabbia la sfoga su di me, arrivando a insultarmi e adarmi dell'incapace, come se tutto il sostegno e l'appoggio che le dia sia dovuto da parte mia e non riconosciuto come un sacrificio.

Ho trovato un testo su internet che riflette Hanna molto molto bene:

"Di solito, le persone che soffrono della sindrome di abbandono vivono una condizione di vera e propria “fame” che è prodotta dalla sensazione di non essere state sufficientemente nutrite dal punto di vista affettivo ed emotivo. Si tratta infatti di una patologia che riguarda il senso di sé e del prendersi cura: in qualche modo, non riconoscono le risorse personali né il senso della “costanza oggettiva” che consentirebbe di sentirsi affettivamente nutriti anche quando l’altra persona non è presente e non supporta costantemente “come una madre” ed ovviamente anche quando si è soli.

Queste persone non si sono sentite sufficientemente protette e contenute e non hanno sviluppato quella “base sicura” che consentirebbe di sentirsi stabili e sicuri all’interno, padroni delle risorse necessarie ad affrontare perdite, in grado di fronteggiare con le proprie forze ansie e drammi emotivi. Proprio lo stato di continuità e la percezione di “poter contare” sono fondamentali per strutturare un “mondo stabile interiore” che superi la paura dell’abbandono facendo leva sulla solidità emotiva e sul senso di valore personale. La persona che soffre di questa sindrome ha una grande paura di “restare sola” e vive questa eventualità come una vera e propria morte.

Da questa percezione di vuoto e di fragilità interiore nascono poi tutte le dinamiche di difesa che sono finalizzate ad impedire che il partner possa abbandonare. Le strategie che vengono adottate sono aggrappamento, manipolazione, eccessivo senso di fragilità che danno vita a ipercontrollo e ricatto emotivo, tutto per evitare ciò che temono di più al mondo: “la perdita”. In una parola queste persone sviluppano una forte “dipendenza affettiva” che le pone anche nel ruolo della “vittima” che, anche se del tutto inconsciamente, è strettamente funzionale al loro problema e serve ad attirare l’attenzione altrui.

Ci sono alcune caratteristiche interessanti e molto visibili in questa tipologia di persone, alcune visibili anche nella loro postura: spesso hanno la schiena curva e un corpo ipotonico con le spalle più basse del normale.
Altra caratteristica tipica di chi soffre di sindrome abbandonica è la paura di prendere decisioni: in genere deriva dal timore di alienarsi l’attenzione altrui.
Hanno inoltre continuamente bisogno di chiedere consigli (che poi non seguono perché a loro non interessa il “consiglio”, bensì il supporto che ottengono in questo modo)
Altra loro caratteristica è la grande paura di lasciare: usano spesso frasi quali “devo proprio andare… devo lasciarti”.. a conferma della loro reale difficoltà nello staccarsi da qualsiasi cosa, persona o circostanza.
In fondo, ciò che temono più di tutto è la solitudine; per questo motivo finiscono dentro a situazioni e relazioni tragiche anche se la vivono con tanta sofferenza. Tuttavia, dal loro punto di vista, è comunque meno drammatica rispetto quella che deriverebbe dall’abbandono e dalla solitudine che credono di non poter in alcun modo gestire.

La risoluzione di questa sindrome passa attraverso una terapia che dia sostegno e supporto fino a che il soggetto non trovi dentro di sé le risorse necessarie per affrontare le dinamiche emotive che tanto gli fanno paura e che teme di non riuscire a reggere.

E’ importante per queste persone avere dei progetti chiari in cui investire e in cui dirigere le proprie energie; spesso nelle persone dipendenti vi è la convinzione di dover sacrificare i propri bisogni ed è qui che si autoingannano creando invece le situazioni in cui possano sentirsi deboli, fragili e soli."

Io riconosco che Hanna ricada in questa lettura e siccome sono disperato e quasi senza piu' idee ed energie, chiedo un aiuto piu' concreto a chi en sappia di piu'.

Sono anche contento di fornire piu' dettagli di ogni genere se richiesti.

Grazie mille per la vostra collaborazione!

Sergio

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Miglior risposta 21 GIU 2018

Gentile Sergio,
la sua lettura della situazione della sua compagna e della vostra relazione è molto attenta e precisa e lascia trasparire i suoi sentimenti per lei e il suo desiderio di far funzionare questo rapporto.
Purtroppo però non è possibile darle (e darvi) un aiuto concreto limitandosi ad un portale web, ma è necessario che troviate uno psicologo a cui rivolgervi direttamente per approfondire la questione, meglio se in coppia se Hanna è d'accordo, o in alternativa per lei individualmente per essere aiutato a gestire al meglio la situazione con la sua compagna.
Un cordiale saluto,
drs Lucia Mantovani, Milano

Dott.ssa Lucia Mantovani Psicologo a Milano

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