NON APPROCCIARSI AGLI ALTRI

Buongiorno Massimiliano,
Spesso i ragazzi con DSA oltre ad avere specifiche difficoltà negli apprendimenti possono presentare anche delle fragilità relative agli aspetti emotivi e relazionali. La loro autostima scolastica è spesso più bassa rispetto ai coetanei e a volte anche le loro abilità sociali possono risentirne. Ricordiamo inoltre che a 16 anni devono fronteggiare nuove sfide evolutive che li vedono impegnati nell'acquisizione di una sempre maggiore autonomia dalla famiglia d'origine, passo che viene compiuto investendo a livello emotivo e relazionale nelle relazioni con i coetanei. Alla luce di tutto ciò sarebbe molto utile un consulto con uno psicologo specializzato in dsa e difficoltà emotive. Dispongo di entrambe le competenze e se lo ritiene utile può contattarmi per una prima consulenza online.
Un caro saluto
Dott.ssa Vita

Buongiorno Massimiliano, grazie per la sua condivisione.
L’adolescenza è una fase di profondo cambiamento, caratterizzata da intense emozioni. Non sempre l’elaborazione delle stesse risulta facile; non è scontato infatti che l’adolescente possa sentirsi a suo agio davanti a questi cambiamenti. È importante che suo figlio in questa fase si senta accompagnato e possa trovare ascolto e supporto nell’espressione dei suoi vissuti, bisogni e difficoltà. Per quanto riguarda l’indirizzo psicologico consigliato, un approccio cognitivo-comportamentale potrebbe essere utile per fornirgli delle strategie per lavorare sull’integrazione tra pensieri, emozioni e comportamenti. Sicuramente è consigliato un/una terapeuta specializzato in ambito evolutivo e adolescenziale.
Rimango a disposizione per qualsiasi necessità.
Ricevo a Torino e online.

Gentile Massimiliano
Non è facile essere alle prese con le difficoltà dei nostri figli e un più l'adolescenza è un periodo particolarmente complesso da tanti punti di vista, in particolare perché cominciamo a gestire autonomamente le relazioni con gli altri, senza più il filtro genitoriale.
Il fatto che suo figlio non riesca facilmente ad entrare in relazione con i coetanei, potrebbe dipendere da moltissimi fattori che vanno valutati, alcuni dei quali possono essere disfunzionali mentre altri potrebbero semplicemente essere imputati all'età o alla predisposizione personale.
Per cominciare un percorso psicologico adeguato non ha tanta importanza l'approccio psicoterapico (anche se con i più giovani viene spesso consigliata una terapia di tipo cognitivo-comportamentale) quanto invece rivolgersi ad un professionista che si occupi principalmente dell'età adolescenziale: sarà la persona più adeguata a seguire suo figlio perché conoscerà tutte le variabili in gioco, saprà come rapportarsi con lui, come guadagnarsi la sua fiducia e in ultima analisi come aiutarlo a venir fuori dal suo guscio quando sarà lui a sentirsi pronto.
Un caro saluto,
Dott.ssa Giorgia Maimone

Gentilissimo Massimiliano, grazie per la condivisione innanzitutto. Capisco la situazione che descrive; l'adolescenza è un periodo molto complesso ed estremamente delicato, soprattutto quando c'è il rischio o timore di sentirsi diversi per le proprie fatiche. Credo che, al di là dell'orientamento, possa essere importante e d'aiuto per suo figlio intraprendere un percorso di terapia, in modo da aiutarlo ad esprimere quello che sta vivendo.
Cordiali saluti
AV

Buongiorno, a mio modo di vedere prima di pensare a che tipo di orientamento è più efficace per il problema di suo figlio è necessario identificarlo correttamente con una precisa diagnosi differenziale. I DSA correlano con diversi disturbi per ognuno dei quali esiste un piano terapeutico differente.
Le suggerisco pertanto di richiedere una valutazione più puntuale onde evitare trattamenti inefficaci e che possano portare al cosiddetto drop-out.

Buongiorno Massimiliano,
la ringrazio per aver condiviso qua la situazione di suo figlio.
È stato dimostrato come spesso i/le ragazzini/e con difficoltà di apprendimento (DSA) spesso mostrano più ansia rispetto agli altri studenti. È stato visto come il concetto di sé, il modo in cui una persona si valuta, insieme al senso di autoefficacia (ovvero la consapevolezza di essere capace di dominare specifiche attività, situazioni ed eventi) influiscono sulle difficoltà sociali ed emotive.
La terapia cognitivo comportamentale è risultata particolarmente efficace nel trattamento di diverse difficoltà, fra le quali quella esposta da lei. E scrivo efficace in quanto è l’unico approccio evidence-based, ovvero basato su esperimenti ed evidenze scientifiche (questo poi potrà tranquillamente andare a verificarlo su internet).
Questo tipo di trattamento aiuta le persone a concentrarsi sul proprio modo di pensare, in modo da renderle in grado di individuare con precisione le situazioni temute e di modificare i pensieri disfunzionali riguardo ad esse.
Nella parte comportamentale della terapia, attraverso le tecniche di rilassamento, l’apprendimento delle abilità sociali e la tecnica dell’esposizione graduale alla situazione temuta (regolata sulle possibilità di ogni persona), i pazienti saranno aiutati a fronteggiare il proprio comportamento evitante, di protezione e di concentrazione su sé stessi. Il terapeuta insegnerà alla persona a giudicare sé stessa in modo meno rigido, ad accettare i propri limiti, reali o no che siano, ad ammettere la possibilità di non essere sempre giudicato positivamente da tutti, rinunciando alle proprie pretese di perfezionismo e al desiderio di un amore generalizzato nei suoi confronti.

Spero di esserle stata in qualche modo di aiuto,

Dott.ssa Giada Valmonte

Gentile Massimiliano,
la sua è una buona iniziativa. Sicuramente suo figlio sta già ricevendo un trattamento scolastico specifico per il DSA con piano didattico personalizzato esteso anche alle superiori che va perseguito.
Quanto al trattamento clinico, può giovarsi di logopedia e psicoterapia (preferibilmente cognitiva-comportamentale ).
Qust'ultima servirà a potenziare le abilità sociali, gestire al meglio ansia e stress, offrire supporto emotivo e migliorare le funzioni esecutive di pianificazione, programmazione, organizzazione/regolamentazione dei comportamenti.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).

Salve Massimiliano,
ne ha giá parlato con suo figlio riguardo al fatto di ricevere un supporto per gestire meglio le relazioni con gli altri? Nella situazione descritta sarebbe importante anche comprendere se, nonostante la tendenza a isolarsi, che indica essere a scuola, ha costruito qualche amicizia anche in altri contesti diversi, anche se fosse solo una.
In quanto all'orientamento piú adatto non c'é una risposta definitiva, l'aspetto piú importante é che si riesca a instaurare una relazione con la persona che si ha davanti. Iniziare poi a ricevere, come genitore, supporto per capire meglio la situazione puó essere un modo per avvicinare il ragazzo stesso a un percorso di sostegno. Bisogna comunque tener conto del fatto che iniziare un percorso di sostegno psicologico non é una "medicina" che guarisce da una "malattia" ma richiede del tempo e proprio per questo é importante l'instaurarsi di una relazione con la o il terapeuta, con cui ci si senta abbastanza comodi.
Sono a disposizione per un eventuale colloquio orientativo in cui capire meglio la situazione e poter indirizzare in maniera piú personalizzata la richiesta.
Cordialmente,
Dott.ssa Sonia Cané