Cari dottori,
sono in cura da circa due anni e mezzo , con ottimi risultati. Un paio di giorni fa il mio ex marito , in cura presso lo stesso studio, ma con altro terapeuta, mi ha comunicato che amici suoi, divenuto poi anche miei, hanno scelto di svolgere una terapia di copia con la mia terapeuta. La terapia e’ poi proseguita individualmente , per lui , con la mia stessa dottoressa. Con il mio ex marito ho vissuto una relazione insana, i miei spazi personali si sono nel tempo ridotti. Ora, ho avuto la sensazione di sentirmi “ invasa “ nel mio spazio protetto . Lui ( l’amico del mio ex marito ) oltretutto , mi ricorda la figura di mio padre , con il quale ho un rapporto ancora irrisolto. Ho comunicato in seduta tutti i miei vissuti, e, in prima battuta , la cosa sembrava risolta. Oggi abbiamo nuovamente affrontato l’argomento e non ne “ vengo fuori “ . Credo che , come mi e’ stato riferito , la terapeuta ignorasse il collegamento con il mio ex marito …. Ma …. Mi sento “ invasa” e “ tradita” . Sono ben cosciente di essere una delle tante pazienti. Non riesco ad accettare che abbia in cura un uomo violento che mi ricorda mio padre. Per di più collegato alla figura del mio ex marito. Sono molto confusa . Ho pensato anche , dolorosamente, di interrompere. Dall’altra, so che ho la possibilità di lavorare su qualcosa che mi lacera ancora : il rapporto con i miei genitori. Perdonate il racconto confuso. Mi date anche il vostro punto di vista? Grazie mille , Sara
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14 LUG 2023
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Cara Sara, la tua sensazione è comprensibile.
Proprio per evitare situazioni del genere, a nostra stessa discrezione noi psicologi valutiamo sempre di prendere o meno in carico persone eccessivamente vicine a pazienti che sono già in un percorso con noi.
Mi sembra di aver capito che ne hai palato con la tua terapeuta ma non hai effettivamente sentito un miglioramento della situazione.
Posso rassicurarti sul fatto che noi professionisti (come sicuramente sai) siamo vincolati al segreto professionale, per cui la tua terapeuta non può raccontare cose su di te ad altri. Capisco però che la situazione di invasione rimanga lo stesso, senti una contaminazione negativa di quello che era il tuo spazio sicuro.
Io credo che mantenere un canale chiaro e aperto con la tua terapeuta sia fondamentale: se senti che a queste condizioni il tuo percorso sia compromesso, diglielo e chiedile di pensare insieme a delle possibili soluzioni.
L'efficacia di un percorso personale è molto dettata dal setting, quindi quello che ci racconti è indubbiamente importante.
Rimane la tua libera scelta quella di proseguire con lo stesso professionista o con uno nuovo, però ribadisco (dal mio punto di vista) quanto sia fondamentale che tu ne parli direttamente con lei.
Sono sicura che ti aiuterà a e troverete una soluzione.
Ti mando un saluto e rimango a tua disposizione!
⊱ Dott.ssa Valeria Carbone - Psicologa, consulente sessuale e Counselor professionista (Torino e online)
13 LUG 2023
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Buongiorno Sara,
Capisco la sua indecisione ma, questa situazione che si è venuta a creare, penso si possa vedere anche come un'opportunità all'Interno del contesto terapeutico.
Credo sia meglio comunicare alla psicologa questa sua possibile volontà di interrompere il percorso con lei. Potrebbe essere un contenuto molto utile per lo svolgimento della prossima seduta.
Un caro saluto
13 LUG 2023
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Buongiorno Sara,
È comprensibile il suo disagio proprio perché lo spazio protetto della terapia è in effetti contaminato dalla presenza con la stessa sua terapeuta del suo ex partner. La sua terapeuta non ne era finora a conoscenza quindi può considerare il lavoro fatto fin qui abbastanza protetto. Si può considerare ora però l’opportunità di elaborare la questione dei confini arrivando ad affrontare il complesso paterno di cui lei parla. Questo lavoro però penso vada fatto con un nuovo terapeuta presso un nuovo studio, proprio per non andare sempre nella stessa confusione di spazi. Il lavoro fatto è fatto, ma su questa nuova dimensione da lei opportunamente scoperta, sarebbe necessario cominciare con un nuovo setting psicoterapico.
Dott. Pietro Salemme