Attacchi di ansia - ex ragazzo
Ciao, riposto qui un nuovo commento, non credo di essere stata per niente chiara nel precedente. Quest’estate inizio a frequentare M., mi ha cercata lui. Un ragazzo dolce, sensibile, intelligente. Già dopo qualche giorno che uscivamo assieme, inizia a parlare di figli, a fare cose che trovavo anche troppo in avanti rispetto alla conoscenza del rapporto. Ma va bene, mi ripeto, perché mi dice, che sin dalla prima volta che mi aveva vista, aveva pensato…che ero proprio la ragazza che faceva per lui. Pian piano ci conosciamo..e me ne innamoro. Era il ragazzo perfetto, che mi faceva pensare ad una vita assieme, mai un dubbio, tutto perfetto….tutto perfetto. Il ragazzo che quando ti addormenti resta a guardarti e ad accarezzarti, che non ha occhi se non per te, l’uomo che ti fa sentire la prima donna, una principessa.
Tutto fino a circa un mese e mezzo fà…in corrispondenza di un viaggio, il primo. Da lì, uno scivolone verso il buio. Mi racconta che sin dall’età adolescenziale, a fasi alterne, era stato in cura sia da uno psicologo che da uno psichiatra per via degli attacchi di ansia e che quest’ultimo gli aveva prescritto più volte dei farmaci. Questi farmaci li aveva presi durante tutta l’estate e terminati poco prima del viaggio. Da quella data inizia a stare male, attacchi di ansia e panico molto forti. Fino a quando una mattina, decide di andare via da casa mia, perché anche solo un mio abbraccio lo faceva stare male, perché rifletteva tanto amore. Da qui mi dice che non ce la fa, che non riesce, che mi vuole bene ma che quest’ansia lo sta uccidendo, quest’ansia dice, che è causata dal mio pensiero..o meglio al pensiero del nostro legame. Abbiamo parlato. Tanto. E crede d’essere arrivato alla conclusione che non riesce a legarsi ad una donna, perché vede come affetto primario la sua famiglia, come se la mamma fosse la sua DONNA. La sua famiglia è sempre stata presente nella sua vita. I genitori mi dice che gli hanno dato più di quanto lui avesse bisogno. Una cosa stupenda, ma questo legame l’ha molto indebolito, poiché i genitori l’hanno sostituito in tutto e per tutto, non rendendolo autonomo di fare delle “scelte” ed è per questo che quando esce dal guscio di casa si sente smarrito. Insomma accade che, mi dice che non ce la fa, non ci sentiamo perché non voglio farlo stare male….ma gli manco e mi richiama dopo qualche giorno, si fa risentire, ci riproviamo…non una ma varie volte, ed io ovviamente strafelice ogni volta, succhio quei secondi assieme, fatti purtroppo solo di brevi chiacchiere e baci, e non più rappresentati dall'ordinarietà di una coppia. Nel frattempo, aveva risentito lo psichiatra che gli ha fortemente consigliato di riprendere il farmaco, ma lui è assolutamente contrario all'assunzione di questo, vuole vivere con i suoi occhi e non con quelli di un farmaco. Questa cosa gli fa molto onore, ma è dura. Ad oggi ha cambiato centro e lo sta seguendo da pochissimo una psicologa, il percorso lo so, è lungo, e lui non ce la fa a starmi accanto, nonostante mi voglia e mi pensa continuamente, mi dice che pensa solo a me. Mi sembra di vivere in un incubo, a volte penso che egoisticamente, la scelta più giusta sia quella di prendere quel maledetto farmaco, perché il cammino che deve percorrere è ancora troppo lungo ed io non voglio perderlo. Quello che vorrei chiedervi è cosa è più giusto che io faccia? In questa storia vedete una via di luce? E’ possibile che una persona cambi così tanto? Qual è la persona che ho conosciuto? Inutile dire che vi scrivo con le lacrime agli occhi. Grazie.