Amore o famiglia?

Inviata da Sara · 20 ago 2018 Terapia familiare

Salve, mi chiamo Sara, 21 anni, e sono quattordici mesi che sto con S..
Abbiamo convissuto per sette mesi in Inghilterra, e le cose tra di noi andavano abbastanza bene (nonostante i parecchi litigi dell’ultimo periodo di convivenza, dovuti alla decisione di aborto e a quella di tornare in Italia che, sebbene difficili per me, erano necessarie). Tornati qui in Italia, dopo i miei vari dubbi riguardo la nostra relazione a causa del mio aborto, mi sono resa conto che lo star male per il termine della gravidanza era nulla paragonato al dolore causato dall’assenza del mio compagno. Così, siamo tornati a star insieme ma vivendo ognuno a casa sua. E il problema è qui.
I suoi genitori mi hanno sempre trattata come una figlia fin dal primo giorno, mi hanno sempre rispettata e sono sempre disponibili per qualsiasi cosa. Per lui, però, non è lo stesso. Mio padre è convinto che lui non sia la persona adatta a me, che io meriti di meglio, e dopo tutto questo tempo (si sono conosciuti ad ottobre dello scorso anno) continua a considerarlo un estraneo. Mia madre, succube di mio padre poiché debole, non fa che appoggiarlo in qualsiasi cosa lui dica o faccia sebbene, dal mio punto di vista, tutto ciò è sbagliato. All’ultima cena avuta insieme, con i miei e il mio fidanzato, ho tentato di risolvere un problema avvenuto il giorno prima, anche se solo adesso mi rendo conto di aver sbagliato ad aprire argomento col mio fidanzato presente.
Ad ogni modo, io ho una sorella di 11 anni a cui faccio da babysitter perché i miei lavorano. Il giorno prima di questa fatidica cena, rispettando le regole imposte, sono stata con mia sorella tutto il giorno, portandola in piscina con me, il mio fidanzato e le sue sorelle gemelle di 11 anni. Tuttavia, è successo che, per cena, io e lui abbiamo deciso di mangiare al ristorante per passare un po’ di tempo da soli. Stando praticamente in villeggiatura accanto casa di mio nonno, prima di uscire, gli ho detto di non aspettarci sveglie perché io sarei uscita con lui e mia sorella avrebbe invece mangiato da mia suocera, per poi dormire nel nostro appartamento e non da lui. Ma, una volta al ristorante, i miei genitori chiamano minacciando di venirmi a prendere “per i capelli” e trascinarmi a casa mia in centro dopo avermi “gonfiata di botte” se non fossi tornata a casa per le 22:30 perché mio nonno li aveva chiamati riferendogli che io avrei dormito con il mio fidanzato da me (aveva quindi frainteso ciò che io gli avevo detto in precedenza). Così, sentendoli poi alle 22:30 precise, gli ho spiegato che loro avevano frainteso tutto. Si sono poi appigliati alla scusa che loro non vogliono dare fastidio a mia suocera, dicendomi poi che io non posso uscire quando loro non sono qui in vacanza. I patti erano però che io potevo uscire qualche volta, lasciando mia sorella con mio nonno per quelle ore in cui non c’ero. Dopo aver poi discusso dell’accaduto con il mio fidanzato, lui ha convenuto che forse era meglio lasciarsi dal momento che lui non piace molto alla mia famiglia e che io avrei dovuto trovarmi un fidanzato migliore, qualcuno che possa soddisfare mio padre. In preda a delle crisi isteriche e d’asma dopo tutto ciò, lui mi ha chiamata una volta arrivato a casa, dicendomi che senza di me non può farcela e promettendomi che cambieremo le cose. Così è venuto poi a cena il giorno dopo da me ed io ho aperto l’argomento subito dopo il caffè, dicendo a mio padre che volevo chiarire ciò che era successo la sera precedente: la loro reazione era stata esagerata non avendo chiesto a me o a mia sorella, e che erano andati in escandescenza senza motivo. E che per quanto riguardava le uscite, il giorno prima lui mi aveva detto che poteva capitare di uscire e lasciare mia sorella, per quelle tre/quattro ore con mio nonno (perché questi erano i patti sin dall’inizio). Mio padre ha cominciato col dire che ci sono delle regole a cui sottostare e negando, fin da subito, l’accordo riguardante le uscite. Ha poi precisato che lui non vuole assolutamente che io e S. stiamo insieme nella nostra casa di villeggiatura se loro non sono presenti, agendo così da guardiani, e che quando loro non ci sono io devo essere sempre con mia sorella. E a ciò io non potevo non rispondere che non c’era alcuna intenzione di far dormire S. con me, e che io non avevo abbandonato mia sorella, ma che ero sempre stata con lei fino al momento del ristorante, dove saremmo dovuti restare per due ore massimo. La cosa peggiore è però che mio padre, in ogni discussione, non fa altro che mettersi sempre un gradino più in alto degli altri, con un’arroganza indescrivibile, offendendo velatamente e ferendo, consapevole di farlo, provandoci gusto. Crede che la sua esperienza di vita sia stata la peggiore e la migliore allo stesso tempo, e si aspetta che tutti facciano ciò che ha fatto lui, credendo così di avere il potere di poter giudicare le scelte e la vita degli altri. Con lui non esistono “se” o “ma”. Tutto è ridotto al suo pensiero, ritenuto quello giusto, e qualunque cosa vada contro esso è da condannare.
Mi ha poi detto che, nel caso in cui io non voglia sottostare a tutto ciò che lui impone, posso pur sempre andarmene e vivere da mio nonno o dal mio fidanzato o tornarmene a Londra.
Quindi la mia domanda è se seguire ciò dice il mio cuore, ovvero stare da mio nonno finché non ripartiremo a giugno per l’Inghilterra oppure tornare a casa con i miei e non essere felice. E dico non essere felice perché so com’è fatto mio padre e che mi permetterà di vedere il mio fidanzato solo quando dice lui, ovvero due volte a settimana (se proprio ci va bene).
Io non riesco a star così lontana da S., perché abbiamo comunque convissuto e sono del parere che la probabilità di essere la persona che mi accompagnerà per il resto della mia vita è molto alta. Provare a parlare, per l’ennesima volta, con mio padre è inutile. Quindi...cosa fare?
Grazie.


Sara

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Miglior risposta 27 AGO 2018

Buongiorno Sara,
la storia che racconta è complessa e sarebbe opportuno avere maggiori informazioni su diversi aspetti.
Consideri che potrebbe esserle utile richiedere una consulenza di uno psicologo, online o nella sua zona, per fare chiarezza su questo delicato momento che sta passando.

Cordialmente,

Dr. Gianmaria Lunetta,

Psicologo Clinico a Torino

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