La generazione Z al lavoro: Come si comportano professionalmente?

Come si comportano i giovani della Gen Z al lavoro? Che comportamenti hanno a livello professionale? Scopri la tendenza di questa generazione.

19 MAG 2023 · Tempo di lettura: min.
La generazione Z al lavoro: Come si comportano professionalmente?

La Generazione Z comprende i giovani nati dal 1996 in poi, ragazzi che si stanno via via facendo strada nell'intricata giungla del lavoro, portando con sé elementi di novità e cambiamento che non possono essere ignorati, anzi si rende assolutamente necessario comprendere senza stereotipi o giudizi affrettati questa nuova generazione che bussa alla porta del mercato del lavoro per chiedere il suo spazio.

Come si comporta la Generazione Z al lavoro?

Di che numeri stiamo parlando? Le stime concordano che nel mondo sono circa due miliardi e nel trend attuale arriveranno, da qui a cinque anni, a costituire il 30% della forza lavoro. L'Italia non è da meno con i suoi nove milioni di giovani appartenenti a questa Generazione, di cui un milione già inserito nel mondo del lavoro. Numeri che, se analizzati con maggiore attenzione, non restituiscono però una fotografia a tinte chiare del nostro paese: nel 2018 quasi un disoccupato su due aveva un'età compresa fra i 15 e i 34 anni e i NEET, ovvero soggetti fra i 15 e i 29 anni né occupati e né inseriti in un percorso di formazione, erano circa il 22% (una delle percentuali più preoccupanti d'Europa).

Questo scenario dipende senza dubbio da molti fattori, compresa l'assenza di un vero sistema di orientamento allo studio e al lavoro, che tenga conto anche e soprattutto delle reali inclinazioni, desideri e interessi delle Persone, oltre che dei trend occupazionali espressi dai vari settori economici. Un giovane abbandonato a se stesso aumenta il rischio di intraprendere percorsi che si rivelano poi insoddisfacenti, perdendo tempo, risorse e soprattutto la fiducia in se stesso, andando con molta probabilità ad accrescere le fila dei cosiddetti "rassegnati" al "fallimento". Perdere i giovani per strada è un lusso che non possiamo permetterci, non possiamo disperdere il loro patrimonio, in ogni "rassegnato" si può celare un talento da scoprire, sarebbe come negarci il futuro.

I giovani di questa Generazione sono naturalmente portati a cavalcare la rivoluzione digitale che ormai sta ridefinendo i parametri delle interazioni sociali, così come del profilo del lavoro: immersi sin dalla nascita nella tecnologia, storytelling e linguaggio visivo sono il loro nuovo alfabeto, all'interno di un "modello" percettivo e cognitivo in cui l'emozione prevale sulla razionalità.

Come si comporta la Generazione Z al lavoro?

Il loro identikit è ricco e variegato: a fronte di innegabili limiti, come ad esempio la difficoltà a sostenere a lungo l'attenzione, una cultura "pret-a-porter", predigerita dal web e pronta all'uso, senza inutili sforzi mnemonici ("tanto" in due click accedo alla conoscenza…), la convivenza con una forma di trasfigurazione della percezione del reale, la ricerca di una gratificazione rapida, si contrappongono la predisposizione a cercare e mantenere relazioni aperte e collaborative, la volontà di mettersi in gioco per ciò in cui si crede, il volere incidere sulla società, prestando molta attenzione alle tematiche dei diritti civili, della parità di genere, del benessere psicofisico e al bilanciamento fra lavoro e vita privata.

Sembra in sostanza che questa Generazione si distingua da quella precedente, la cosiddetta generazione dei Millennials, o Generazione Y, per una più forte volontà di riappropriarsi del proprio destino, perché meno rassegnata, perché meno propensa al "sistemarsi", perché più orientata a ricercare la propria autorealizzazione, qualunque essa sia.

Ed ecco allora che per poter incrociare le valide aspettative di questa Generazione si rende necessario esprimere dei valori aziendali trascinanti, sostenibili, basati sul merito, il coinvolgimento e accompagnati da comportamenti coerenti, per garantire motivazione non solo a lavorare, ma a lavorare bene.

Abbiamo bisogno di promuovere confronto e la collaborazione fra generazioni diverse, sforzarci di capire i diversi punti di vista, valori e bisogni al fine di trovare o costruire convergenze. Bisogna che tutti gli attori, le generazioni abbandonino gli stereotipi e i pregiudizi, a vantaggio di un sincero ascolto e rispetto reciproci per una convivenza costruttiva, al netto di qualsiasi tentativo di prevaricazione. Abbiamo bisogno di "umiltà bidirezionale". Potremo così costruire nelle nostre aziende ponti che uniscono e non barriere che escludono e dividono, offrendo vere opportunità ai nostri giovani e riducendo la fuga dei cervelli.

PUBBLICITÀ

Scritto da

Dott. Massimiliano Bergomi

Bibliografia

  • Iacci, P. Rotondi, F, (2020). Generazione Z e lavoro. MIlano, Italia: Franco Angeli

Lascia un commento

PUBBLICITÀ

ultimi articoli su psicologia risorse umane e lavoro

PUBBLICITÀ