Sposato da poco e “preso” da un’altra persona, come posso chiarirmi?
Salve, rubo il vostro tempo con un quesito che credo ormai molto comune:
37 anni tra poco, sposato da 8 mesi con una ragazza con cui sto da oltre 7 anni totali ormai; un rapporto all’inizio difficile da gestire il nostro: sono stato il suo primo ragazzo, e con una terza persona in mezzo che mi voleva (e alla quale non ero interessato) e che non ha esitato a mettere zizzania, con conseguenti stati di tensione tra noi (situazioni del tipo in cui un nonnulla era spesso sufficiente a farmi “mettere alla porta”, a portarla ad allontanarsi, atteggiamenti che denotavano richiesta di continua conferma delle mie intenzioni, tendenza a dare la precedenza a qualsiasi impegno con la famiglia, alla quale è legatissima, nell’intento di creare una fase di “transizione” che li abituasse alla nuova situazione etc), risolti spesso con molto spirito di accomodamento e sacrificio da parte mia (inviti di amici miei declinati perché lei non voleva venire, mentre con i suoi si doveva uscire sempre, rifiuto o imbarazzo a conoscere persone a me care, etc).
Fin qui i primi 3 anni… poi un lutto per lei, la sbandata per un altro, inizialmente solo amico, e che poi è diventato altro, e dal quale io stesso l’ho accompagnata per “chiarire” (diceva lei, ma è stata solo la conferma che invece lui era importante), il lasciarsi ufficiosamente (per i miei genitori, mentre i suoi sapevano la storia), poi il ritorno insieme, forse con l’errata sensazione, da parte mia, che si ripartisse da zero e che tanti problemi fossero superati.
I 3 anni successivi hanno visto molti momenti felici e poche liti, sempre accompagnate da strascichi e rimuginamenti miei interiori, nei quali mi ripetevo che non era la persona giusta, che non era il caso di andare avanti, ma che si risolvevano poi in richieste di scuse da parte mia, a ragione o torto, e nell’andare avanti, pur con un’altalenante insoddisfazione di fondo mia che ho sempre spiegato alla luce della mia naturale propensione alla malinconia e al desiderare spesso di star solo, nonostante io sia in realtà una persona allegra e venga spesso riconosciuto come “leader” per il mio modo di proporre, fare e risolvere problemi.
Decidiamo di sposarci: prime liti per la casa, allora occupata, poi per l’aver rinviato una volta il matrimonio, e per argomenti minori e non collegati alla vita insieme; discussioni nelle quali il filo comune era il partire da stupidaggini per arrivare spesso, con un crescendo quasi parossistico accompagnato da conclusioni eccessive (del tipo io “ma non arrabbiarti così” e lei “certo, per te sono pazza se faccio così, questo è quello che vuoi dire! Stai zitto ! non parlare!”) su ciò che dicevo io che autorafforzavano la necessità da parte sua di urlare, a crisi sue quasi di nervi con pianto e urla, e davanti alle quali il mio restare in silenzio come l’implorare di non fare così per non sentirsi male per nulla non avevano che l’effetto di peggiorare le cose.
Tali episodi vengono tuttora spesso giustificati come conseguenza del tono mio in alcune risposte: sicuramente anche io spesso non riesco a rispondere in maniera distesa, ma non sono mai stato una persona a cui piace provocare: se rispondo male è perché leggo – a torto o ragione – una provocazione, cosa che avviene spesso a causa del mio essere spesso sulle difensive, anche quando non servirebbe…se posso definirmi in una frase, io purtroppo sono il buono che sa cosa succede se diventa cattivo…incamero, sopporto, assorbo, ma non esterno, perché so quali sono le conseguenze dell’esplosione.
Le parole: si, le parole sono il problema… una cosa che le rimprovero spesso è l’utilizzo di parole che per me hanno un suono “sgradevole” o un significato fortemente negativo, e sulle quali io mi irrigidisco subito e sfodero le difese.. da li spesso il passo alla lite è breve, e il far notare l’utilizzo di termini “pesanti” quasi sempre corrisponde all’affermazione di non aver capito nulla o che così non era e non avevo capito nulla io o peggio, che mi attaccavo alle parole e perdevo di vista la sostanza e non mi chiedevo il perché si arrivasse a dire quello che si diceva.
3 mesi prima del matrimonio, una lite furibonda in auto a partire da stupidaggini, con crisi di pianto e frase fatidica sua: “basta non ti voglio più, lasciamoci, i mobili li vendiamo e basta così”, e conseguente accollamento di colpe mio pur di ricucire e tornare sulla “decisione” (a distanza di mesi e ripetizione anche da sposati del “non ti voglio più” saprò che era detto così e dovevo pormi anche qui il perché della frase e non fissarmi sulla frase in se).
Questa lite però è stata un momento che mi ha segnato: la sensazione di insoddisfazione è diventata una costante, e spesso mi sono trovato a pensare, specie nelle successive liti da stress per i preparativi, che avevo sbagliato a ricucire, pensieri ovviamente rimandati indietro e “riassorbiti” nel turbine dei giorni che ci separavano dalle nozze.
Ci sposiamo: la mia sensazione alla cerimonia era come di guardare “da fuori” ciò che succedeva: l’insoddisfazione, il dubbio, c’erano, ma erano ricacciati indietro dal classico “ma no, io sono così, andrà tutto bene”.. prime liti da sposati, con le stesse modalità, ma con l’impossibilità di “elaborare” il litigio data dal non vivere più in case separate ma sotto lo stesso tetto, e per le cause più disparate: uscite con amici, faccende domestiche non svolte secondo il suo criterio (premesso che non sono un pantofolaio o uno che non fa nulla.. anzi!), fino a scenate quasi assurde e improperi verso una mia amica, che conosco da anni e che ho visto crescere, alla quale, per via del mio hobby della fotografia, avevo fatto degli scatti sia a tema che in intimo, ma della cui assenza di seconde intenzioni e della cui serietà nei miei confronti sono sicuro al 100%.
Anche questa scenata, reiterata in discussioni successive, ha lasciato il segno: è riemersa la questione, mai sopita, dell’altra persona di 3 anni prima; ho elaborato una forma di insofferenza, in quanto non riconoscevo in lei il diritto di attribuirmi o peggio accusarmi di cose che lei aveva già fatto, e alle quali io invece, nello stesso frangente, non avevo neppure lontanamente pensato.
Premetto una cosa: non ho mai cercato altro oltre alle persone con cui sono stato, e, specie negli ultimi 2 anni, la mia collaterale attività fotografica mi ha messo davanti parecchie possibilità di “distrazione”, ma che non ho mai voluto cogliere: solo in un’occasione ho ceduto, ma tuttora ho rimosso l’episodio proprio perché insignificante: nulla mi ha lasciato, se non la consapevolezza, casomai ce ne fosse stato bisogno, che io non sono tipo da una botta e via… deve esserci veramente qualcosa. Non sono un traditore seriale o uno che è abituato a giocare con più mazzi di carte, anzi, ho sempre rifuggito il pensiero e criticato aspramente chi si comportava in tal senso.
Poi una sera, in una sessione fotografica, conosco una ragazza, che mi ha fatto da modella per una sessione di nudo: poche parole, scambiate giusto per rompere il ghiaccio ed allentare la tensione (sempre di foto di nudo si trattava e per lei era la prima esperienza), ma una sensazione di “persona che ti resta dentro” che già si fa sentire: la vedo al sera dopo al centro commerciale, io con la mia lei, e lei che assorta a guardare sugli scaffali, ma non la disturbo; inizio a mandarle le foto man mano ritoccate, descrivendo le tecniche usate e complimentandomi con lei per il fisico stupendo, e ricevendo da lei chiari segni di gradimento.. alla fine ci scambiamo i numeri, e iniziamo a vederci: alla sua precisa domanda (uno “shit test” immagino) ammetto tranquillamente di essere sposato, e di avere già liti pesanti alle spalle, e noto nel frattempo chiari segni che lei gradisce la mia compagnia (cercare le mie mani, gradire di essere abbracciata e stretta, nomignoli come tesoro, gioia, tesorino). Di lei vengo a sapere che a meno di 30 anni ha già un divorzio dopo soli 4 mesi di matrimonio e qualche convivenza alle spalle: è una ragazza dolce, determinata, sempre in movimento, e bella sia fuori che dentro, sa cosa vuole e cosa cerca, ha già le sue esperienze e mi racconta di uomini ai quali lei ha riservato attenzioni che io mai ho visto e che da uomo io avrei preso a calci per come si sono comportati: le chiedo di uscire, e le dico la verità: non so come, e perché, ma sento di essermi un po’ innamorato di lei: ci abbracciamo, ci diamo dei baci innocenti, ma mi risponde che non vuole essere la causa di una rottura, ma io sono consapevole, e glielo dico, che lei ha solo fatto scattare un meccanismo probabilmente già carico da tempo, ma del quale nessuno si era accorto.
Tuttora ci vediamo quando possibile, ma nulla di fisico è mai successo, neppure un bacio vero, solo piccoli baci sulle labbra, abbracci, carezze, mani che si cercano (sia lei che io), ma sempre è chiaro il fatto che ciascuno gradisce la compagnia dell’altro, che c’è sintonia, che si sta bene insieme, anche se fugacemente e col tempo che ci rincorre (quanti “imprevisti” e scuse per ritardare al lavoro avrò inventato? Non lo so!)
Lei dal canto suo esce da una storia di convivenza che ancora qualche segno glielo ha lasciato, e dice di star bene sola, ma nel frattempo non rifiuta di vederci per il caffè e i bacetti del buongiorno, o quando si può.
Nel frattempo con mia moglie inizio a raffreddare il rapporto (anche a seguito di una lite veramente assurda con tanto di fiori, regalatele poche ore prima, sbattuti sul tavolo con tanto di “non li voglio, mi hai preso in giro!”), a rifiutare spesso l’intimità (cosa fatta spesso anche da lei anche per un tono di voce secondo lei alterato), fino al punto di dirle, dopo un periodo di distacco più evidente (non tornavo apposta a pranzo) “non so se ti amo ancora”.
Da qui la fatidica frase: “tu hai un’altra” e mia negazione in tal senso… e in effetti no.. in senso fisico non ho un’altra… c’è una persona che mi ha preso, ma non è l’altra, non è un’amante, non è sesso… è qualcosa che non provavo da tempo, il cuore che batte, la sensazione di restare senza fiato quando la vedo, e il pensare sempre più spesso a come sarebbe stato se non avessi sempre ricucito gli strappi e lasciato che gli eventi andassero diversamente.
Dopo l’ultima lite con mia moglie, lei mi dice che capisce che sono in un periodo di “sbando” e che se ci fosse un’altra, lo capirebbe e mi perdonerebbe, dicendomi anche che non è bello che ci si separi, ma che se veramente non l’amo più, un giorno arriverà l’altra e allora la coppia scoppierà, ma per il momento cerchiamo almeno di non litigare, perché non voleva più star male come l’ultima lite, perché lei a me ci tiene davvero.
Da qualche giorno, dopo questa specie di tacito patto, i rapporti si sono come distesi, come se entrambi fossimo consapevoli che le cose possono cambiare ma che un cambiamento si può anche accettare.. almeno.. questo è ciò che sembra.. una situazione reale non si sa come verrebbe presa.
Io dal canto mio credo di aver realizzato che il mio sentimento per lei è scemato: probabilmente era così già da prima di sposarci, e ho dato le colpe di volta in volta alla mia indole, allo stress, a qualunque cosa, ripetendomi di andare avanti.. per cosa effettivamente adesso non saprei.. non è normale fare sesso con tua moglie e non appena lasci libera la mente immaginare che ci sia l’altra persona con te, anche se non c’è mai stato nulla di fisico, solo il desiderio (di sicuro da parte mia).
Ormai non c’è attimo che non pensi a questa situazione, e mi chieda perché proprio a me? Perché adesso? Sono cattolico, non molto praticante, ma gli eventi successi ad un caro amico mi hanno fatto capire che nulla è eterno, neppure i matrimoni in chiesa… considerare tutto questo una prova? No, non ci credo: la prova, la tentazione, il caso, la coincidenza, li ho sempre considerati un modo “terreno” per sdoganare disegni a noi sconosciuti, mentre per me tutto ha un senso, mi rifiuto di credere che non sia così
Da un lato temo di prendere una decisione che possa creare dolore, imbarazzo pubblico e privato e che lasci comunque una profonda ferita qualora si tornasse indietro, dall’altra mi sento “fuori posto”, seppure la mia sarebbe da definire una situazione perfetta: famiglie che si vogliono bene, suoceri che mi adorano.. sono l’uomo perfetto, per tutti meno che per me… non so se è più la paura di restare solo che mi blocca (nei fatti le faccende domestiche che svolgo anche io sono una sorta di “allenamento”, e le mie esperienze precedenti mi hanno insegnato che sono capace di impormi di non tornare mai indietro) o il timore di un “salto nel buio” doloroso per tante persone che non hanno colpa.
Grazie in anticipo.