Lo scaffolding come strategia d'apprendimento

Il tutor non ha solamente il compito di trasmettere informazioni teoriche ma anche di offrire supporto a livello emotivo e cognitivo.

12 MAG 2017 · Ultima modifica: 11 NOV 2020 · Tempo di lettura: min.
Photo by Marisa Howenstine

Che cosa significa scaffolding

Lo scaffolding è un concetto legato alla psicologia e alla pedagogia che consiste in una strategia di apprendimento. Nel 1976 tre psicologi, Jerome Bruner, David Wood e Gail Ross utilizzano per la prima volta, in ambito psicologico, il termine scaffolding in un articolo pubblicato sul Journal of Child Psychology and Psychiatry.

Si tratta di una parola inglese scaffold, che, tradotta letteralmente, significa "ponteggio" o "impalcatura".

Dal momento in cui viene utilizzato per la prima volta, il termine si diffonde enormemente e inizia a indicare una strategia di apprendimento che parte da una persona più esperta verso una meno esperta. Il primo individuo, infatti, crea una sorta di "scaffold", impalcatura appunto, per aiutare il secondo nel suo processo di apprendimento.

Quest’azione di sostegno viene indicata con il termine tutoraggio e sta ad indicare appunto il lavoro di verifica e accompagnamento costante che il tutor realizza nei confronti del suo apprendista in risposta ai reali bisogni e alle competenze raggiunte.

Le diverse fasi dell’apprendistato cognitivo

Lo scaffolding è solo una delle fasi in cui si sviluppa il processo dell’apprendimento. Secondo alcuni recenti studi esistono 4 fasi in totale coinvolte in tale processo, che devono essere seguite dal tutor perché l’allievo apprenda forme di automonitaraggio e autocorrezione nello sviluppo della competenza che sta acquisendo.

Vediamo quali sono:

  • Modeling ovvero il modellamento: è quando l’esperto esegue l’azione da apprendere mentre, l’apprendista lo osserva.
  • Coaching che corrisponde all’allenamento, ovvero quando l’apprendista viene introdotto all’oggetto della competenza e viene assistito e accompagnato dall’esperto che fornisce feedback su quello che si sta facendo.
  • Scaffolding ovvero assistenza: è l’impalcatura sulla quale si basa l’apprendimento, ossia l’apprendista impara ad eseguire il compito sotto la guida dell’esperto.
  • Fading è la fase dell’allontanamento, ovvero l’esperto continua ad accompagnare l’apprendista ma permettendogli di agire autonomamente e fornendo solo supporto in caso fosse necessario.

Lo scaffolding e il fading sono due aspetti fondamentali dell’apprendimento e della crescita in generale, perché permettono al bambino di sviluppare le proprie capacità ed avere fiducia in sé stesso.

Questi due processi devono essere intesi come un accompagnamento pertanto non solo da un punto di vista tecnico e cognitivo, ma anche emotivo: incoraggiando il bambino ad acquisire nuove competenze e conoscenze, infatti, lo si stimola anche a livello di motivazione, autostima e capacità di stimolare gli ostacoli. 


Vygotskij e la zona di sviluppo prossimale

Vygotskij e la zona di sviluppo prossimale

Per mettere in atto il processo cognitivo dell’apprendimento è importante conoscere quella che Vygostskij chiama Zona di sviluppo prossimale. La zona di sviluppo prossimale rappresenta il contesto in cui l’esperto può agire, ovvero l’individuazione della distanza tra lo sviluppo cognitivo del bambino nel momento di inizio dello studio e lo sviluppo potenziale a cui il bambino può arrivare con il supporto e la collaborazione dell’adulto.

Questo significa che l’esperto dovrebbe porre al bambino quesiti di un livello superiore a quelli che attualmente conosce, ma non troppo difficili, in modo tale da non risultargli incomprensibili. Ovvero l’apprendimento implica un’evoluzione delle proprie abilità cognitive, ma attraverso dei piccoli passi che possono essere seguiti facilmente dal bambino e devono essere adatti al suo sviluppo.

Un esempio di scaffolding spontaneo è quello che coinvolge i genitori e nell’insegnamento del linguaggio al proprio bambino. In questo caso infatti i genitori, in una prima fase, forniscono esempi e interagiscono con il neonato per stabilire una comunicazione e il bambino possa apprendere il significato delle diverse strategia comunicative.

In un secondo momento lasciano poi al bambino maggiore spazio, perché possa esprimere ciò che ha appreso, concedendogli sempre più autonomia man a mano che il bambino si sente sicuro.

In questo senso i genitori costruiscono prima l’impalcatura per l’apprendimento e poi la smantellano nel momento il cui il bambino si dimostra autonomo nel padroneggiare la nuova competenza. Vediamo più nello specifico quali sono le 5 fasi dello scaffolding, che sono direttamente conseguenti alle 4 fasi che abbiamo citato poco sopra.

Le 5 fasi dell’impalcatura dello scaffolding

Questa strategia si applica principalmente per aiutare e per sostenere un bambino durante il suo processo di apprendimento in cui deve svolgere un compito difficile da portare a termine in totale indipendenza. Proprio per questo il termine scaffolding non viene utilizzato solamente in psicologia ma anche in pedagogia.

Per poter svolgere il proprio ruolo, il tutor non ha solamente il compito di trasmettere informazioni teoriche ma anche di offrire supporto a livello emotivo e cognitivo. Secondo gli psicologi che hanno creato il concetto dello scaffolding, l'impalcatura che l'adulto crea per aiutare l'apprendista è formata essenzialmente da cinque fasi.

  • Reclutamento: il primo compito fondamentale del tutor è quello dell'interessamento al compito. Il maestro deve motivare l'alunno e spronarlo, soprattutto nei momenti più complessi dell'apprendimento.
  • Riduzione dei gradi di libertà: il tutor ha il dovere di semplificare e provare ad alleggerire il processo, cercando di adattare i propri insegnamenti alle capacità e al momento in cui si trova l'allievo. Il compito dev'essere chiarito in semplici passi, senza bisogno di complicare la spiegazione.
  • Incoraggiamento e sostegno: durante il percorso di apprendimento, il tutor deve mantenere alto non solo il livello di attenzione del bambino ma anche il suo livello di motivazione: l'apprendista deve mantenere un interesse costante per raggiungere la meta, senza però farsi trascinare dall'ansia.
  • Messa in evidenza dei punti cruciali: il tutor deve far comprendere all'apprendista quali sono gli aspetti cruciali del compito, in modo tale che l'alunno possa comparare i suoi risultati con quelli che sono realmente necessari per il processo di apprendimento.
  • Dimostrazione (modeling): dopo che l'apprendista ha effettuato i suoi tentativi per risolvere il compito, il tutor mostrerà la sua strategia per arrivare alla soluzione. Il bambino potrà ripetere il modello spiegato dal tutor e migliorarlo attraverso ciò che ha imparato.

Attraverso queste fasi, l'apprendista avrà un appoggio non solo di tipo tecnico. Il tutor lo aiuterà a migliorare la sua autostima, a mantenere le sue motivazioni e a superare gli ostacoli in maniera autonoma. Questa strategia di apprendimento, dunque, deve portare l'apprendista a un livello superiore che gli permetta di sviluppare maggiori e migliori competenze. In seguito, pian piano, il maestro (o il genitore) dovrà "smontare l'impalcatura" costruita per permettere al bambino di essere in grado di affrontare i compiti in totale indipendenza. Se vuoi ricevere maggiori informazioni sul tema, puoi consultare il nostro elenco di professionisti esperti in psicologia del bambino. 

Bruner strategia di apprendimento e psicologia

Bruner, strategia di apprendimento e psicologia

A livello teorico abbiamo visto che Bruner è alla base del concetto di scaffolding e dello studio del processo di apprendimento da esso designato.

Lo scaffolding infatti venne usato per il suo significato analogico, ovvero la traduzione di impalcatura in inglese, e indica quella teoria per cui l’intervento di una persona esperta che ne aiuta un’altra meno esperto diventa una fondamentale impalcatura e supporto per l’acquisizione della competenza in questione.

Quest’azione di sostegno si trasforma pertanto in una forma di toutoraggio che deve fornire un supporto adeguato in base alle competenze, ai bisogni e ai livelli di apprendimento che ha raggiunto l’apprendista. Lo scaffolding si configura pertanto come l’insieme di strategie di aiuto utilizzate da un esperto per facilitare il processo di apprendimento nell’apprendista.

Proprio in questo contesto la teoria di Bruner sullo scaffolding si lega profondamente alla zona prossimale di sviluppo dello psicologo Vygotskij. Abbiamo visto che esistono due aree di sviluppo individuale:

  • Area effettiva di sviluppo: che comprende quelle aree di cui è già stata acquisita una competenza da parte dell’apprendista
  • Area potenziale di sviluppo: racchiude tutte quelle competenze che sono potenzialmente acquisibili da parte dell’apprendista, perché sono superiori ma comunque vicine alla sua area di sviluppo attuale e che potrebbe apprendere in un futuro o con il supporto di un esperto.

La zona di sviluppo prossimale e lo scaffolding sono complementari e vengono realizzati e messi in contatto attraverso la figura del tutor o del mediatore che permette l’apprendimento della nuova competenza. La didattica deve inserirsi appunto in questa parte del processo cognitivo che permette al bambino di raggiungere,  grazie allo scaffolding e alla figura del mediatore, la sua zona potenziale di sviluppo.

tutor e tutoring

La figura del tutor e il toutoring 

La figura del tutor si configura pertanto come quella del mediatore: ovvero una persona che non solo deve trasmettere le sue conoscenze ma deve anche accompagnare l’allievo nel processo cognitivo.


Alcune tappe di questo processo sono:

  • Ammettere l’apprendista o l’allievo
  • Definire gli obiettivi e mantenerli durante il processo di apprendimento
  • Adattare la competenza da apprendere alle capacità dell’allievo
  • Rimarcarne gli aspetti fondamentali Individuare le possibili soluzioni e limitare la libertà dell’allievo (o del gruppo di allievi).

Per studiare la figura del mediatore sono stati presi in esame le relazioni tra genitori e figli e i modelli di apprendimento spontanei messi in atto dalla relazione parentale, come per esempio imparare a camminare o a parlare. I genitori abbiamo già accennato che funzionano come una prima impalcatura per l’apprendimento di determinate competenze.

È stato però osservato che non solo i genitori rivestono questo ruolo, ma sono stata registrate forme di supporto anche negli oggetti o nell’ambiente che il bambino incontra nel suo mondo. Per esempio l’uso delle dita per imparar a contare è una struttura di supporto per imparare a contare mentalmente.

I bambini mettono in atto continuamente una ristrutturazione cognitiva del loro ambiente per utilizzar strumenti e impalcature che possano essere utili per l’apprendimento di una competenza. Ovviamente sono strutture momentanee che vengono poi lasciate da parte nel momento in cui si presenta una consapevolezza delle proprie operazioni cognitive, ovvero quando si è appresa la competenza che si stava studiando.

Sempre ritornando al caso dell’uso delle dita nel conteggio, è importante che il bambino smetta di usare le dita per lasciare spazio solo al calcolo mentale una volta appreso il meccanismo e la competenza.

Il problem solving collaborativo

Lo scaffolding viene pertanto presentato come un problem solving di tipo collaborativo. Non è il bambino che deve imparare un concetto da solo, ma deve essere l’insegnante che tramite l’individuazione del potenziale di sviluppo del bambino propone le competenze da apprendere e acquisire.

In questo modo il concetto di problem solving passa appunto da individuale a collaborativo: Ovvero l’adulto e il bambino collaborano insieme per raggiungere la competenza, e anche nella fase del fading, quando il bambino viene lasciato solo per fare propria la competenza acquisita, il tutor rimane sempre presenta, ma in un secondo piano, per aiutare in caso di bisogno o di feedback.

Nella didattica l’utilizzo di questi due tipi di problem solving in alternanza, può essere un modello utile per l’insegnanti di sostegno per portare il bambino sia a imparare a collaborar con gli altri, sia a risolvere i problemi e i compiti in maniera autonoma.

didattica e scaffolding

L’utilizzo dello scaffolding nella didattica in Italia

A livello didattico lo scaffolding ha preso ovviamente piede negli ultimi anni. In Italia è stata adottata in alcuni casi una metodologia chiamata sfondo integratore che fu teorizzata da Andrea Canevaro e Paolo Zanelli e che prevedeva dei percorsi scolastici di apprendimento contestualizzato per l’integrazione di alunni “diversamente abili”.

Questo metodo ha riscosso molto successo nelle scuole d’infanzia perché si configura come uno strumento che mette in contatto l’organizzazione didattica con lo sviluppo di evoluzione del bambino. In questo senso lo sfondo integratore è una particolare organizzazione contestuale di spazi, tempi, comunicazione, etc, una sorta di cornice, che permette l’evoluzione autonoma del bambino e della sua identità.

Lo sfondo integratore si sviluppa in 3 direzioni:

  • Sfondo istituzionale: come struttura per sostenere il bambino con disabilità e facilitare la sua integrazione a livello di organizzazione degli ambienti e attraverso il ricorso di mediatori per organizzare le attività
  • Connessione narrativa: Lo sfondo integratore viene utilizzato come una dimensione narrativa per condividere signficati ed emozioni con il resto dei bambini e gli insegnanti
  • Sfondo metaforico: In questo senso lo sfondo integratore viene utilizzato come metafora per risolvere il problema riproponendo da un lato le casistiche del problema, ma dall’altro rielaborandole, per permettere al bambino e al gruppo di allievi di approcciarle da un altro punto di vista e di fare evolvere la situazione.

L’utilizzo dello sfondo integratore attraverso questi punti di vista permette ai docenti di organizzare l’ambiente e la didattica in connessione con il vissuto affettivo ed emotivo dei bambini, facendo così riferimento ad esperienze che già conoscono ma spingendo l’apprendimento verso un passo successivo attraverso la figura del mediatore/insegnante. 

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Scritto da

Dott. Matteo Agostini

Sono il Dott. Matteo Agostini, laureato in Scienze Psicologiche Applicate e con Laurea Magistrale in Psicologia Clinica. Ho acquisito competenze nell’ambito della psicologia clinica, della neuropsicologia clinica, e della psico-sessuologia. Sono Tutor per bambini e ragazzi con ADHD/DSA presso il CCNP San Paolo di Roma e consulente sessuale e nutrizionale.

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Bibliografia

https://acamh.onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/j.1469-7610.1976.tb00381.x

https://www.healthline.com/health/zone-of-proximal-development

https://it.wikipedia.org/wiki/Scaffolding

Zanelli, Uno sfondo per integrare, Bologna, Cappelli, 1986

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