Processi decisionali, bias ed euristiche: come le falle del processo decisionale concorrono a scelte scellerate

I tragici fatti di cronaca avvenuti sabato scorso ci impongo una riflessione sulla capacità umana di prendere decisioni razionali.

1 GIU 2021 · Tempo di lettura: min.
Processi decisionali, bias ed euristiche: come le falle del processo decisionale concorrono a scelte scellerate

La tragedia della funivia del Mottarone, avvenuta recentemente, ci pone di fronte alla tragica fallibilità del pensiero umano in fatto di decisioni strategiche e delicate.

Se da una parte l'Homo Economicus sempre più spesso antepone il fattore guadagno/fatturato/utile finanziario al fattore sicurezza/prudenza/prevenzione del rischio per la vita o la salute (lo abbiamo purtroppo visto chiaramente anche nella strage del ponte Morandi di Genova), dall'altra dobbiamo prendere coscienza che il pensiero umano è imperfetto, poco o nulla razionale, e fa uso a mani basse di scorciatoie e automatismi, detti euristiche, oltre ad essere soggetto ad errori di valutazione, detti bias cognitivi.

I primi a scoprire euristiche di pensiero e bias cognitivi sono stati due Psicologi israeliani, insigniti anche del premio nobel (per l'economia), Daniel Kahneman (1934) e Amos Tversky (1937-1996).

Tutti i tentativi dei ricercatori che si sono occupati di processo decisionale, dagli inizi ad oggi, si sono scontrati prima o poi con la consapevolezza che, per quanto fosse sofisticata la teoria, le persone nelle loro decisioni quotidiane procedono su percorsi, per così dire, non ortodossi.

Sono stati diversi i contributi teorici che hanno cercato una spiegazione scientifica a questi comportamenti di decisione; Dennett (1987) e Anderson (1990), con la teoria delle limitazioni computazionali, hanno proceduto analizzando la capacità cognitiva secondo le logiche dell'intelligenza computazionale ed elaborativa di impronta fenomenologico-oggettivistico, arrivando alla conclusione che la memoria di lavoro abbia una correlazione con la capacità di ragionamento deduttivo e con la dimensione dell'intelligenza generale.

La possibilità di inciampare in qualche forma di bias, secondo questi autori, sarebbe pertanto legata alle caratteristiche cognitive ed intellettive di ciascuna persona, ma questa teoria non riesce, in ogni caso, a dare conto di tutta la variabilità dei comportamenti decisionali umani.

Fra tutte le teorie che hanno fornito spiegazioni, più o meno solide, al tema del discostarsi del comportamento decisionale delle persone, dalle prescrizioni delle teorie normative, sono di particolare rilievo i contributi, de già citati, Kahneman e Tversky (1974) su giudizio, euristiche di giudizio e bias.

Il termine eurìstico è un aggettivo derivante dal greco εὑρίσκω che significa trovare o scoprire; la caratteristica dei procedimenti euristici è di consentire l'ammissibilità di un'iniziale plausibilità di un risultato, lasciando aperta la porta ad una successiva verifica con metodi più rigorosi.

Nello studio della psicologia delle decisioni il termine eurìstico ha assunto qualità di sostantivo, eurìstica, ed indica le strategie di pensiero che i soggetti decisori mettono in atto per semplificare il processo decisionale, viene comunemente identificato con il concetto di scorciatoie del pensiero.

Il temine bias, invece, così come viene utilizzato nelle teorie del giudizio, prende il significato di tendenza ad operare deviazioni sistematiche del giudizio rispetto alle risposte corrette dettate dalle teorie normative.

Si può dire che ci sia un fil rouge che unisce i bias alle euristiche di giudizio che, in quanto scorciatoie del pensiero, portano necessariamente nel processo decisionale semplificazioni e distorsioni.

Ultimamente Kahneman e altri autori hanno ridefinito le euristiche come processi di sostituzione degli attributi con il quale un attributo di un evento target, ad esempio la probabilità che si spezzi il cavo di traino della funivia il giorno che manometto consapevolmente i freni della cabina, viene sostituito con un altro attributo di tipo euristico, ad esempio la rappresentatività, ovvero, l'idea del tutto arbitraria che siccome eventi simili non si sentono spesso, allora non succederà nulla.

Secondo la teoria del doppio processo di Kahneman e Twersky, in ogni decisione o giudizio interverrebbero due processi: il sistema intuitivo (sistema 1) nella proposta della soluzione ed il sistema di giudizio (sistema 2) nel controllo di questa: gli errori sarebbero spiegati come mancati interventi di controllo del secondo sistema.

Ora, mi pare legittimo pensare che in un caso come quello di Stresa-Mottarone, la pregnanza del rischio per la vita degli utenti della funivia dovesse imporre ai decisori un utilizzo attentissimo del sistema di giudizio, di controllo e verifica delle possibili conseguenze delle loro decisioni.

Allora come è stato possibile che si sia messa in funzione una funivia senza le basilari condizioni di sicurezza?

Qui si apre un'altra finestra di ragionamento e coinvolge il pensiero morale e l'etica, ma questo è un altro argomento.

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Scritto da

Dr.ssa Erika Conti

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Bibliografia

  • KAHNEMAN D, TVERSKY A., (1996), On the reality of cognitive illusions, Psychol Review Jul
  • KAHNEMAN D., FREDERICK S., (2005), A model of heuristic judgement, in HOLYOAK K., MORRISON R.G. (a cura di), The Cambridge handboock of thinking and reasoning, Cambrindge University Press
  • KAHNEMAN D.E., TVERSKY A., (1979), Prospect theory: An analysis of decision under risk, Econometrica, 47
  • TVERSKY A, KAHNEMAN D., (1981), The framing of decisions and the psychology of choice, in Science, Jan 30
  • GAMBETTI E., (2008), Presa di decisione in situazioni rischiose: effetto della rabbia, Tesi di Dottorato di Ricerca, Università di Bologna, Alma Mater Studiorum

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