Immigrazione e malattia mentale: quali connessioni?

​Immigrazione: un termine che negli ultimi anni è stato usato da tv, giornali, radio, politici in maniera elevata. Ma cos'è l'immigrazione? Quali problemi porta con sé?

30 MAG 2016 · Tempo di lettura: min.
Immigrazione e malattia mentale: quali connessioni?

Immigrazione: un termine che negli ultimi anni è stato usato da tv, giornali, radio, politici in maniera elevata. Ma anche da moltissime persone durante i discorsi quotidiani. Ma cos'è l'immigrazione?

Occupandomi di psicologia, ho scelto di parlare dei problemi di salute mentale negli immigrati e rifugiati che potrebbero emergere prima, durante, dopo la loro scelta (obbligata o meno) di lasciare la loro terra d'origine.

Secondo Kirmayer, Narasiah, Munoz et al, riconoscere e trattare in maniera appropriata i problemi di salute mentale tra i nuovi immigrati e rifugiati risulta essere una sfida causata non solo dalle differenze culturali e linguistiche, ma anche dagli specifici eventi stressanti associati agli spostamenti e all'insediarsi in nuovi territori, dagli effetti del modellamento culturale sui sintomi, dalle differenze presenti nelle strutture familiari, dall'acculturazione e dai conflitti intergenerazionali.

I tre componenti della migrazione

Il concetto di migrazione può essere diviso in tre componenti: pre- migrazione, migrazione e post- migrazione. Ognuna di queste fasi porta con sé specifici rischi e pericoli. La pre- migrazione spesso implica l'interruzione dei ruoli abituali e delle reti sociali. Durante la migrazione, gli immigrati possono sperimentare sia una prolungata incertezza circa il loro status di cittadini, sia diverse situazioni che li espongono a violenze. In particolare, coloro i quali risultano essere richiedenti asilo trascorrono lunghi periodi nei campi profughi in condizioni di povertà di risorse e violenze endemiche. In alcuni Paesi, i richiedenti asilo sono costretti a vivere in centri di accoglienza caratterizzati da rigide situazioni le quali conducono ad un senso di impotenza.

L' "effetto del migrante sano" riflette il fatto che gli immigrati debbano passare attraverso una varietà di filtri per raggiungere il loro status.

Il tasso di disturbi mentali varia a seconda dei gruppi ai quali i migranti appartengono, ma queste differenze non riflettono automaticamente la percentuale delle problematiche psicologiche del Paese d'origine. Infatti, la prevalenza di disturbi specifici e il tasso di salute può essere associato alle traiettorie migratorie in termini di avversità sperimentate prima, durante, dopo l'insediamento in nuovi territori. In generale, da alcuni studi risulta che la salute degli immigrati tenda ad essere migliore rispetto a quella della popolazione generale sia nel Paese d'origine, sia nel Paese ospitante.

L' "effetto del migrante sano" riflette il fatto che gli immigrati debbano passare attraverso una varietà di filtri per raggiungere il loro status. Tuttavia, la salute di queste persone tende a peggiorare con il passare del tempo fino a raggiungere il livello di quello della popolazione generale. Per esempio, una recente analisi di dati proveniente dagli Stati Uniti ha evidenziato che i tassi di depressione e di altri disturbi fossero più bassi per i nuovi immigrati, ma che si innalzassero negli anni fino ad eguagliare i livelli locali.

In contrasto, verifiche sistematiche e meta analisi confermano che i rifugiati sono maggiormente a rischio rispetto alla popolazione generale per una varietà di specifici problemi psicologici. Ciò è connesso alla loro esposizione alla guerra, a violenze, torture, alla migrazione forzata, all'esilio, all'incertezza del loro status nei Paesi in cui hanno effettuato la richiesta di asilo. Tutto ciò conduce ad un tasso 10 volte maggiore per ciò che concerne il Disturbo Post Traumatico da Stress, ad elevate percentuali di depressione, dolore cronico e altri malesseri. L'esposizione alla tortura è il più forte predittore dei sintomi del Disturbo Post Traumatico da Stress tra i rifugiati.

Alcuni studi evidenziano che alcuni gruppi di migranti abbiano un'elevata incidenza di disturbi psicotici dopo la migrazione. Inoltre, vi è un tasso elevato di rischio di schizofrenia tra i migranti di prima generazione, anche se percentuali più alte sono state trovate nella seconda generazione. I fattori legati allo sviluppo di questa patologia riguardano il provenire da un Paese in via di sviluppo e da un'area un cui la maggior parte della popolazione è di colore, suggerendo così che il razzismo e la discriminazione possiedono un ruolo importante nella genesi di disturbi psicologici.

Tornando alla migrazione, dal momento in cui lo status futuro è deciso, lo stabilirsi in nuove terre solitamente porta con sé speranza e ottimismo, i quali possono condurre ad un iniziale senso di benessere. Tuttavia, la disillusione, la demoralizzazione e la depressione possono sopraggiungere molto presto come conseguenze alle perdite legate alla migrazione. Oppure successivamente, quando la speranza, le aspettative iniziali non vengono realizzate e quando gli immigrati e le loro famiglie affrontano ostacoli inerenti a disuguaglianze aggravate dall'esclusione politica, dal razzismo e dalla discriminazione.

Bambini e adolescenti

Da diversi studi in molti Paesi risulta che vi siano alti livelli di sofferenza e depressione tra i giovani rifugiati. Durante il periodo della pre-migrazione, la maggior parte dei bambini rifugiati e delle loro famiglie affrontano cambiamenti radicali ed interruzioni del loro sviluppo educativo e sociale. Durante la migrazione, molti giovani vengono separati dai loro genitori e perdono il supporto emotivo, fisico e finanziario dei loro parenti. I minori non accompagnati e i bambini con situazioni di vita instabili sono particolarmente a rischio per ciò che concerne i problemi di salute mentale. Nella fase della post migrazione i giovani spesso affrontano stress legato all'integrazione e alla povertà. Anche dopo essersi riuniti con le loro famiglie, i bambini e gli adolescenti devono imparare una nuova lingua, rinegoziare la loro identità culturale e fronteggiare l'isolamento sociale, il razzismo, i pregiudizi e la discriminazione.

Donne

La pluralità di ruoli e di responsabilità sia nell'abitazione che sul posto di lavoro delle donne immigrate può impedire loro l'accesso ai servizi di salute mentale.20 Inoltre, per ciò che riguarda la depressione post partum, le donne generalmente non cercano in modo attivo aiuto. Tra alcune cause alla base di questo comportamento vi sono la carenza di conoscenze circa questo disturbo e circa le opzioni di trattamento, la riluttanza a rivelare problemi emotivi al di fuori dalla famiglia.

Anziani

Tra i fattori di rischio alla base della sofferenza psicologica tra gli anziani appena immigrati vi sono una minore educazione, la disoccupazione, un basso livello di salute, disturbi cronici (problemi cardiaci, diabete, asma) e una carenza circa il supporto sociale.

Ma quali sono le strategie cliniche che risultano efficaci?

Gli esperti in salute mentale ed immigrazione concordano sul fatto che, per una massima efficacia, l'attenzione debba essere rivolta a vari aspetti contestuali e pratici i quali influenzano il comportamento circa la malattia, la comunicazione tra paziente e clinico e la comprensione interculturale. Tra le sfide specifiche relative alla salute mentale delle persone immigrate si trovano la comunicazione, l'interpretazione culturale dei sintomi e del comportamento durante le fasi di malattia, l'effetto della struttura familiare e il processo relativo al conflitto intergenerazionale. La cultura può profondamente influenzare ogni aspetto della malattia e dell'adattamento, includendo sia l'interpretazione e la reazione ai sintomi, la spiegazione del disturbo, le modalità di richiesta di aiuto, l'adesione al trattamento, gli stili di espressione emotiva e di comunicazione, sia le modalità di relazionarsi con il clinico.

Immigrazione e malattia mentale: quali connessioni?

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Scritto da

Dott.ssa Jessika Visentin

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