Comportamenti che ci allontanano dagli altri

L'amicizia è un rapporto basato sulla reciprocità in cui non è possibile far prevalere sempre e comunque il nostro ego.

13 SET 2018 · Ultima modifica: 25 OTT 2019 · Tempo di lettura: min.
Comportamenti che ci allontanano dagli altri

«Se consideriamo le nostre vite e i nostri sforzi osserviamo, ben presto, che quasi la maggior parte delle nostre azioni e dei nostri desideri è collegata all'esistenza di altri esseri umani. Notiamo che la nostra natura somiglia in tutto a quella degli animali sociali», Albert Einstein.

L'uomo è, per definizione, un animale sociale. Nonostante ciò, non tutti sono in grado di sviluppare o di migliorare le proprie migliori abilità socialiper poter interagire in maniera soddisfacente con gli altri. Esistono, infatti, alcuni comportamenti che hanno l'effetto contrario e che portano ad allontanare le persone da noi, pur non essendo questo il nostro obiettivo. Se non cerchiamo di ridurre e migliorare questi atteggiamenti, il risultato è quello di vivere una solitudine che non abbiamo scelto direttamente.

Quali sono quei comportamenti che fanno in modo che gli altri si allontanino da noi?

Ecco alcuni dei principali.

  • Non accettare critiche

In molti casi, siamo piuttosto suscettibili e non accettiamo che gli altri ci offrano un consiglio o una critica costruttiva. È normale allontanarsi da quelle persone che ci giudicano con l'obiettivo di farci del male, ma non tutte le critiche, soprattutto quelle delle persone che ci sono vicine, vengono fatte con questo scopo. Al contrario, molti di questi consigli ci permettono non solo di migliorare noi stessi ma anche di riconoscere chi sono i veri amici che ci aiutano a evitare errori o che hanno il coraggio di dire quello che sentono.

  • Prendersela per qualsiasi cosa

Così come avviene con le critiche, non possiamo prendercela per qualsiasi cosa. A volte, infatti, tendiamo a metterci al centro del mondo e a essere sensibili verso i comportamenti degli altri, anche quando non riguardano direttamente noi. Questa irritabilità continua e non giustificata non fa altro che allontanare gli altri.

  • Essere gelosi

La gelosia non colpisce solamente i rapporti di coppia ma anche le amicizie. Eppure, proprio come nelle relazioni amorose, questo sentimento non riguarda l'altra persona bensì la nostra stessa insicurezza. Non si tratta, infatti, di un sintomo di affetto nei confronti dell'altro ma della paura che abbiamo di restare soli e della nostra idea di relazioni come proprietà privata.

  • Vittimismo e pessimismo

Nonostante le relazioni sociali servano anche a darci appoggio nei momenti difficili, sono poche le persone che riescono a stare accanto a un amico che è costantemente pessimista. Non è positivo, infatti, stare vicino a qualcuno che vede sempre il lato negativo delle cose e si sente una vittima della sorte. Sforzarsi di superare i pensieri negativi non solo fa bene al nostro benessere ma anche alle nostre relazioni con gli altri.

  • Non avere filtri

La sincerità può essere una qualità, se sappiamo come usarla. Non sempre il nostro punto di vista è indispensabile. A volte, infatti, la sincerità eccessiva, soprattutto quella non richiesta, rischia di ferire gli altri e di renderci fastidiosi. È necessario avere un po' di empatia e sapere quando dobbiamo semplicemente ascoltare e tacere, soprattutto se il nostro amico si trova in una situazione che lo fa soffrire.

  • Essere troppo egocentrici

L'amicizia è un rapporto reciproco in cui non è possibile far prevalere sempre e comunque il nostro ego. Oltre a essere un chiaro segno di bassa autostima, cercare di essere sempre al centro dell'attenzione ci porta ad allontanare molte persone che probabilmente hanno la necessità di essere ascoltati e non solo di sentir parlare di noi stessi.

Articolo rivisto e corretto dalla Dott.ssa Patrizia Mattioli    

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Commenti 5
  • Alberto Valenti

    Non mi meraviglio molto se uno psicologo usa l'espressione: "È in problema tuo" Alla fine il compito è quello di adeguare il paziente alla vita sociale che è sempre stata improntata a comportamenti determinati e stereotipati, per cercare di passare come adeguati e non strani. Chi si preoccupa troppo degli altri è un disadattato sociale e lo psicologo deve rettificare questo suo comportamento anomalo. Quindi spesso anche loro ragionano, forse anche più degli altri, come la società vuole. E a volte se hanno in paziente troppo difficile perché pesante e disadattato socialmente oppure molto depresso, cercano di allontanarlo fissando appuntamenti a distanza notevole l'uno dall'altro, con cadenza di una volta ogni due o oddirittura tre settimane. Una volta una psicologa mi rinviò a due settimane il successivo appuntamento perché dissi come "stavano effettivamente le cose" sul mio posto di lavoro e che io non avevo rapporti con gli altri miei colleghi perché mi ritenevano "pazzo" o "strano". Ed è vero. Mi escludevano dai gruppi Whatsapp senza che io avessi avuti comportamenti strani, violenti, ma semplicemente perché avevo comportamenti diversi dai loro. Dissi un po' infervorato alla psicologa che non è sempre vero che siamo noi i responsabili di quello che ci accade. A volte è la realtà attorno a noi che ci riconosce diversi dallo standard senza che noi abbiamo fatto nulla di particolare. L'ho detto con fervore opponendomi alla colpevolizzazione ad oltranza del paziente applicata dagli psicologi. Allora lei, non avendo argomenti validi a disposizione per potere obiettare di fronte alla realtà dei fatti, e non avendo il problema mio, cioè di essere una diversa rispetto agli altri, (era abbastanza omologata ed anche molto ipocrita, faceva finta di essere colpita negativamente dai fatti che mi erano successi in passato nell'adolescenza per creare un clima di empatia fasullo), si alzò inviperita, interruppe la seduta prima della fine e mi disse semplicemente che "era un mio punto di vista" con cui lei non era d'accordo. Quindi mi disse che potevamo vederci tra tre settimane fissando la seduta successiva venti giorni dopo. Io non credo agli psicologi e non ci ho mai creduto soprattutto quando ci sono situazioni di disagio esistenziale e sociale molto forti. In questo casi è il paziente che deve prendere una decisione definitiva sulla propria vita, al limite anche di interromperla se si rende conto che non ci sono altre possibilità....

  • Mario

    Ho discusso animatamente con una mia cara amica, a cui voglio bene, che ho aiutato sino allo sfinimento. In molte occasioni lo ha fatto anche lei. Ma da 2 anni a questa parte esiste solo lei, la sua costante negatività, pessimismo estenuante, frustrazione, egocentrismo, vittimismo, esagerazioni su problemi di salute, ma sminuisce i miei! Lo aiutata comunque, soprassedendo a questi sui comportamenti, nonostante io stessa ho i miei problemi e preoccupazioni e lei in parte li conosce. Ma no! Esiste solo lei! Ci ho discusso con molta schiettezza, come le ho detto spero che rifletta, che sia intelligente e faccia tesoro per se e anche per il nostro rapporto. In caso contrario può andare per la sua strada, ne soffrirò anzi già ne soffro. Ma queste persone devono capire che non possono stare sempre al centro del mondo, ma che esistono anche gli altri con i propri problemi, che non si lagnano h24! Io non sono psicologia deve rivolgersi ad un professionista...ma dice di non averne bisogno! Io devo sopravvivere!

  • Dava

    Non rispecchia la verità. Prendo il mio caso, senza amici che ti cercano nonostante non abbia mai smesso di cercarli. Quando siamo state insieme non hanno mai speso una parola per dirmi: Come stai? Sempre io ad ascoltare, ascoltare, ascoltare, fino all'estremo. Sempre io ad essere disponibile a dare passaggi, ad offrire il mio tempo, il mio aiuto e poi? Sola. Li cerchi e nessuno ti cerca ...non perché vuoi in cambio, ma proprio come interesse! Anche sapere solo se sono viva o morta. Niente. Solitudine totale nonostante le grandi possibilità di amicizie. Tutti falsi, tutti cambiano faccia, tutte comitive che cambiano ad ogni cambio di fidanzato. Quasi nulle le vere amicizie nonostante aver dato tutto per loro. Escludendo che se non ti sposi all'età giusta, in un paesino, sei fuori dal mondo. Fuori dal giro di amici. Fuori dalla vita sociale.

  • Elena Zanchi

    Buongiorno, a proposito degli "altri" volevo chiedere il vostro parere su un fatto avvenuto ieri. Chiedo un parere autorevole, una specie di interpretazione autentica dei fatti. Accade che un'imbarcazione prende fuoco in mare (è un gommone carico di migranti, ma dalla spiaggia non si capisce cosa sia, potrebbe essere anche uno yacht). Alcuni bagnanti, nonostante la colonna nera di fumo che si alza dal mare, restano in acqua a fare il bagno e rinfrescarsi. La mia domanda è, ma l'empatia? Siamo empatici con gli amici, con i familiari, e con gli sconosciuti? Ci sono persone che stanno rischiando di morire (migranti o concittadini, tutto può essere), come si fa a pensare di prendere il fresco in acqua. A me sembra una reazione eccessiva, che mi spaventa. Ovviamente sono stata sommersa di critiche pesanti sui social per la mia opinione, ma questa cosa davvero non passa... non riesco a credere a tutta questa indifferenza. La mia psicologa direbbe "non è un problema tuo". E invece sì, lo è. Perché provare io stessa indifferenza per l'indifferenza altrui? Sono fuori tema, ma potrebbe essere uno spunto per un vostro articolo? Grazie! Buona giornata

  • Maurizio Contu

    Manca la violazione dell'aspetto etico dell'amicizia. Per esempio rimangiarsi la parola data. Violare i segreti. Fare il pacco. Usare le persone. Non farsi sentire mai e farsi solo cercare. Non esserci mai nei momenti importanti.

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