Vorrei solo sparire
Salve a tutti, mi chiamo Daria e ho 23 anni. Sto male da tanti anni, in particolar modo da dopo la scuola superiore. Sono sempre stata una bambina timida e introversa: da dopo che mia madre, in prima elementare, è entrata in depressione sono passata da essere curiosa e "selvatica" a impaurita dagli altri bambini e al mondo esterno. Ho passato gran parte della mia infanzia in completa solitudine, ma non per questo ero sempre triste: avevo tanti libri, videogiochi e film che colmavano quel vuoto e che mi ispiravano a essere diversa. Ho sempre avuto uno spirito ribellino, ispirata dai miei personaggi preferiti, e spesso ho sfidato mio padre, che era un uomo molto severo e autoritario, e che tendeva spesso a farmi paura. All'inizio del liceo ero diventata quasi sociofobica, motivo per cui ho deciso di farmi coraggio e cambiare carattere: sono diventata rappresentante di classe per tutti gli anni e mi sono guadagnata la stima dei professori, con voti molto alti. L'ultimo anno di liceo è stato abbastanza turbolento: mio padre non voleva farmi fare l'università, e avevo conosciuto un ragazzo che abitava molto lontano da me, ma di cui ero molto innamorata. Benché io avessi preso il massimo alla maturità, mio padre non voleva comunque farmi fare l'università, e solo una settimana prima dei test di ammissione aveva deciso che io avrei potuto farla. Mi sono sentita spiazzata: molto ingenuamente ho scelto una facoltà nella mia città, pensando che potesse piacermi. Ma da lì è cominciato un periodo interminabile di depressione, ansia e autodistruzione. Non riuscivo a essere felice, e la mancanza del mio ragazzo si faceva sentire sempre più, soprattutto dal momento che tutte le amicizie che credevo di avere si sono rivelate false. Ho passato un anno a casa, sprofondando in un circolo vizioso di autosabotamento, depressione e completo isolamento. Ho cercato per un anno di convincere mio padre a lasciarmi andare a studiare nella città in cui viveva il mio ragazzo, e di nuovo come prima, ero riuscita a convincerlo, tuttavia due giorni prima della partenza, di nuovo, cambiò idea dicendomi che non sarei partita. Credo che da lì si sia generato un fortissimo trauma: tentai di fare una cosa molto brutta, e anche se poi alla fine partii, io mi sentivo così vuota e triste. Sono in questa città da tre anni e sono praticamente ancora all'inizio dell'università: nonostante il sostegno del mio ragazzo e della sua famiglia, io sono bloccata, non riesco ad andare avanti. La mia famiglia pretende che questo gennaio passi un numero esorbitante di esami, che altrimenti mi taglia i viveri, e ciò mi ha portata a peggiorare ancora di più il mio rapporto con lo studio: ho gli attacchi di panico come al mio primissimo anno, evito i libri come la peste e non ne posso davvero più: ho già rinunciato e so già che non li passerò. Ho scelto questa facoltà pensando che avrebbe potuto aiutarmi a diventare ciò che voglio (la game designer), ma non vado mai agli esami, ne ho passati veramente pochissimi, e sinceramente non mi va più di studiare. Non ho mai avuto l'intenzione di fare l'università dopo la fine del liceo per via di tutte queste difficoltà, ma tutti mi dicevano che sarebbe stato un peccato. Non voglio più soffrire, non voglio più studiare, mi porta troppo dolore, e so che potrei sembrare una lagna, ma davvero non ne posso più. Mi sembra come se qualunque cosa io faccia non abbia senso e che non abbia effetto su ciò che mi circonda, mi sento così impotente e come se niente di quello che faccio cambiasse le cose. E' come se qualsiasi cosa io facessi ci fosse una porta blindata da banca, e che per muovere anche solo minimamente un ingranaggio io dovessi fare uno sforzo tale da portarmi alla morte. Sono andata allo sportello d'ascolto alla mia università, e la psicoterapeuta mi ha detto che non prendo mai una decisione perché sono convinta che in ogni caso andrà male, che il mio autosabotaggio potrebbe derivare da un'immensa rabbia repressa e dalla censura continua delle mie emozioni subita in famiglia. Io adesso come adesso non so che cosa fare. Non so se un lavoro semplice potrebbe rendermi più felice, tutti mi dicono che se mollo l'università me ne pentirò per il resto dei miei giorni... Ma a me non ha portato altro che sofferenze. Oramai credo che i sogni non abbiano nessun senso, se non quello di portare dolore inutile: a che serve raggiungerli, se poi ci arrivi in uno stato tale che nemmeno te li godi e sei emotivamente distrutto? Sono così delusa da me stessa e dal mondo esterno: grazie al mondo della fantasia sono sempre riuscita a difendermi dal "vuoto" di questo mondo, e laddove ero gioiosa e mi bastava anche solo un film per farmi ricaricare, ora sembra come se niente mi "accendesse" più. Mi sembra di non essere più nel presente, vivo sempre nella mia testa e ogni dannatissima cosa che faccio è inquinata dai miei pensieri. Non posso godermi una serata col mio ragazzo, perché penso sempre ai guai con lo studio e al passato, e questa cosa diventa sempre peggio. Sono al mio limite, e comincio a desiderare ardentemente di sparire. Sono veramente stanca di tutto, e non so più che cosa devo fare.