Salve,
ho capito che nell'infanzia un bambino ha bisogno di soddisfare sia i propri bisogni fisiologici ma soprattutto di un caregiver che sia base sicura nell'esplorazione del mondo. Invece capita spesso che le madri o i caregiver soddisfino soltanto i bisogni fisiologici del bambino per cui il bambino in età adulta può avere dinamiche di evitamento o di opposizione nei confronti del mondo. Se ciò accade vorrei sapere se in età adulta la persona deve cercare di diventare caregiver o base sicura di se stesso o se deve cercare questa base sicura nel partner soddisfacendo il bisogno di sicurezza nella piramide di Maslow. Grazie
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13 APR 2016
· Questa risposta è stata utile per 6 persone
Buongiorno Gianni,
la tua domanda è molto interessante e parte da una esemplificazione dei bisogni umani che Maslow decise di porre in ordine gerarchico sotto forma di piramide. Rispondere non è facile, ma possiamo provare. La questione inerente al soddisfacimento dei bisogni di affetto, vicinanza, amore da parte del caregiver (in contrapposizione al semplice accudimento) ha più a che fare con il legame genitore figlio in senso winnicottiano (D. Winnicott) e kleiniano (M.Klein). Sono sicuro che troverai maggiori delucidazioni andando a leggere anche un breve sunto del loro pensiero su questa tematica. Per quanto riguarda l'apparente contrapposizione tra "caregiver di sé stessi" con "partner che ci faccia da caregiver", mi sento di risponderti che sia noi che i partners abbiamo funzione di caregiver primario, nel senso della modulazione degli stati d'animo negativi, amplificazione di quelli positivi, riconoscimento delle emozioni e del loro effetto su di noi.. e così via. Siamo tenuti a svolgere attività di caregiving nei confronti di noi stessi (prenderci cura di noi), così come un partner può farlo (si prende cura di noi in modo simile ma molto diverso rispetto a quello che può avere un genitore verso un figlio) e così come noi siamo tenuti a farlo nella reciprocità della vita sentimentale verso il nostro partner. Come vedi non esistono "sensi unici" o contrapposizioni facilmente risolvibili. Sarebbe interessante però capire per te che cosa significhi "caregiving", al di là degli aspetti legati alla sopravvivenza.
Un saluto
14 APR 2016
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Caro Gianni
nell'età adulta, tutti devono, in un modo o nell'altro, diventare "caregiver" di se stessi.
Non penso che il partner possa essere o trasformarsi in un caregiver, in quanto ne risulterebbe un rapporto molto sbilanciato.
Se non ci sono state sufficienti figure nell'infanzia che abbiano agito in questo senso, allora, attraverso la psicoterapia, sarà agevolata la formazione di un "nucleo" interno, preposto a questo scopo, che poi, piano piano, la persona (in modo autonomo) provvederà a far crescere e sviluppare.
Un caro saluto
Dott. Silvana Ceccucci Psicologa Psicoterapeuta.
13 APR 2016
· Questa risposta è stata utile per 3 persone
In realtà è proprio così, troppo spesso il caregiver (che è la persona che si prende cura del bimbo, solitamente la mamma, ma anche il padre, i nonni…) commette l’errore di considerare “assolto egregiamente il suo dovere” nel momento in cui ogni bisogno fisiologico del bambino risulti soddisfatto, trascurando, per ragioni che possono essere le più diverse, la fondamentale componente affettiva della relazione (la base sicura appunto). Privato di questa componente così importante, il bambino è probabile che acquisirà modalità e schemi di comportamento (gli unici che conosce) che facilmente si manterranno anche in età adulta, manifestandosi anche in termini di evitamento e opposizione nei confronti del prossimo. Detto ciò, credo sia abbastanza difficile per queste persone (e più in generale per chiunque) imporsi “razionalmente” comportamenti o atteggiamenti non propri; è più facile che non ne abbiano nessuna consapevolezza.
Le dinamiche alla base della scelta del partner sono numerose, e tra queste vi può essere anche il bisogno di sicurezza, cioè la ricerca di una base sicura; ma anche laddove ciò si realizzasse, non è detto che questa risulterebbe “la scelta vincente”. In conclusione, se questa condizione dovesse in qualche modo creargli disagio (a sé stesso o al prossimo), a mio parere sarebbe utile un confronto con qualcuno in grado aiutarlo a comprendere e superare tutto ciò che può essere di impedimento al proprio “benessere”.
Saluti.
Dott. Fausto Molinas
13 APR 2016
· Questa risposta è stata utile per 4 persone
Caro Gianni,
purtroppo è vero che spesso le madri e/o gli altri caregivers soddisfano soprattutto i bisogni primari relativi all'accudimento fisico trascurando gli altri bisogni che sono più in alto nella scala di Maslow ma ciò accade, a mio avviso, per il semplice fatto che neanche loro hanno piena consapevolezza dell'importanza di questi ultimi perchè i loro stessi genitori sono stati carenti sotto questo aspetto secondo una sorta di trasmissione intergenerazionale di queste incompetenze.
L'adulto che da bambino è stato (sotto questo aspetto) deprivato, dovrebbe, sì, diventare caregiver di se stesso ma spesso non ne è capace ed è per questo che dovrebbe chiedere l'aiuto della psicoterapia ma raramente lo fa!
Solo ricostruendo, grazie a questo supporto, il giusto livello di autostima, potrà in seguito diventare capace di prendersi cura di se stesso.
Quanto all'aiuto possibile da parte di un partner più competente, ciò è possibile solo in rari casi di incontri fortunati perchè è molto più frequente che, proprio per la carenza di sicurezza e di autostima di cui sopra, il soggetto deprivato sarà portato a scegliere partners simili a lui per cui i problemi in genere aumentano se addirittura non raddoppiano!
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).
13 APR 2016
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Genitle Gianni,
la sua domanda è molto interessante e richiederebbe tempo per essere onorata, come merita.
In sintesi, la mia risposta (una tra le possibili. Sono curiosa di leggere anche le osservazioni di altri colleghi) è questa.
Orientativamente, nella mia professione, prediligo un modo di lavorare che restituisca alla persona fiducia e sicurezza, che le permetta di (ri) costruire ed equilibrare l'autostima e di essere autrice della sua vita.
Nonostante questo, ognuno vive in un contesto sociale, in relazione con altri. Questo fa sì che il processo costruttivo possa essere facilitato o non facilitato dalle relazioni che si vivono e, soprattutto, gli altri possono sostenerlo.
In alcune fasi di vita, quindi, il contributo dell'altro può essere utile e importante e fare, come scrive lei citando Bowlby, da "base sicura".