sfiducia nella possibilità di essere aiutata

Inviata da T5 · 18 ago 2025 Terapia familiare

Sono una caregiver, assisto mia sorella con sindrome down da sempre, ma in casa con me, da circa 15 anni. la adoro e senza di lei vivere sarebbe meno bello e meno stimolante. Ma proprio per questo l'ansia che le succeda qualcosa e la intera e non condivisa responsabilità nei suoi confronti mi distruggono. Disprezzo i miei parenti (abbiamo un'altra sorella, sposata) che non condividono mai nè una gioia nè una preoccupazione e tantomeno i ricoveri in ospedale. o la necesità più che legittima di avere spazio per me. Ho provato invano mille vie per essere aiutata, sia per me stessa, che per ricevere un aiuto, psicologi, mediatori familiari, avvocati. Sono sicuramente riuscita con le mie forze ad ottenere una vita più che soddisfacente e molto relativamente libera ( ho una domenica libera ogni 3-4 mesi) ma avrei voluto avere un pò di supporto. Le persone interpellate non conoscono realmente i problemi connessi con la disabilità e la depressione che si aggira in queste problematiche. possibile non esistano specializzazioni nel settore? possibile che se io parlo con un altro caregiver so benissimo di cosa ha bisogno ed uno psicologo ha di solito invece la capacità di aumentare il senso di colpa? (almeno molti di quelli consultati da me o da altri nella mia condizione) . E quando in una condizione già precaria di fragilità ed incertezza del futuro uno psicologo sbaglia gettandoti in uno sconforto maggiore, come mai la colpa è sempre del paziente? Un caregiver cosa può fare?

Risposta inviata

A breve convalideremo la tua risposta e la pubblicheremo

C’è stato un errore

Per favore, provaci di nuovo più tardi.

Prenota subito un appuntamento online a 44€

Ricevi assistenza psicologica in meno di 72 ore con professionisti iscritti all’ordine e scegliendo l'orario più adatto alle tue esigenze.

Miglior risposta 19 AGO 2025

Cara,
dalle sue parole emerge un amore profondo per sua sorella e una forza che probabilmente neppure sempre riconosce fino in fondo. Accanto a questa dedizione, però, sento tutta la fatica e la solitudine di un ruolo che non è mai davvero “a tempo determinato”, che non lascia tregua, e che pesa anche di più quando chi dovrebbe condividere responsabilità e vicinanza si tira indietro.

Il sentimento di disprezzo verso i parenti, così come l’ansia costante per il futuro, sono comprensibili reazioni a un carico che da troppo tempo grava solo su di lei. Non è mancanza di amore verso sua sorella, anzi: è proprio perché la ama così tanto che questa condizione diventa logorante.

Lei pone una domanda molto importante: esistono figure specializzate per i caregiver? La risposta è sì, anche se spesso non sono così facilmente accessibili o conosciute. Alcuni psicologi si occupano proprio di sostegno alla disabilità e alle famiglie, oppure lavorano nei centri diurni, nei servizi sociali o nelle associazioni dedicate. Esistono anche gruppi di auto-mutuo-aiuto per caregiver: lì la sensazione di essere compresi senza dover spiegare troppo può alleggerire, almeno in parte, il senso di isolamento.

Comprendo bene la sua frustrazione quando dice che alcuni professionisti hanno aumentato i sensi di colpa: purtroppo può accadere se non c’è la formazione o la sensibilità necessaria. Non è colpa sua. Non è mai colpa del paziente. Se uno psicologo non ha gli strumenti adeguati o non riesce a incontrare davvero la sua esperienza, questo riguarda la relazione terapeutica, non un suo “difetto”.

Forse ciò che potrebbe esserle utile ora non è tanto un percorso centrato solo sull’ansia, ma uno spazio specifico in cui essere riconosciuta come caregiver: con il diritto di esprimere rabbia, stanchezza, bisogno di sollievo. Uno spazio che le restituisca legittimità, invece che senso di colpa.

Un piccolo passo pratico potrebbe essere quello di cercare — magari tramite le associazioni per persone con sindrome di Down presenti sul territorio o i servizi sociali comunali — dei gruppi dedicati ai familiari. Non è un sostituto del supporto dei suoi parenti, ma può darle una rete di voci che parlano la sua stessa lingua.

Lei ha già dimostrato di essere una donna capace di costruirsi una vita nonostante il peso enorme sulle spalle. Il bisogno di avere spazi suoi non è un lusso né un capriccio, ma una condizione di sopravvivenza. Non lo dimentichi.

Resto a disposizione.

Dott.ssa Sara Petroni

Dott.ssa Sara Petroni Psicologo a Tarquinia

290 Risposte

1153 voti positivi

Fa terapia online

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

20 AGO 2025

Cara caregiver – ma soprattutto cara donna che tiene in piedi il mondo da sola,

le tue parole arrivano dritte.
Senza bisogno di abbellimenti o retorica: portano addosso il peso della stanchezza, della delusione e di quella solitudine organizzativa che troppo spesso chi assiste un familiare con disabilità conosce fin troppo bene.

E sì, lo dico con la stessa franchezza che usi tu:
hai tutto il diritto di essere arrabbiata, delusa, esausta.
Hai tutto il diritto di disprezzare chi si volta dall’altra parte mentre tu sei lì, ancora una volta, con le mani nel cuore – e nella fatica.

Essere caregiver non è solo occuparsi della persona amata, è anche trattenere l’ansia mentre dorme, fare i conti con l’inadeguatezza del sistema, e sì, sopravvivere al fatto che nessuno ti venga a bussare alla porta chiedendoti: “E tu, come stai?”

Hai detto una cosa potentissima:

“Le persone interpellate non conoscono realmente i problemi connessi con la disabilità e la depressione che si aggira in queste problematiche.”

Verissimo.
Tanti colleghi (non tutti, per fortuna) si avvicinano alla disabilità con una competenza tecnica, ma senza la comprensione viscerale di cosa voglia dire vivere ogni giorno dentro un equilibrio fragile, dove non esistono vacanze mentali, e dove la parola “respiro” ha più a che fare con la logistica che con la serenità.

Tu hai fatto tutto, e lo hai fatto bene, anche se nessuno ti ha mai dato un attestato.
Hai combattuto, hai cercato soluzioni, ti sei affidata, hai creduto nel cambiamento.
E ti sei trovata, spesso, con lo stesso carico sulle spalle e con in più la frustrazione di non essere capita.

Ti capisco. E non è colpa tua se ti sei sentita peggio dopo un percorso che avrebbe dovuto sostenerti.
Perché la psicoterapia non è una religione, né una verità assoluta.
È un incontro. E quando non funziona, non è detto che sia tu ad aver fallito: può darsi che il metodo non fosse adatto, o che chi avevi davanti non avesse gli strumenti giusti per accompagnarti dove tu avevi bisogno di andare.

Allora ti rispondo così, per lasciarti qualcosa di concreto, che puoi tenere stretto:

✳️ Un caregiver cosa può fare?
1. Scegliere bene dove appoggiarsi.
Ci sono professionisti che si occupano espressamente di caregiver familiari e disabilità. Si chiamano “psicologi dell’età evolutiva e della disabilità”, oppure si trovano all’interno delle associazioni specializzate (come AIPD o ANFFAS). Non sono ovunque, ma esistono. E parlano la tua lingua, quella vera.
2. Rivedere il concetto di “libertà”.
Non può essere solo una domenica ogni 4 mesi. Hai diritto a respirare. Hai diritto alla leggerezza. Anche se chi ti sta intorno fa finta che tu sia Wonder Woman (ma pure lei, a un certo punto, si leva gli stivali e si fa una doccia calda, eh).
3. Non aspettarti aiuto dai colpevoli.
Se tua sorella non ha altri punti di riferimento, la rabbia contro gli assenti è più che lecita. Ma non puoi far dipendere il tuo benessere da chi ha già scelto di non esserci. Meglio impiegare le energie per costruire reti nuove, anche piccole: gruppi di auto mutuo aiuto, realtà locali, forum per caregiver. Insieme si regge meglio.
4. Inizia a parlare anche di te, non solo “di lei”.
La tua vita non è una funzione accessoria. In terapia (e fuori), prova a chiedere ascolto anche per la tua storia di donna, di sorella, di essere umano. Non solo di assistente.

E infine, ti lascio con una certezza che forse nessuno ti ha detto così, come si direbbe a un’amica su un divano:

non sei sbagliata tu, è sbagliato che tu sia sola in tutto questo.
Se vuoi, possiamo cercare insieme un modo per trasformare questa rabbia – sacrosanta – in forza concreta per te.

Con stima,
Dott.ssa Barbara Durand

Dott.ssa Barbara Durand Psicologo a Torino

314 Risposte

309 voti positivi

Fa terapia online

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

20 AGO 2025

Buongiorno, le faccio subito i complimenti per la sua dedizione e responsabilità con cui si dedica al suo familiare. Comprendo quando dice che un'altro caregiver è in completa sintonia con lei quando vi confrontate nell'esperienza di cura, perché è un lavoro difficile che coinvolge completamente chi lo esercita sopratutto a livello emotivo ed è per questo più facile che si possa andare incontro a sconforto, senso di solitudine e affaticamento, non a caso tutte le professioni d'aiuto vanno incontro al burnout. Ma lei ha conservato sia l'aspetto positivo fin dall'inizio della lettera, che gli aspetti di affaticamento che questa dimensione comporta, nonostante abbia già messo in atto molte strategie ler trovare ina strada per alleggerire il suo carico. Sicuramente risorse non ce ne sono all'interno della sua famiglia, quindi cercare risposta da chi ha chiuso la porta non fa che renderci inermi, sconfortati ed arrabbiati se vogliamo delle risposte da quell'uscio chiuso. Importante voglere lo sguardo altrove e cercare supporto da Associazioni che conoscono bene il carico dei familiari che su occupano delle persone con i problemi di sua sorella, Istituzioni religiose che eventualmente svolgono un supporto di volontariato che potrebbero alleggerirla e nel medesimo tempo bussare alla porta di Psicologi con cui entrare in sintonia in primis a pelle per poter poi essere supportata ma anche per poter svolgere un percorso personale che possa prevedere dei cambiamenti di prospettiva personale che apparentemente sembrano impossibili ed insormontabili ma poi si riveleranno una buona chiave di svolta per se stessa. Non si abbatta se non è riuscita ad entrare in sintonia con qli psicologi che finora ha conosciuto, può succedere ed è anzi molto importante che lei prima senta che riesce ad avere sintonia con lo psicologo a cui si rivolge e poi potrete entrambi concordare gli obbiettivi su cui lei ritiene prioritario raggiungere per un suo benessere personale. Non abbandoni la ricerca su entrambi i fronti: associazioni sul territorio per sua sorella e un aiuto personale con uno Psicoterapeuta con cui sente sintonia da subito. Buona ricerca

Dott.ssa Francesca Marchetti Psicologo a Bologna

21 Risposte

14 voti positivi

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

20 AGO 2025

Salve T5, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL

Dott. Francesco Damiano Logiudice Psicologo a Roma

525 Risposte

262 voti positivi

Fa terapia online

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Cara T5, ciò che vivi è la conseguenza naturale di un carico emotivo e pratico che da troppo tempo porti da sola. Il tuo amore per tua sorella è profondo, ma non annulla la fatica, l’ansia e la frustrazione che derivano dall’essere l’unica figura di riferimento. Quando chi dovrebbe sostenerti si defila, si crea un vuoto che non può essere colmato solo con la forza di volontà. La rabbia, il senso di solitudine, perfino il disprezzo verso i parenti, non sono difetti caratteriali ma segnali sani di un sistema relazionale sbilanciato. È comprensibile che tu ti senta non riconosciuta, e che il contatto con alcuni professionisti ti abbia lasciata più sola: non tutti sono formati per comprendere il “trauma silente” di chi assiste ogni giorno, senza tregua, una persona fragile. Non sei sbagliata tu: è mancata la giusta cornice terapeutica. Esistono però percorsi specifici, più empatici e centrati sulla realtà del caregiver. Il tuo bisogno di spazio non è un lusso, ma una condizione minima di sopravvivenza psichica. Saluti

Dott.ssa Ada Palma Psicologo a Giugliano in Campania

462 Risposte

534 voti positivi

Fa terapia online

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Gentilissima T5, grazie per lo sfogo e per la condivisione innanzitutto. Capisco la situazione che descrive, e posso solo immaginare la stanchezza, frustrazione e sofferenza che l'accudire amorevolmente sua sorella comporta. Mi spiace per le sue esperienze passate con alcune figure professionali, e anzi credo che sia essenziale che lei si possa concedere un ritaglio di tempo, uno spazio suo personale con un terapeuta per potersi sfogare e parlare liberamente in assenza di giudizio delle sue emozioni.
Resto a disposizione! Cordiali saluti
AV

Dott.ssa Antea Viganò Psicologo a Pessano con Bornago

1032 Risposte

157 voti positivi

Fa terapia online

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Ho letto con attenzione e rispetto profondo le tue parole. Ci sono esperienze che non si possono comprendere solo con la teoria, e la tua è una di quelle. Il tuo racconto è la testimonianza viva di un amore immenso, ma anche di un carico emotivo e pratico che nessuno dovrebbe portare da solo.
Essere caregiver, soprattutto in modo continuativo e quasi esclusivo, significa vivere in una dimensione dove la dedizione è quotidiana, ma il riconoscimento spesso assente. E quando chi ti è vicino – familiari, professionisti, istituzioni – non riesce o non vuole condividere nemmeno una parte di quel peso, la solitudine diventa ancora più profonda.
Hai cercato aiuto, con coraggio e lucidità. E se alcuni percorsi ti hanno restituito solo senso di colpa o incomprensione, non è perché tu abbia sbagliato. È perché il sistema, ancora oggi, fatica a vedere davvero chi si prende cura. Non tutti i professionisti sono formati per accogliere la complessità della disabilità, del burnout da assistenza, della depressione che può insinuarsi in chi vive in funzione dell’altro. E quando lo sguardo clinico diventa giudicante, il danno può essere profondo.
Il tuo bisogno di spazio, di respiro, di tempo per te stessa non è un lusso. È una necessità. E non averlo non è una tua colpa, ma una mancanza di chi avrebbe dovuto esserci.
Esistono però percorsi più sensibili, professionisti che lavorano con approcci centrati sulla persona, sul trauma, sulla relazione. Esistono gruppi di caregiver, dove la comprensione è immediata e il linguaggio è comune. E tu, con la tua esperienza, potresti non solo trovare sollievo, ma anche diventare una voce guida per altri.
Ti ringrazio per aver condiviso la tua storia. È potente, autentica, e merita ascolto. Se lo desideri, possiamo continuare a parlarne. Perché anche chi si prende cura ha diritto a essere curato.
Con stima e presenza,
Dott.ssa Cinzia Parisi

Cinzia Parisi Psicologo a Cassino

10 Risposte

8 voti positivi

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Cara T5, complimenti per come hai raccontato la tua esperienza nell’assistenza a tua sorella: traspare con forza quanto tu sia presente per lei, sia nei momenti di gioia che in quelli più difficili. Non dev’essere sempre facile portare questo impegno sulle tue spalle, e si intuisce quanto amore e dedizione ci siano nel tuo agire quotidiano.
Comprendo come il timore per il futuro è comprensibile e del tutto umano in una situazione così complessa.
Mi dispiace leggere del senso di fatica e di colpa che hai provato nel momento in cui ti sei rivolta a persone del settore. Talvolta, trovare i professionisti giusti richiede tempo, tentativi e pazienza. Se senti il bisogno di uno spazio per te, ti incoraggio a non arrenderti nella ricerca: meriti ascolto, sostegno e un luogo sicuro in cui poter esprimere ciò che vivi senza timore di vivere il senso di colpa, se ti dovesse ricapitare, ti invito a parlarne con il terapeuta, in questo modo potrete dare nuovi significati del tuo vissuto che abbiano senso per te ed esplorare insieme come mai succede questo.
Un caro saluto,
dott.ssa Francesca Ceccotti

Dott.ssa Francesca Ceccotti Psicologo a Verona

69 Risposte

12 voti positivi

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Grazie per aver condiviso con tanta lucidità e coraggio la tua esperienza.
Quello che descrivi è molto più comune di quanto si pensi, ma raramente viene riconosciuto con la giusta attenzione. Essere caregiver e ancora di più quando si tratta di un familiare con una disabilità non è “solo amore” ma anche un carico emotivo, pratico e psicologico enorme, spesso vissuto in solitudine.
Provo a risponderti su più livelli, in modo concreto:

1) Il tuo vissuto è legittimo
L’ansia che qualcosa succeda a tua sorella è comprensibile: sei tu il suo punto di riferimento principale, quindi il pensiero di non poterla proteggere ti pesa.
Il disprezzo verso i parenti che non condividono il carico non è cattiveria, ma rabbia accumulata da anni di ingiustizia. È normale.
Il bisogno di avere spazi per te stessa non è egoismo, è un diritto fondamentale. Nessuno può reggere 24/7 senza pause.

2) Perché spesso gli psicologi “non capiscono”?
Molti professionisti non hanno una formazione specifica su:

- Disabilità intellettiva e familiare
- Caregiver burden (il “peso del prendersi cura”)
- Psicologia del lutto cronico (quel dolore silenzioso che si rinnova ogni giorno in chi si prende cura di un familiare fragile)

Se non conoscono bene queste dinamiche rischiano di:

- spingere su concetti come “devi prenderti cura di te” senza capire che logisticamente non è possibile
- minimizzare o, al contrario, amplificare il senso di colpa
- non offrire strumenti pratici (reti di sostegno, strategie di coping, percorsi di sollievo)

Quindi no, non è colpa tua se alcuni percorsi con psicologi non hanno funzionato: probabilmente non avevano le competenze specifiche di cui tu avevi bisogno.

3) Esistono figure specializzate?
Sì, anche se purtroppo non sono così diffuse ovunque:

- Psicologi esperti in psicologia della disabilità e sostegno ai caregiver (alcuni hanno fatto master o corsi dedicati).
- Centri di sollievo o associazioni per caregiver familiari (es. ANGSA per l’autismo, AIPD per la sindrome di Down, associazioni locali di volontariato).
- Servizi sociali comunali o regionali che in teoria dovrebbero offrire supporto e sollievo (weekend o ore di respiro, assistenza domiciliare, gruppi di auto-mutuo-aiuto).
- Gruppi di sostegno tra caregiver

4) Cosa può fare un caregiver, concretamente?

- Cercare professionisti con specializzazione specifica (psicologia della disabilità, caregiver burden, sostegno familiare).
- Non mollare la ricerca di reti di sostegno: gruppi locali, associazioni, anche online (alcuni forum e gruppi Facebook sono vere e proprie reti di sopravvivenza).
- Imparare a ritagliarsi micro-spazi: non sempre grandi vacanze, ma anche 30 minuti al giorno solo per te, senza sensi di colpa.
- Chiedere con fermezza servizi di sollievo: non come favore, ma come diritto. In alcune regioni italiane ci sono fondi specifici.
- Accettare che la rabbia e la stanchezza fanno parte dell’amore: non significano che non ami tua sorella, ma che sei umana.

5) Una riflessione importante
Quando uno psicologo sbaglia, non è mai “colpa del paziente”. Lo psicologo ha una responsabilità professionale di non danneggiare e di saper riconoscere i propri limiti. Un buon professionista, davanti a un caregiver, dovrebbe alleggerire, mai appesantire.

Dott. Mirko Manzella Psicologo a Trieste

1321 Risposte

2160 voti positivi

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Buongiorno Signora, grazie per la sua condivisione. Penso che il modo in cui si prende cura di sua sorella sia davvero un' esempio, è davvero un gesto d' amore profondo ed autentico. Avere spazi personali e prendersi cura di sé, attraverso piccoli gesti quotidiani è però necessario e fondamentale per gestire la fatica che nella sua situazione è normale sperimentare. Un supporto psicologico nel suo caso è senz' altro utile per aiutarla a comprendere meglio come poter gestire " i suoi spazi" e quelli dedicati a sua sorella senza necessariamente annullare se stessa. Allo stesso tempo sarebbe utile lavorare anche sul "senso di colpa" per imparare a gestirlo e a migliorare il suo benessere emotivo. Stare bene con se stessi è il primo passo per relazionarsi più serenamente con gli altri.
Resto a sua completa disposizione
Buona Giornata.
Dott.ssa Erika Giachino

Erika Giachino Psicologo a Alba

94 Risposte

13 voti positivi

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Gentile T5,

quello che racconta è estremamente prezioso e toccante: si percepisce chiaramente l’amore profondo che nutre per sua sorella e, al tempo stesso, il grande peso che porta sulle spalle da tanti anni. La sua è una responsabilità continua, senza pause reali, che inevitabilmente logora e lascia poco spazio per sé stessa. Non è strano che questo generi ansia, frustrazione e perfino rabbia nei confronti dei familiari che non partecipano: il suo bisogno di condivisione e di sollievo è umano e più che legittimo.

Il suo vissuto evidenzia un punto molto importante: il ruolo del caregiver non è mai solo “assistenza pratica”, ma un impegno totale, emotivo e psicologico, che richiede comprensione specifica. Non tutti i professionisti hanno sufficiente conoscenza o esperienza in quest’area, e questo può farla sentire non compresa o addirittura colpevolizzata. In realtà, non è lei a “sbagliare”: il senso di colpa è una reazione frequente nei caregiver, soprattutto quando si ha la sensazione di non fare mai abbastanza o quando non si riceve il sostegno che sarebbe doveroso aspettarsi anche dall’esterno.

Il primo passo fondamentale è riconoscere che il bisogno di supporto non è un segno di debolezza, ma una necessità reale e concreta. Esistono percorsi psicologici rivolti ai caregiver, anche in forma individuale, che possono offrire non solo uno spazio di ascolto, ma anche strumenti pratici per gestire l’ansia, la frustrazione e la fatica emotiva. In parallelo, possono essere molto utili i gruppi di auto-aiuto tra caregiver, dove ci si sente finalmente compresi senza bisogno di spiegazioni, e dove l’esperienza condivisa diventa una risorsa di forza reciproca.

Un caregiver non può e non deve sostituirsi a una rete di sostegno che dovrebbe essere più ampia: prendersi cura di sé stessa, anche solo con piccoli spazi dedicati al proprio benessere, è una parte essenziale della cura per sua sorella. Non è egoismo, ma un atto necessario per continuare ad esserci con equilibrio e presenza.

Cordiali saluti, rimango a disposizione qualora sentisse il bisogno di un supporto.
Dott.ssa Diana Panaia

Dott.ssa Diana Panaia Psicologo a Reggio Emilia

63 Risposte

203 voti positivi

Fa terapia online

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Buongiorno T5, la tua testimonianza mi colpisce profondamente per l'onestà e la lucidità con cui descrivi una realtà che troppo spesso rimane invisibile. Hai ragione su molti punti che sollevi e il tuo dolore merita di essere riconosciuto senza giudizi

Quello che tu vivi è il paradosso del caregiver familiare: un amore profondo che si trasforma in una prigione dorata, dove la dedizione totale genera isolamento sociale e abbandono da parte di chi dovrebbe condividere il carico. Il disprezzo verso i parenti che si defilano è più che comprensibile, è una reazione sana di fronte all'ingiustizia di portare da sola un peso che dovrebbe essere familiare.

Sulla specializzazione mancante hai centrato un punto cruciale del sistema sanitario italiano. Esistono pochissimi psicologi realmente specializzati nel supporto ai caregiver familiari di persone con disabilità. La maggior parte non comprende la specificità del trauma silente, dell'amore che diventa sacrificio, dell'ansia anticipatoria per il futuro, della rabbia verso chi si sottrae. Molti applicano schemi terapeutici generici che finiscono per colpevolizzare chi già porta tutto sulle spalle

E se uno psicologo non specializzato aumenta il senso di colpa di un caregiver già fragile questo è un errore professionale grave. Non è mai colpa del paziente se la terapia fallisce o peggiora la situazione, questo vittimismo secondario è inaccettabile.

Cosa puoi fare allora?

1. Cercare professionisti con esperienza specifica in disabilità e caregiving familiare,
2.contattare associazioni di famiglie con sindrome di Down che spesso hanno reti di supporto più competenti,
3. richiedere servizi di sollievo territoriali anche se limitati,
4. soprattutto riconoscere che il suo bisogno di aiuto è legittimo e urgente.

Per quanto ti riguarda io ritengo fondamentale un approccio terapeutico che riconosca la tua realtà senza minimizzarla né colpevolizzarla. Così come l'importanza di lavorare sulla gestione dell'ansia anticipatoria e sulla rabbia legittima verso il sistema familiare e sociale che la ha abbandonata. Un cordiale saluto,
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologa clinica - Voice Dialogue - Mindfulness - Dreamwork

Dott.ssa Marzia Mazzavillani Psicologo a Forlì

252 Risposte

738 voti positivi

Fa terapia online

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Buongiorno mi spiace molto.della situazione in cui si trova.
Parli.con sua sorella per essere aiutata.
E si rivolga ad un,,altro Psicoterapeuta per essere aiutata.
Dottssa Patrizia Carboni
Psicologa Psicoterapeuta
Roma

Dott.ssa Patrizia Carboni Psicologo a Roma

2472 Risposte

743 voti positivi

Fa terapia online

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Capisco molto bene il peso che descrivi e la profondità del tuo legame con tua sorella. Non sei semplicemente una “caregiver”, sei una sorella che da anni vive un rapporto di amore e di responsabilità totale. Questo rende tutto più prezioso, ma anche più faticoso, soprattutto quando ci si sente soli nel sostenerlo.
È naturale provare rabbia e delusione verso chi non partecipa, così come è naturale sentire ansia per il futuro e la mancanza di spazi per sé. Non c’è nulla di sbagliato in questo. Al contrario, questi sentimenti sono la prova di quanto tu stia dando ogni giorno e di quanto tu sia consapevole del tuo bisogno di respiro, che non è un capriccio ma una necessità vitale.
Hai ragione anche quando dici che non sempre gli psicologi comprendono davvero queste dinamiche. A volte può succedere che ci si senta giudicati o colpevolizzati, ed è un dolore aggiunto che non meriti. Per questo è importante trovare un ascolto che sappia riconoscere la complessità della disabilità e, nello stesso tempo, la tua identità di donna, di sorella e di persona con desideri e bisogni propri.
Esistono professionisti che si occupano proprio di queste situazioni, anche con percorsi dedicati ai familiari di persone con disabilità. Ma, al di là delle etichette, credo che quello che cerchi sia soprattutto un luogo sicuro in cui sentirti capita, dove non dover spiegare continuamente né difendere il tuo ruolo.
Non sei sola nella tua fatica, anche se spesso sembra così. Parlare con chi riconosce la tua esperienza senza giudizio, e che ti aiuti a trasformare l’ansia in un’energia più sostenibile, può fare la differenza.
Un abbraccio
dott. Rodolfo Vittori

Dott. Rodolfo Vittori Psicologo a Romans d'Isonzo

168 Risposte

147 voti positivi

Fa terapia online

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Buongiorno, mi rendo conto che la situazione che sta vivendo a livello psicologico e di quotidianità è molto difficile. L’amore per sua sorella le fatto rinunciare a tutta la sua vita e questo non è giusto. Dal suo messaggio non si evince la sua età, se è sposata, se ha dei figli, genitori? Anche se dal racconto penso proprio di no. Dovrebbe cercare un aiuto per avere almeno un giorno a settimana in cui si potrebbe dedicare a se stessa, senza sensi di colpa, lei già ha sempre messo sua sorella davanti a tutte le altre esigenza, non è un disinteresse ma un modo di stare vicino a sua sorella serenamente..Veda un po’‘ qualche parente stretto, qualcuno della Caritas nella sua parrocchia ,un amica , qualcuno che capisca . Per quanto riguarda il diverso approccio tra caregiver e psicologo e ‘ tutti molto relativo e soggettivo. Non si possono creare sensi colpa in una persona che ha fatto dell’assistenza alla propria sorella la propria ragione di vita. Non esistono caregiver perfetti e neanche psicologi perfetti. Cerchi qualcuno che saprà accoglierla, a sostenerla e a combattere la battaglia per uno spicchio di vita normale . Resto a sua disposizione, con qualche informazione in più sicuramente sarebbe più semplice darle un consiglio più mirato. Cari saluti Dott.Beatrice Canino

Dott.ssa Beatrice Canino Psicologo a Napoli

153 Risposte

54 voti positivi

Fa terapia online

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Buonasera signora. Mi colpisce il suo grande affetto e la sua grande responsabilità verso sua sorella e nello stesso tempo l’assenza di presenza degli altri familiari. Non solo non dovrebbe minimamente avere senso di colpa ma ha tutto il diritto a coltivare spazi personali per vivere e rigenerarsi. Comprendo il senso di colpa che gli altri magari facilitano e nutrono al fine di proseguire con questa modalità a loro vantaggio e suo enorme svantaggio. Provi a non cadere in questa trappola emotiva. Si prenda cura anche di sé stessa altrimenti chi lo farà? Non tutti possono avere la fortuna di sua sorella! Un abbraccio

Clarissa Chiti Psicologo a Prato

3 Risposte

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Buongiorno,
grazie per aver condiviso quello che prova.
Essere un caregiver nella disabilità è complesso, non è la sola a sentire il peso e la fatica dell'essere sibling ed è chiara la sua richiesta di aiuto. Ogni giorno lavoro con famiglie che si trovano nella sua stessa situazione, spesso senza aiuti e possibilità di avere momenti di sollievo e di "libertà". Il lavoro che sta svolgendo con sua sorella non è dovuto e le fa onore, anche se ormai potrà sembrare routine e normalità.
Dalle sue parole si legge un profondo amore verso sua sorella ma comprendo la responsabilità di cui parla e i pensieri rivolti al futuro del "dopo di me" cosa succederà. L'ansia che cita è normale in questa situazione complessa e trovare delle soluzioni che possano andare bene non è sempre così facile come si possa pensare. Dipende molto dal territorio in cui si trova e dalle opportunità che anche ulss e comuni possono offrire. Le consiglio di contattare il distretto ulss a Lei più vicino e chiedere informazioni per delle possibili pronte accoglienze in strutture convenzionate per pochi giorni anche al mese di modo da potersi permettere dei momenti solo per Lei. Il supporto psicologico è consigliato al fine di sostenerla nelle fatiche quotidiane e come inizio di cura per Lei, oltre che come momento libero rivolto solo a se stessa. Questo cambiamento potrebbe aiutarla nel combattere la depressione di cui parla e nel sperimentare uno spazio nuovo.
Le auguro il meglio e rimango a disposizione

Dott.ssa Deborah Lazetera

Deborah Lazetera Psicologo a Padova

12 Risposte

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Ti ringrazio molto per aver condiviso la tua esperienza così profondamente e con tanta sincerità. Quello che descrivi è il vissuto di una persona che porta da anni un impegno enorme, pieno d’amore ma anche di peso, e che si trova spesso sola a sostenerlo. È comprensibile che questo generi stanchezza, rabbia, sfiducia e una sensazione di essere poco compresa, anche da chi dovrebbe offrire supporto.

Essere caregiver significa vivere in una tensione costante: da un lato il legame affettivo e la gioia della relazione, dall’altro la responsabilità, l’ansia per il futuro, la mancanza di spazi personali. Non sei “debole” né “sbagliata” per sentire tutto questo. È il riflesso di un carico reale e pesante, che spesso la società e anche alcune figure professionali faticano a riconoscere pienamente.

È vero che non sempre si incontra uno psicologo con una formazione o un’esperienza specifica sul tema della disabilità e del caregiving, e questo può far sentire che resti un vuoto. Non significa che la professione in sé non sia capace di aiutare, anzi: molti professionisti hanno competenze preziose e strumenti importanti. Ma, come in ogni percorso di cura, serve anche trovare la persona giusta, quella con cui sentirsi accolti e compresi. Se questo non è accaduto, non è un tuo fallimento: è piuttosto la testimonianza di quanto sia difficile, a volte, trovare un sostegno davvero adeguato a una realtà così complessa e unica come quella del caregiving.

Il punto che sollevi è molto importante: il caregiver non ha bisogno di ulteriori sensi di colpa, ma di spazi di comprensione, di sollievo, di legittimazione dei propri bisogni. Parlare con altri caregiver, come dici, spesso fa sentire immediatamente capiti, perché c’è una lingua comune. Per questo in alcune realtà esistono gruppi di sostegno specifici per familiari di persone con disabilità: non sostituiscono una terapia individuale, ma possono diventare un luogo di respiro e di riconoscimento reciproco.

Un caregiver non può “fare tutto”: nessuno può farlo. Il passo più difficile ma fondamentale è riconoscere che anche tu hai diritto a cura, tempo e dignità, non solo come sorella ma come persona. A volte significa continuare a cercare la figura giusta (che abbia competenze in psicologia della disabilità o in sostegno ai caregiver), altre volte significa affidarsi ad associazioni o reti di famiglie che condividono lo stesso cammino.

Quello che stai vivendo non toglie valore al tuo amore né alla tua dedizione: al contrario, mostra quanto sei stata capace di costruire nonostante ostacoli e solitudini. Non sei sola nel sentire questa stanchezza, anche se spesso può sembrare così.

Gloria Odogwu Psicologo a Bassano del Grappa

42 Risposte

10 voti positivi

Fa terapia online

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Buongiorno,
La condizione dei caregiver è molto complessa e spesso sottovalutata da tantissimi.
Prendersi cura di un familiare mette in gioco su molti fronti, sia fisicamente che emotivamente e, come dice, spesso si mettono da parte i proprio bisogni, di fatto annullando la propria vita a favore di altri, e forse, non riuscendo a esserci a pieno anche per il familiare.
Per essere di aiuto, è necessario avere un proprio spazio, anche se limitato, piccolo, ma è necessario esserci per se stessi prima di esserci per gli altri.

Probabilmente si sta chiedendo, MA se non lo faccio io, chi le può star vicino date che il resto della famiglia non se ne preoccupa?

Domanda estrementamente importante, sia per sua sorella che per lei per poter ripartire.

La nuova normativa in merito alla disabilità è di supporto a rispondere a questa domanda consentendo ai caregiver e alle persone con disabilità di costruire dei progetti ad hoc e di trovare il giusto supporto nella rete territoriale.
Restando a disposizione,
Le auguro una buona giornata
Dott.ssa Laura Prandini

Dott.ssa Laura Prandini Psicologo a Prevalle

13 Risposte

10 voti positivi

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

19 AGO 2025

Buongiorno,
lei si prende cura di sua sorella con amore e dedizione da molti anni, ma il peso della responsabilità esclusiva e l’assenza di supporto familiare la stanno logorando. È naturale sentirsi frustrata e stanca, soprattutto quando non si riesce a trovare spazi per sé. Prendersi cura anche dei propri bisogni non significa venir meno al suo ruolo, anzi: è un modo per avere più energie e continuare a dare a sua sorella la presenza affettuosa di cui gode da sempre.

Dott Lorenzo Formica

Dott.Lorenzo Formica Psicologo a Cesena

96 Risposte

74 voti positivi

Contatta

Ti è stata utile?

Grazie per la tua valutazione!

Psicologi specializzati in Terapia familiare

Vedere più psicologi specializzati in Terapia familiare

Altre domande su Terapia familiare

Spiega il tuo caso ai nostri psicologi

Invia la tua richiesta in forma anonima e riceverai orientamento psicologico in 48h.

50 È necessario scrivere 28600 caratteri in più

La tua domanda e le relative risposte verranno pubblicate sul portale. Questo servizio è gratuito e non sostituisce una seduta psicologica.

Manderemo la tua domanda ai nostri esperti nel tema che si offriranno di occuparsi del tuo caso.

Il prezzo delle sedute non è gratuito e sarà soggetto alle tariffe dei professionisti.

Il prezzo delle sedute non è gratuito e sarà soggetto alle tariffe dei professionisti.

Introduci un nickname per mantenere l'anonimato

La tua domanda è in fase di revisione

Ti avvisaremo per e-mail non appena verrà pubblicata

Se hai bisogno di cure psicologiche immediate, puoi prenotare una terapia nelle prossime 72 ore e al prezzo ridotto di 44€.

Questa domanda esiste già

Per favore, cerca tra le domande esistenti per conoscere la risposta

psicologi 32800

psicologi

domande 28600

domande

Risposte 167800

Risposte