Sesso e dintorni
Buongiorno Psicologi e grazie per il tempo che dedicate a questa area.
Dopo parecchi anni di relazione, di cui 8 di convivenza, io e la mia compagna ci siamo sposati.
Non abbiamo figli, e lei è affetta da malattia auto-immune che si è manifestata dopo il primo anno di relazione, praticamente da sempre.
Nulla di invalidante ma, nel corso degli anni, ha portato un peggioramento delle sue condizioni fisiche e, soprattutto, delle condizioni intime:
soffre di candide costanti, cistiti a momenti alterni, secchezza, pavimento pelvico molto teso, stanchezza e inappetenza sessuale dovute a cortisone e farmaci vari.
Fa da sfondo una sua inibizione sessuale dovuta ad un approccio genitoriale d'infanzia a stampo cattolico: sesso = peccato.
A completare il tutto c'è stato il mio travagliato processo di accettazione della malattia e del peggioramento della qualità della relazione, cosa che ha portato ondate di mio malessere interiore e sua paura di non essere accettata per quello che è.
Il problema, a parte i primissimi anni, si manifesta a livello sessuale: scarso e temuto da lei, e per scarso intendo 2 o 3 rapporti all'anno.
Io, che reputo il sesso come una sfera della vita che deve trovare il suo spazio nonchè espressione della persona, sono quasi rassegnato.
Dopo lunghe guerre interiori mi sono auto-convinto che posso farne a meno e che in fondo, in questa fase della vita, posso considerarlo solo un piacere effimero.
L'altra faccia della medaglia è che ho un impulso sessuale che ritengo corretto ma che non trova la sua naturale espressione, e questo genera un risentimento latente nei suoi confronti.
Risentimento che razionalmente interpreto come infondato: lei non ha colpa.
Tra noi si parla spesso di tutto questo, delle terapie, dei tentativi, dei miglioramenti e dei peggioramenti, e si conclude che un giorno quando la malattia sarà regredita e le paure sessuali saranno superate, finalmente si potrà vivere una vita intima normale.
Entrambi ci impegnamo per questi obbiettivi, la mia accettazione nei suoi confronti è cresciuta molto ed è quasi totale. La sua malattia ha avuto lievi miglioramenti ma non significativi, la sua paura del sesso rimane fissa.
Questa situazione è stazionaria da anni e io vivo in un limbo indotto da me stesso tra l'attesa, il miraggio, l'impulso naturale, l'autoconvinzione e la realtà quotidiana.
Vivo con la fierezza di essere un compagno responsabile che non si è mai tirato indietro di fronte alla malattia e alle conseguenze come appunto la carenza sessuale, le limitazioni economiche (gestire una malattia cronica ha dei costi), zero viaggi e tante altre piccole cose.
Le mie frequenti riflessioni si concludo con tantissimo orgoglio per me stesso, ma anche riconoscendo il mio "sacrificio" per le limitazioni che sono sorte e, soprattutto, che non è colpa di nessuno.
Pensare di "abbandonare il gioco" lo considero un fallimento, ma anche andare avanti così non ritengo essere una vita vissuta a pieno delle mie possibilità.
Purtroppo non abbiamo cifre da poter investire in altre terapie.
Vi ringrazio per qualsiasi consiglio, parere o anche solo una frase di supporto. A presto!