Scelta universitaria... o no?
Ciao a tutti.
Ho già postato nel forum, un post arzigogolato e un pò confuso, qui vorrei provare ad esprimermi in modo più organico.
Ho 28 anni, fra poco 29.
Una laurea, ottenuta in perfetta linea coi tempi, in Scienze e tecniche psicologiche, triennale di Psicologia.
Quando scelsi questo percorso lo scelsi perché ero interessato allo studio del comportamento umano; pirla, non avevo pensato alla professione che ne sarebbe fisiologicamente scaturita, quella dello psicologo.
Sta di fatto che la triennale non me la sono goduta affatto: appena iniziata ho rotto con la mia ragazza storica , per causa mia, trauma che ora, a distanza di 10 anni, ho cominciato a superare metabolizzandolo, ma che mi è rimasto dentro; insieme a lei. Durante quegli anni non sapevo da che parte ero girato.
Comunque sono andato avanti, come un rullo compressore, nonostante non percepissi come "mio" quello che studiavo, ne l'ambiente universitario (non ho assolutamente legato con nessuno, perdendo nel frattempo i miei amici "storici" che hanno fatto tutt'altre scelte, straniti dalla mia e studiando in un'altra città, dove venivano insegnate le materie tecniche per cui avevano optato).
In questo -malo- modo mi sono laureato, mi sono iscritto alla magistrale e, in quanto senza slancio, ho provato subito a trascorrere il primo anno all'estero. Non ce l'ho fatta, non superando l'esame d'Inglese richiesto. Ho dunque cominciato a cercare lavoro, senza avere la necessità economica di farlo, anzi, con mio padre che mi spingeva a studiare (sempre Psicologia però, nonostante dichiarassi che non ne volevo sapere; non ha mai citato un'altra possibilità).
L'ho trovato praticamente subito, come educatore, operatore socio-assistenziale per la precisione; lavoro che nel frattempo è diventato quasi a tempo pieno, 38 ore, e a contratto indeterminato.
Durante questi anni di solo lavoro, solitudine, passioni abbozzate e mai portate a termine, distanza e freddezza dai e verso i miei genitori sono cresciuto.
E ad oggi, figlio di miliardi di sbagli, sono contento dell'uomo che sono.
Ma non di ciò che ho costruito, ovvero nulla.
I primi 3 anni di lavoro (ad oggi sono 6) mi sono serviti. Poi, però, tutto ha cominciato ad essere ridondante.
Ed è andata così perché, proprio sul più bello, quando sentivo di essere per la prima volta padrone della mia vita e di poter provare a cambiarla, mi sono procurato un nuovo, brutto incidente: ritiro patente per guida in stato di ebbrezza (di poco ma abbastanza), vai e vieni dal lavoro in bicicletta, mi parte un ginocchio, poi un dito della mano, operato...
Per uscire dal quel periodo mi sono "tranquillizzato", mettendo a tacere l'impulso, fortissimo, che avevo dentro (andarmene per farmi un'esperienza di totale libertà da qualche parte, per poi tornare e ripartire cresciuto, da zero) e sono restato. Così altri tre anni sono passati, ho risolto i miei guai con la patente (quasi, spero) e migliorato i rapporti coi miei genitori.
Per anni quasi non ci siamo parlati, pur condividendo lo stesso tetto.
Ad oggi, però, mi sento impantanato.
L'anno scorso ho deciso di riprovare con Psicologia, magistrale, ma non mi hanno preso (obsolescenza dei crediti).
Ora dovrei preparare esami singoli per Settembre per recuperare i crediti che in virtù dell'obsolescenza valgono la metà, grazie a una riduzione di orario lavorativo ci stavo provando ma poi... ho avuto la conferma, di cui da tempo sapevo, di dover pure ottemperare ad un livello piuttosto alto d'Inglese per far domanda d'iscrizione in università.
Ho provveduto, ho superato l'esame; ma ora sono stanchissimo e meno tempo mi separa dagli esami.
Ho in mente di riprovare, almeno per quest'anno, a studiare Psicologia Clinica, per vedere che sapore abbia con la consapevolezza maturata in questi anni, (lavorando nel sociale ho imparato a rivalutarla e considerarla utile e importante, e potrebbe essermi utile dove lavoro, un domani, anche se non vorrei fare lo psicologo con il tipo di utenza di cui la cooperativa dove sono assunto si occupa).
Ma la verità è che ho voglia di fermarmi, cambiare aria, darmi tempo, fare le cose bene... Lavorare e studiare, con un orario "sparso" come il mio non è facile, ma il punto è che manca la motivazione...
Mi chiedo se non sia meglio ripartire da zero, con Economia, ad esempio, che m'interessa e potrebbe aprirmi porte in ambito politico o universitario (è inoltre insegnata presso l'Università del capoluogo di provincia dove vivo, città che non ho mai vissuto appieno ma che mi piace davvero tanto, a differenza di quella, ugualmente distante, dove ho studiato Psicologia che non mi piace per niente); la quale Economia mi permetterebbe, "male che vada", di lavorare con mio padre, consulente finanziario, anche se l'ipotesi ad ora è retorica.
Un gran casino.
A tutto ciò aggiungo che da piccolo volevo fare l'architetto/ingegnere, ma dopo che ho perso il mio padre biologico, a 4 anni, non ho ricevuto un insegnamento di tipo pratico che è uno, manco ad allacciarmi le scarpe (la casa dove mi sono trasferito dopo che mia madre si è risposata è per me un museo intoccabile, a differenza di quella somigliante ad una stupenda fattoria dove sono cresciuto fino all'inizio delle scuole medie).
L'altro punto è che ho soldi da parte, al punto che, credo, potrei ricominciare un percorso universitario da zero senza lavorare.
Da bambino e ragazzo ero molto promettente a scuola, tutti si aspettavano grandi cose. Restando dove sono restato ho stupito e stranito tutti.
Ora la notte mi sveglio di soprassalto, conscio del rischio elevato di aver letteralmente sprecato l'intera mia vita, quotidianamente e spudoratamente ogni singolo giorno per anni.
Ho scritto un papiro, me ne scuso, ne avevo bisogno.
Spero di essere stato comprensibile.
Grazie a chi, eventualmente, mi risponderà.