Sbaglio io ma perché?
Ho quarant'anni. Dopo una lunga, e direi sana, relazione a distanza (la prima) durata dieci anni (17-27), non ho più avuto storie 'normali'. Erano sempre a distanza, ma questa volta non geografica: uno aveva un'altra (non lo sapevo all'inizio e una volta saputo è proseguita una sorta di ambigua e troppo lunga amicizia amorosa), il successivo scappava dal suo cane in altra città appena poteva. Poi finalmente trovo un uomo che mi vuole davvero (o così sembrava), dopo sei mesi siamo andati a convivere e poi lui ha trovato lavoro in altra città e si è disinnamorato (se mai lo è stato, probabilmente sono stata la reazione alla fine della sua precedente relazione finita dopo 12 anni). Dopo un anno dalla convivenza abbiamo chiuso. All'inizio è stato un sollievo, perché avevamo caratteri, abitudini, desideri troppo diversi (ad esempio era ateo e non accettava che io ammettessi l'idea dell'esistenza di Dio). Eppure una parte di me per quasi un anno ha sperato che le cose si aggiustassero: bastava, a mio parere, che lui mi venisse un po' incontro (io l'ho fatto, probabimente sbagliando: se io accettavo ad esempio che lui fosse ateo, perché lui non poteva ammettere che io non lo fossi visto che non lo costringevo a fa nulla?). Ma lui non era in grado. E ora che realizzo che anche questo straccio di storia è finito ho il magone, ogni tanto (due settimane/un mese) gli mando messaggi cui lui non risponde più. E so che è inutile e che sbaglio e che dovrei aspirare a qualcosa di meglio, ma ormai il tempo delle mele è finito. E mandare un messaggino ogni tanto mi lenisce un po' il dolore che so provenire da altro: non possono essere loro tutti sbagliati, sono sbagliata io! Ma non so in cosa (forse nel mio senso di inadeguatezza, o nel sentire che l'amore va guadagnato anche se dovrebbe essere gratuito, o nel temere di non riuscire ad amare toto corde?) nè come cambiare. Non mi basta che mi si dica che devo valorizzarmi e volermi più bene. Forse è proprio il non riuscire ad accettare che lui non mi voglia bene a non farmi desistere. Superbia? Orgoglio? Disperazione? Il punto è che non pretenderei nemmeno di tornare indietro, mi basterebbe che mi volesse abbastanza bene da rispondermi quando gli chiedo se per lui è davvero finita. Non mi dice mai di sì, invece io avrei bisogno di sentirmelo dire (credo) e non di aggrapparmi alla falsa speranza della reticenza. Ma poi, anche tornasse, lo vorrei davvero? Aiuto!